Il buon cuore - Anno VIII, n. 48 - 27 novembre 1909/Religione

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Vangelo della domenica terza d’Avvento


Testo del Vangelo.

Avendo Giovanni udito, nella prigione, le opere di Gesù Cristo, mandò due de’ suoi discepoli a dirgli: Sei tu quegli che sei per venire, ovvero si ha da aspettare un’altro? E Gesù rispose loro: Andate e riferite a Giovanni quel che avete udito e veduto. I ciechi veggono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono, i morti risorgono, si annunzia ai poveri il Vangelo, ed è beato chi non prenderà in me motivo di scandalo. Ma quando quelli furono partiti, cominciò Gesù a parlare di Giovanni alle turbe. Cosa siete voi andati a vedere nel deserto? una canna sbattuta dal vento? Ma pure, che siete voi andati a vedere? Un uomo vestito delicatamente? Ecco che coloro, che vestono delicatamente, stanno nei palazzi dei re. Ma pure cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico io, anche più che profeta, imperocchè questi è colui, pel quale sta scritto: Ecco che io spedisco innanzi a te il mio angelo, il quale preparerà la tua strada davanti a te. In verità io vi dico: Fra i nati di donna non venne al mondo chi sia maggiore di Giovanni Battista: ma quegli che’è minore nel regno de’ cieli, è maggiore di lui. Ora dal tempo di Giovanni Battista infin adesso, il regno dei cieli si acquista colla forza; ed è preda di coloro che usano violenza. Imperocchè tutti i profeti e la legge hanno profetato sino a Giovanni: e se voi volete capirla egli è quell’Elia che doveva venire. Chi ha orecchie da intendere, intenda.

S. MATTEO, cap. ii


Pensieri.

Dopo avere spesa tutta la sua vita per predicare il trionfo della giustizia e della virtù ecco che Giovanni il Battezzato è chiuso in una prigione, senza illusione alcuna sulla fine che lo attende. È dunque stato un sogno il suo? La sua speranza una grande illusione? Un momento psicologico questo che traversa Giovanni che, forse, tutti noi avremo sperimentato. Chi non le conosce queste angustie della sfiducia e dello sgomento?

Lavorare con la visione del trionfo, non di un meschino trionfo personale, oh, no! ma del trionfo della verità, della virtù... e poi vedere il proprio ideale di bene e di luce frainteso, calpestato... oppure, ciò che è, forse, ancor peggio, calpestati e offesi gli apostoli della verità, è davvero cosa che sgomenta, che opprime, che strazia! Non sono solo ore di sfiducia, sono vere ore di tentazione... che Dio solo sa e che egli solo dissipa con rivelazioni sempre più grandi e meravigliose di sè...

I discepoli di Giovanni vanno a trovar nella prigione il loro maestro e gli riferiscono di un uomo che opera cose straordinarie e trascinava le turbe. E Giovanni manda i suoi discepoli a questo rabbi per essere rassicurato, perchè essi gli chiedono se egli è colui che deve venire o se ne deve attendere un altro.

Che avrebbe risposto qualsiasi uomo alla domanda dei discepoli di Giovanni?

Ognuno, come già lo stesso Giovanni, avrebbe rigettato con orrore l’idea d’esser preso per il Messia. Gesù, invece, non rigetta nulla e dice quanto basti a rassicurare il profeta. E Gesù rispose loro: «Andate a riferire a Giovanni quel che udite e vedete: i ciechi vedono, gli storpi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono, i morti risorgono, i poveri han la buona novella; ed è beato chi non si scandolezza con me».

Ma che sono tre o quattro ciechi che vedono, mentre tanti soffrono? La buona novella predicata ai pochi mentre i nove decimi dell’umanità sono schiavi di alcuni che li tiranneggiano? Il bene ottenuto da Gesù in un angolo della Giudea, mentre il male dilaga pel rimanente del mondo? E questo stesso Rabbi, verrà giorno, sarà vinto e ucciso dall’odio sacerdotale. Eppure, l’ultima sua parola sarà: Mangerete, banchetterete con me nel regno del Padre mio. Questa è grandezza morale, qui è l’uomo grande, l’uomo eroico!

Sì, dice Gesù ai discepoli di Giovanni, rassicurate il vostro maestro, Dio è ancora nel mondo e tutto non accade per il caso: il male è vinto per me e in me. Nessuno, tranne Gesù, il santo per eccellenza, avrebbe potuto dare simile risposta, perchè ogni uomo si sente peccatore, si sente in colpa e, prima che di vincere il male sugli altri, ha bisogno di vincerlo in sè.

Il bene vincerà; questa la speranza che Gesù tien viva nel mondo, la persuasione che egli lascia ai suoi. E noi, credenti nel Cristo, partecipiamo a questa sua speranza e non temiamo: noi sentiamo che Dio vince [p. 379 modifica]in noi il male, che come lo vince in noi, lo vince, lo vincerà in chissà quante altre anime... e noi non abbiamo paura.

Oh, possiamo sentirlo tutti questo trionfo del bene sul male in noi! Preghiamo, perchè questa vittoria sia completa in noi, affinchè si possa con fiducia faticare per il trionfo del bene nel mondo, sentirci strumento per diffonderlo sulla terra: non è orgoglio, questo!

Preghiamo perchè sian molti gli uomini divini, perchè possan diffondere e tener viva la fiaccola della speranza di Cristo, diffonderne la persuasione, la speranza, davvero confermare i fratelli!




UN'ANIMA BELLA

Colombo Virginia.

Non è mai passato il tempo di ricordare le anime belle. Tale era la giovane Colombo Virginia nata a Milano il 7 settembre 1876, morta a Legnanello il 4 novembre 1907, e sepolta in quel Cimitero.


     Ell’era di quelle
Serafiche menti,
Vissute nel mondo
Sublimi, innocenti,
Amando, sperando,

Chiamando virtù.

Se il memore amor di uno zio che tien luogo del padre defunto, bastasse a chiamare alla vita una figlia, la Colombo Virginia a quest’ora sarebbe già risuscitata, e i purissimi versi di Pindemonte, intorno ad Erminia, che brillano come una perla, nel suo Carme sui Sepolcri, potrebbero ripetersi per lei. Non potendo anticipare i destini scritti dalla mano di Dio nei misteri del futuro, lo zio richiamò la nipote in un marmoreo monumento nel Cimitero di Legnanello. Volle che lo scultore vi ritraesse sopra il ritratto. Ma quando, l’artista volle ritrarre i lineamenti della giovine, quali erano Monumento a Colombo Virginia nel cimitero di Legnanello.presentati dall’amor dello zio, trovò che i lineamenti terreni non rispondevano: l’immagine terrena si trasformò in un simbolo, in una candida colomba; ed è una colomba infatti, una candida colomba, che ricorda Virginia sul suo monumento.

Ma un altro sentimento lo zio volle che fosse espresso nel marmo. La virtù di Virginia, non fu virtù cresciuta nel silenzio di un chiostro, lontana dalle tempeste e dai pericoli del mondo. Virginia visse in mezzo alla vita comune, nell’ambiente di una vita borghese, operaia, sarta, in quell’ambiente chiassoso di leggerezze femminili, dove lo sparviero adocchia e seduce spesso la virtù, dove ghermisce tante vittime. Virginia potè sentire la tempesta, ma non ebbe il naufragio: l’idra infernale contorse le sue spire per avvolgerla, spalancò le sue fauci per addentarla, ma la colomba aperse l’ali, si elevò, e trovò rifugio nel forame della pietra... Un frammento del monumento ritrae questo concetto.

Alcune note dell’armonica sua vita,

Lavorava presso una sarta. Siccome nell’adempimento de’ suoi doveri era inappuntabile, così tutti le volevano bene e nessuno le moveva rimarco. Un giorno fu sorpresa in lagrime... Piangeva, perchè nessuno la rimproverava!

Le dicevano, in casa e nel lavorerio: Virginia, se hai bisogno di qualche cosa, parla. Virginia non chiedeva mai nulla.

A chi le osservava che il rimanersene per lungo tempo al mattino in Chiesa, poteva tornar di danno alla sua gracile costituzione, rispondeva: si sta così bene nella casa del Signore! — Gravemente ammalata, si tenne un consulto, ma suo malgrado: acconsentendo, temeva di offendere il medico curante!

Interrogata negli ultimi giorni se temesse di presentarsi al giudizio di Dio, ormai imminente, rispose: no, no, io mi fido di lui... e poi... c’è sempre la Madonna!

Serenamente presaga, è scritto in una immagine di ricordo, assistendo al suo fato demolitore, di sè stessa ornai rudere superstite, ma bella del suo martirio, disponevasi al valico estremo, a’ suoi confortatori confortatrice.

Ora è in cielo. Mi viene in mente la terzina, quasi fatta per lei, di Dante:


Qual lodoletta che in aër si spazia
Dolce cantando, e poi tace contenta

Dell’ultima dolcezza che la sazia.

L. V.