Il buon cuore - Anno XI, n. 41 - 12 ottobre 1912/Religione

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Vangelo della domenica seconda d’Ottobre


Testo del Vangelo.

Il Signore Gesù se n’andò al Monte Oliveto: e di gran mattino, tornò nuóvamente al tempio, e tutto il popolo andò da Lui, ed Egli stando a sedere, insegnava. E gli Scribi e i Farisei condussero a Lui una donna colta in peccato: e postala in mezzo, gli dissero: «Maestro, questa donna or ora è stata colta che commetteva peccato. Or Mosè nella legge ha comandato a noi che queste tali siano lapidate. Tu però che dici?» E ciò essi dicevano per tentarlo, e per avere onde accusarlo. Ma Gesù, abbassato in giù il volto, scriveva col dito sulla terra. Continuando quelli però ad interrogarlo si alzò e disse loro: «Quegli che è tra voi senza peccato, scagli il primo la pietra contro di lei». E di nuovo chinatosi scriveva sopra la terra. Ma coloro, udito che ebbero questo, uno dopo l’altro se ne andarono, principiando dai più vecchi: e rimase solo Gesù e la donna che si stava nel mezzo. E Gesù alzatosi le disse: «Donna, dove sono coloro che ti accusavano? nessuno ti ha condannata?» Ed ella: «Nessuno, o Signore». E Gesù le disse: «Nemmeno io ti condannerò: vattene e non peccar più».

S. GIOVANNI, cap. 8.


Pensieri.

Il brano di Vangelo d’oggi è, e rimarrà sempre un episodio di gentilezza tutta singolare. Episodio di giustizia completa, perfetta, che si disposa in una maniera sorprendente ad una più squisita carità, dando così la prova che la giustizia vera non riesce ad altro, che ad essere un supremo atto d’amore.

Dio — Gesù — in un atto solo confonde la cattiveria umana, l’ipocrisia dei suoi nemici, solleva una vittima delle passioni, difende il peccatore, colpisce il peccato. Più non era possibile ottenere: solo lo ha potuto la divina sapienza guidata da uno squisito senso di pietà che non è debolezza, che è forza che rinnova, salva e difende i diritti di Dio e della santa sua legge.

Lo studio della pietosissima scena, dei personaggi che vi operano, dalla colpevole ai maligni, alla severa maestà del giudice Gesù può suggerire pietose riflessioni sulla vergogna della colpa, sulla debolezza umana, sulla falsità ed empietà dello zelo farisaico e mondano, sulla giustizia di Dio che trova modo di fuggire la debolezza verso la colpa nel mentre salva il peccatore. Scena grandiosa! in essa vi lavora l’umano, la parte più bassa, più vile, più caduta in contatto coll’azione divina, colla azione religiosa, col sacramento a mezzo del quale i figli della colpa, i diseredati, le vittime delle passioni si lavano e purificano d’ogni macchia, diventano gli eredi delle grandi promesse divine, ponno rivivere una seconda miglior vita, la vita religiosa, la vita dello spirito anche quaggiù, dove freme e rugge e turbina il grande mare delle umane passioni.

L’azione del sacramento della Penitenza o Confessione qui vi è meravigliosamente descritta. Si svolge sopra il peccatore, l’uomo. L’uomo è debole: per il peccato originale offeso e paralizzato nelle sue energie migliori non può fare senza che falli. Pochi assai a questa legge triste — vera nel fatto — vi sfuggono in una vita deserta, appartata, difesa contro tutti e tutto. Il rimanente pecca, e la vita trascorre di debolezza in debolezza precipitando talvolta nella colpa più sporca ed avvilente.

L’uomo dal profondo non saprebbe come uscirne; a lui avvilito, confuso, impotente — negli slanci pur sempre generosi della mente e del cuore — non rimarrebbe che la bestemmia e la disperazione innanzi all’oculata e rigida giustizia di Dio, ed allora?...

Dio s’avvicina, dà modo di sollevarsi, colpendo inesorabile la violazione del suo diritto, compatendo e rendendo giustizia alla umana fragilità. E ciò colla massima discrezione: ciò nella massima delicatezza, tutto circondando d’un silenzio e secreto inviolabile, chiedendo all’uomo medesimo, al suo spirito l’atto riparatore, che strugga l’antecedente, che voglia rinnovarsi, dove cercò e volle il vecchio, l’antico, che ami la luce dove preferì le tenebre, che ponga amore dove volle l’egoismo e la bassa soddisfazione ed il piacere degradante. Filosofia o religione che sia, su quest’ideale non buttate fiori voi che sentite e provate — a mezzo di

Dio — la vostra rinnovazione morale?! [p. 323 modifica]

Si grida all’abuso di questo sacramento, si grida all’uso cattivo fatto dagli uomini.

Quale mai fu cosa di cui l’uomo non abbia abusato? Non è forse perchè la cosa è celestiale e divina, perchè inesorabilmente tutti le danno fede ed omaggio, che di lei più abusa il cattivo e l’infame?

Può essere ragione di abolirla l’abuso della luce, del suono, dell’arte? Eppure se ne abusa sempre.

E dell’uso? Togliete l’imperfezione ed i difetti che là dentro vi porta l’uomo e avrete tal meraviglia da riuscire inesplicabile l’ignoranza, la diffidenza, la lotta contro ciò che ha formato uno dei doni più graziosi di Dio, la confusione dei suoi avversari, il premio dei suoi prediletti.

B. R.

Congresso Eucaristico di Vienna


Note gentilmente favoriteci dal Rev. Mons. G. Polvara da Vienna

15 settembre 1912

(Continuazione, vedi n. 40).

Il solenne ricevimento imperiale.

L’Imperatore ha offerto all’Hotburg un ricevimento in onore dei congressisti più eminenti. I Cardinali erano al completo, S. E. Mons. Scapinelli, Nunzio Pontificio, era pure presente con l’uditore di nunziatura Monsignor Rossi con il segretario e col suo segretario particolare. L’Imperatore è giunto verso le otto, preceduto dalla Corte, dagli Arciduchi e dalle Arciduchesse. Egli si è recato subito a salutare il Cardinale Legato, col quale ha scambiato alcune parole come ha fatto con diversi vescovi e parecchi dei ministri presenti. L’Imperatore appariva arzillo e pieno di salute. Mentre egli rivolgeva a varii congressisti alcune parole, l’Arciduca Ereditario si intratteneva in particolare colloquio con S. Em. il Cardinale Legato.

Il ricevimento imperiale, che sintetizza il carattere specialissimo di questo Congresso con la partecipazione ufficiale delle pubbliche autorità, ha certamente destato una viva impressione specialmente tra i nostri, che sono abituati a sentire soltanto l’avversione dei pubblici poteri verso la fede nostra e a udir decantare la laicità di Stato.

L’Imperatore Francesco Giuseppe al Santo Padre.

S. M. l’Imperatore Francesco Giuseppe, ha inviato al Santo Padre il seguente telegramma:

Sua Santità PP. Pio X

Roma.

Esulto poter informare la Santità Vostra sul felicissimo esito del Congresso Eucaristico svoltosi entro le mura della mia residenza di Vienna mentre porgo a Vostra Santità caldi ringraziamenti per la Delegazione del Cardinale Van Rossum al Congresso del quale con entusiasmo assunsi il protettorato. Mi è di sommo conforto poter esprimere la convinzione che l’opera religiosa alla quale Vostra Santità ha dedicato le savie sue cure verrà coronata dei più salutari effetti per l’intera cattolicità.

Francesco Giuseppe.


La risposta di Sua Santità.

Il Santo Padre ha risposto col seguente telegramma:

S. M. l’Imperatore Francesco Giuseppe

Vienna.

Colla più viva e profonda commozione abbiamo ricevuto la gradita partecipazione che la Maestà Vostra si è compiaciuta inviarci per telegrafo lo splendido successo del Congresso Eucaristico Internazionale tenutosi in cotesta augusta Metropoli: essa ha posto il suggello alle soavi consolazioni da Noi provate nel seguire in questi giorni così solenni manifestazioni di fede e pietà. Mentre rendiamo grazie al Signore che si è degnato benedire i comuni sforzi per la glorificazione dell’Augusto Mistero dell’Altare, Ci è grato esprimere ancora una volta il Nostro paterno riconoscente affetto alla Maestà Vostra che col prezioso concorso dei Membri della Imperiale Famiglia ha col suo alto protettorato, così efficacemente contribuito al completo successo del Congresso medesimo. Nella ferma fiducia che copiosi e duraturi ne saranno i frutti per la cattolicità, e che le nuove benemerenze della Maestà Vostra verso la Religione attireranno sopra di Lei e della Augusta Sua Casa più largamente la copia dei celesti favori, impartiamo alla Maestà vostra e alla Sua Imperiale Famiglia l’Apostolica Benedizione.

Pio Papa X.


Onorificenze.

Il Santo Padre Pio X, si è degnato di conferire le seguenti decorazioni:

La Gran Croce dell’Ordine Piano: al Principe di Montenuovo, Primo Gran Maestro della Corte di Sua Maestà Apostolica, Colonnello delle Guardie, ecc.; ed al Conte Czernin, Cavaliere del Toson d’Oro, ecc.

La Gran Croce dell’Ordine di San Gregorio Magno: al Conte Choloniewski, al Principe Schonburg ed al dottor Hussarek, Ministro della Pubblica Istruzione e dei Culti.

La Gran Croce dell’Ordine di San Silvestro Papa: al dott. Neumayer, Borgomastro di Vienna, ed al cav. Brzesowsky, Presidente della Direzione della Polizia.

La commenda con placca dell’Ordine di S. Gregorio Magno: al principe Liechtenstein.

La commenda con placca dell’Ordine di S. Silvestro Papa: al signor Pordaver, Vice-borgomastro di Vienna.

Le onorificenze imperiali.

A S. Em. il Cardinale Legato è stata conferita la Gran Croce dell’Ordine di S. Stefano in brillanti; a Mons. Sinibaldi la Gran Croce dell’Ordine di Francesco Giuseppe; al Barone Schonberg la Commenda dell’Ordine di Francesco Giuseppe; al Principe Lancellotti la Corona Ferrea di seconda classe; a Mons. Borkovic la Commenda dell’Ordine di Francesco Giuseppe; al P. Drehmanns la Croce di Cavaliere dell’Ordine di Francesco Giuseppe.

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La targa d’oro di Vienna al Papa.

Durante il banchetto offerto dal Borgomastro di Vienna al Cardinale Van Rossum, fu consegnata al Nunzio Apostolico una magnifica targa d’oro, perchè la facesse pervenire al S. Padre.

La targa rappresenta la città di Vienna come circonfusa di piccole nubi, fra le quali spicca la Burgtor con l’altare sul quale doveva essere celebrato il sacrificio nel giorno della processione. Le nubi simboleggiano le preghiere che s’innalzano in occasione del XXIII Congresso Eucaristico Internazionale. Sono stati coniati solamente due esemplari: una per il Santo Padre e l’altra per l’Imperatore.

Ove risiedevano le Sezioni del Congresso.

Affine di conservare il carattere strettamente religioso del Congresso, vennero adibite alle diverse sezioni le chiese della città.

Così alle sezioni tedesche vennero adibite le chiese degli Scozzesi, della Corte e di S. Agostino; alla sezione francese la chiesa di S. Carlo; alla sezione inglese ed americana quella dei Domenicani; agli spagnuoli quella dei Fatebenefratelli alla Taborstrasse; agli italiani quella dei Minoriti; ai belgi quella di San Giuseppe alla Windmuhlgasse; ai boemi quella ad Alsergrund e quella della Salvatorgasse; ai polacchi quella di S. Michele; ai croati quella di S. Pietro; ai ruteni quella di S. Barbara; agli sloveni quella dei Francescani alla Weiburggasse; ai rumeni quella delle Orsoline; agli ungheresi quella di S. Agostino; agli slovacchi quella dei Cappuccini al Nuovo Mercato: agli olandesi quella tedesca della Singerstrasse.

La solenne seduta di chiusura.

Vienna 14 (sera).

Oggi il tempo è stato pessimo, la pioggia stamani è caduta a torrenti guastando tutto l’addobbo delle vie, le quali sono ridotte quasi impraticabili. Ciò costituisce un disturbo gravissimo per i pellegrini meno abbienti, che sono alloggiati lontano dal centro.

Ad onta di questo però la seduta solenne di chiusura è stata affollatissima.

Alle 11 precise nella grande Rotonda potevano essere radunate un 30.000 persone. Lo spettacolo era imponentissimo, indescrivibile. L’ordine era perfetto: non si ebbero a deplorare inconvenienti di sorta. Però le misure della polizia erano state rigorosissime, specialmente per evitare che in mezzo ai congressisti si infiltrassero dei malviventi.

Nella tribuna di Corte erano presenti: S. A. I. e R. l’Arciduca Carlo Francesco Giuseppe, in rappresentanza dell’Imperatore, con la sposa Arciduchessa Zita di Parma; gli Arciduchi Francesco Salvatore e Giuseppe, i Principi Massimiliano e Giovanni di Sassonia, i Principi Saverio, Sisto e Renato di Parma, le Arciduchesse Maria Valeria, Maria Giuseppa, Cristina, Maria Annunziata, Maria Teresa, Augusta; l’Arciduchessa Elsa con lo sposo conte di Waldburg-Zell; la Granduchessa Alice di Toscana.

Nella tribuna presidenziale avevano preso posto il Cardinale Van Rossum, Legato del Papa; i Cardinali Skrbensky, Katschthaler, Amette, Nagl, Kopp, Bauer, Mercier.

In altra tribuna erano schierati i 150 Arcivescovi e Vescovi presenti al Congresso, che difficilmente potrebbero essere enumerati, senza commettere delle facili omissioni.

Appena che il Cardinale Van Rossum ebbe toccato il campanello presidenziale dichiarando aperta l’adunanza ed ebbe pronunziato la preghiera di rito, si innalzarono mille grida entusiastiche in tutte le lingue del mondo. L’effetto era di quelli che non si possono descrivere. Tutti erano commossi fino alle lacrime. Agli hoc dei tedeschi si intrecciavano gli elien degli ungheresi, gli vyborne e gli zivio degli slavi, gli evviva degli italiani, i vive dei francesi e gli hurrà degli inglesi.

Era un saluto unanime che i popoli ivi riuniti mandavano ai rappresentanti della Casa Imperiale, al Legato del Pontefice, ai Cardinali, Arcivescovi e Vescovi presenti, per l’opera loro indefessa in pro del Congresso Eucaristico, la cui riuscita sorpassa ogni immaginabile aspettativa.

Terminata l’ovazione, presero la parola i relatori delle deliberazioni prese nelle singele sezioni, proponendone l’approvazione.

Il padre Kolb S. J. tenne quindi un discorso nel quale ringraziò il Santo Padre per avere inviato al Congresso la Benedizione Apostolica (applausi vivissimi).

L’unica mozione di cui venne data lettura nell’odierna seduta (accolta con vivi applausi) dice:

«Il XXIII Congresso Eucaristico rende grazie a Sua Santità il glorioso Papa regnante Pio X con sommesso rispetto per il decreto sulla comunione da lui emanato. Il Congresso vi scorge un mezzo profondamente efficace contro le piaghe dei nostri tempi, una valida tutela per la innocenza dei fanciulli e un mezzo potente per il rifiorire e il rinvigorirsi del cristianesimo. Il Congresso Eucaristico esorta tutti i fattori competenti a promuovere con tutte le forze e con tutto lo zelo la completa applicazione di questo decreto».

Un grande applauso fu l’approvazione, ad unanimità, della suddetta mozione.

Indi prese la parola Mons. Arcivescovo di Valencia, parlando in lingua spagnuola, a nome dei cattolici spagnuoli. Egli espresse la sua grande ammirazione per la bella riuscita del Congresso e mandò un riverente saluto alla Casa Imperiale degli Asburgo e alla Casa Reale di Spagna, e particolarmente alla Regina Madre, Maria Cristina, discendente pur essa dalla gloriosa dinastia austriaca. Fu applauditissimo.

Indi il Cardinale Amette, in francese, ringraziò il Cardinale Nagl e gli organizzatori del Congresso per il suo brillante successo. Espresse la simpatia di tutti i cattolici di Francia per l’Austria-Ungheria e le sue popolazioni. Elogiò quindi l’Imperatore e la Famiglia Imperiale, baluardi del cristianesimo. Nel discendere dalla tribuna il Card. Amette abbracciò il Card. Nagl.

Anche l’illustre presule dell’archidiocesi parigina fu vivamente e calorosamente applaudito.

Terminato l’applauso si alzò S. E. R.ma il Cardinale [p. 325 modifica]Van Rossum, Legato del Papa, e pronunziò il seguente discorso.

Il discorso del Cardinale Legato.

«Così siamo giunti alla fine di questa grande festa fatta in onore del nostro Divino Salvatore, alla chiusa di questo Congresso Eucaristico mondiale.

Siamo stati tutti testimoni della sua stupenda riuscita. Abbiamo veduto che Iddio ci accorda la sua protezione e che questi giorni furono così splendidi, più di ogni ardita e possibile speranza; quindi il nostro cuore trabocca di gioia e di gratitudine. Ci preme perciò di esprimere pubblicamente tali sentimenti che ridondano di vera soddisfazione.

E così ci rivolgiamo prima di tutto all’unica fonte di tutto il bene, al Dio uno e trino, al Padre, al Figliuolo ed allo Spirito Santo, affine di lodarlo dal più profondo del cuore, affine di festeggiarlo; lode sia al Padre, lode sia al Figlio ed allo Spirito Santo. Dalla Santissima Trinità, il nostro spirito si volge alla Beatissima Vergine, la eccelsa Madre di Dio, che quale dispensatrice di tutte le grazie in questi giorni ci ha tanto consolato, ci ha fortificato nella fede, ci ha ravvivato nella fiducia, ci ha infiammato nell’amore al Santissimo Sacramento.

Dopo avere porto i nostri sentimenti di riconoscenza al cielo, volgiamo gli sguardi alla terra.

Nella Eterna Città vive un eccelso personaggio, il cui spirito si unì a noi in questi giorni, nella venerazione di quel Dio che si nasconde sotto le forme del pane, ed il cui cuore batte col nostro nella manifestazione intima dell’amore. Egli è il regale grande sacerdote, il rappresentante del grande sacerdote divino, dell’Uomo Dio, di Gesù Cristo. Ma Egli è pure il nostro padre amoroso che ha vegliato in questi giorni sopra di noi con paterno affetto, che ci ha benedetto ed ha benedetto il presente Congresso.

Il poterlo assicurare della fede profonda, della viva devozione alla Santissima Eucaristia, della fedele sottomissione alla Sede Apostolica di cui i membri del Congresso hanno dato prova lampante in questi giorni, sarà il miglior guiderdone di tanto paterno attaccamento.

E sarà mia grande soddisfazione di potere riferire ciò al Santo Padre. Ma anche qui a Vienna abbiamo da pagare un debito di gratitudine; quindi rivolgiamo con un gioioso entusiasmo la prima parola al grande Monarca che, tanto quanto il Santo Padre, è più padre dei suoi popoli che loro Imperatore e loro Re; a lui che con cavalleresca dignità, con amore e con fermezza tenne alto sopra di noi, in questi giorni, il suo scudo difensore. Egli ha mostrato al mondo, con un esempio splendidissimo, che la Casa Asburgo non ha cambiato per passare del tempo; essa è rimasta sempre la rocca sulla quale ab immemorabili, veglia la Santissima Eucaristia, ed ove è venerata di grande e profonda venerazione.

Ed ora il capo va innanzi, seguono le membra. Non mi è concesso, nei pochi istanti che mi stanno a disposizione di potere menzionare tutto quanto gli augusti componenti la Casa Imperiale hanno fatto non solo durante gli indimenticabili giorni del Congresso ma durante la sua preparazione, affinchè esso riuscisse come è riuscito.

Però ciò che non mi è possibile di enumerare, è ben conosciuto da questo onorevole Consesso, e quello che anche esso Consesso non può sapere, sta scritto con caratteri indelebili nel libro della vita.

La mia parola di ringraziamento volge quindi agli Eminentissimi Cardinali, ai Reverendissimi Arcivescovi e Vescovi, poichè col loro intervento essi hanno contribuito ad aumentarne lo splendore e favorirne la riuscita.

Però un ringraziamento specialissimo debbo rivolgere all’Eminentissimo Presule di Vienna, che fin dall’inizio fu l’anima della grande impresa, e ne promosse l’esito imponentissimo coi suoi ponderati consigli, colla sua indefessa operosità, colla sua instancabile abnegazione.

Grazie vivissime spettano pure a tutte le autorità di Stato e del Municipio, che hanno saputo mantenere l’ordine con forza e con prudenza.

Rendo pure sentite grazie a tutti gli oratori del Congresso che colla profondità della dottrina, con l’elevatezza dei pensieri e colla chiarezza dell’esposizione e colla inspirazione della parola ci hanno fortificato nella fede e ci hanno così potentemente incitato all’amore ed alla venerazione per il SS. Sacramento.

Così pure voglio esprimere i sensi di gratitudine al Comitato locale del Congresso Eucaristico, che mise tanto zelo e tanto fervore nella preparazione e compimento di quella festa che allietò questi indimenticabili giorni, e così pure la direzione viennese del Congresso che ebbe cura di corrispondere a tutte le richieste, ed antivenire tutti i desiderii, e che compì questo lavoro gigantesco in modo inappuntabile.

Anche il Comitato Centrale e tutti i sottocomitati meritano i nostri ringraziamenti.

Grazie, mille grazie poi a tutti voi riveritissimi coniponenti il Congresso, che da tutti i paesi dell’Europa e dell’America siete venuti sino qui.

Voglio poi particolarmente menzionare i rappresentanti dei popoli della Monarchia Austriaca, i quali compiendo sacrifici, e affermando la propria completa dipendenza dalla Chiesa Cattolica, hanno voluto addimostrare dinanzi a tutto il mondo la loro gratitudine, la loro venerazione, il loro amore per il massimo dono fatto da Gesù all’umanità, nel Santissimo Sacramento dell’Altare.

E così coi sentimenti di profonda devozione al Santissimo Sacramento noi, domani, chiuderemo il Congresso colla grande processione eucaristica. A risarcimento per l’oblio e per lo scherno cui è fatto segno in molti luoghi il nostro Gesù, nelle miracolose manifestazioni del suo amore noi, domani, gli prepareremo un trionfo che forse, al mondo, mai gli fu tributato l’eguale. In faccia al mondo intero noi tutti con viva fede e con amorevole devozione lo riconosciamo come nostro Re, come nostro Dio, al quale tributiamo amore, onore e riconoscenza.

Queste vie di questa vetusta città capitale e [p. 326 modifica]presidenziale, saranno testimonio di questa gloriosa dimostrazione al nostro Dio ed al nostro Salvatore.

Quindi tutti coloro che prenderanno parte alla dimostrazione, si considereranno onorati di renderla il più possibile degna ed imponente.

Ognuno può cooperare a ciò, osservando scrupolosamente le prescrizioni emanate dal Comitato apposito, ma ancor più, vi può cooperare, mostrando anche all’esterno, colle preghiere e colla compunzione la fede ed il santo entusiasmo che Io muovono nel profondo della propria anima.

Cerchiamo, ed è ciò che io voglio raccomandare particolarmente a ciascuno di voi, di accompagnare Gesù nel Suo Santo Sacramento, con un cuore puro, mondo da peccati!

Come giubileranno e il nostro Divin Salvatore e la Santissima Vergine- Maria e gli Angeli del Cielo, se noi così prenderemo parte a questo corteo trionfale!

Ed ora, miei diletti fratelli, in una stessa fede, è giunta l’ora della separazione, ora in cui intraprenderete il vostro viaggio di ritorno verso la patria vostra. Vi rincrescerà di certo che questi bellissimi giorni siano passati, che sia giunto il momento della separazione, che dobbiamo abbandonare la bellissima metropoli danubiana.

Però, per quanto ciò vi debba addolorare, potete bene con soddisfazione di cuore intraprendere la via del ritorno, poichè portate con voi un prezioso tesoro, questo tesoro consiste in un consolantissimo ricordo di quello che avete compiuto.

Però noi ritorniamo migliori, fortificati nelle persuasioni della nostra fede e nella devozione al Santissimo Sacramento.

E questo vantaggio non lo vogliamo tenere per noi soli, lo vogliamo partecipare ad altri e così essere propagatori di felicità e di benedizione.

Io qui sento il bisogno di rivolgermi a voi tedeschi, a voi magiari, a voi czechi e polacchi, ruteni e rumeni, italiani sloveni, slovacchi e croati e serbi.

A voi tutti vorrei dire: Portate con voi il prezioso dono della devozione al Santissimo Sacramento nella vostra patria, nelle vostre famiglie per le ore della gioia e per quelle della sventura.

Dopo il vostro ritorno date l’esempio di accostarvi spesso, possibilmente tutti i giorni, alla mensa eucaristica affine di ricevere ivi il cibo dei forti.

Conducete i vostri bambini all’amato Gesù negli anni della loro innocenza, appena sono in grado di potere distinguere il pane celeste dal pane comune.

E voi sacerdoti specialmente dovete più degli altri cooperare, affinchè i frutti del Congresso non abbiano da andare precocemente perduti.

Portate quindi nelle vostre parrocchie un nuovo santo zelo, date ai vostri parrocchiani il buono esempio, fate il possibile per favorire le Comunioni quotidiane e ciò secondando i desiderii e le prescrizioni del S. Padre, non temete le fatiche che per ciò dovrete compiere.

Riportate quindi nei vostri paesi una grande devozione al Santissimo Sacramento. Ciò vi darà forza affine di rimanere fedeli alla vostra fede, e fedeli come figli alla Chiesa romana. Echeggia, in questi tempi, attraverso alle contrade dell’Austria il grido di Los von Rom!

È il grido dei nemici delle vostre anime, dei nemici della vostra bella patria.

Fortificati nella vostra fede, l’unica vera fede, contrapponete a quel grido l’altro grido: Hin zu Rom! Stiamo con Roma, fermi nella nostra santa fede, fermi nella Chiesa Cattolica, fermi nel Papa, fermi nel Santissimo Sacramento dell’Altare.

Sì: poichè la Santa Eucaristia è il sole della Chiesa, il sole dell’umanità. Essa è la fonte della luce, del calore, della vita, dell’ordine, dell’unità.

Quando questo sole non splende, regnano le tenebre e l’errore, regnano la discordia, la tribolazione e la morte.

La grazia di Dio, la sua benedizione, la sua protezione, scendano sul principe e sul popolo, su tutti quelli che riconoscono in Dio Padre il loro Signore, il loro Maestro, ed in Gesù Cristo suo Figlio il loro Salvatore; su tutti quelli che lo onorano nel grande Sacramento dell’amore.

Così il Santissimo Sacramento sia il sole della luce, della vita, della felicità, per tutti i popoli dell’Austria e così si perpetui ciò che così bene risuona nel vostro inno popolare: «Il sole di Dio risplende in pace, sopra un’Austria felice».

Non vi posso descrivere l’applauso che è scoppiato quando l’Em. rappresentante del Papa ha finito di parlare.

Sedato l’applauso prese la parola il Vescovo di Namur, Mons. Heylen, che comunicò che il prossimo Congresso avrà luogo dal 24 al 27 aprile 1913 a Malta, ed a nome dei congressisti ringraziò il Legato Pontificio tra applausi fragorosi.

Poscia venne cantato il Te Deum Laudamus in tutte le lingue e fu intuonato l’Inno Imperiale.

Tra l’uno e l’altro inno risuonò il saluto cristiano del Presidente: Sia lodato Gesù Cristo, a cui tutta l’adunanza, cioè 30.000 bocche, rispose: In eterno, amen.

Il Congresso si chiuse colla Benedizione Apostolica, impartita da Cardinale Legato e coll’inno festivo: Grosser Gott, wir loben Dich!

Il grande ricevimento alla Hofburg.

Vienna, 15. — Alla Hofburg (Palazzo Imperiale) ebbe luogo ieri sera un solenne ricevimento in onore dei Congressisti.

Erano presenti S. M. l’Imperatore, tutti gli Arciduchi e le Arciduchesse, i Cardinali, Arcivescovi e Vescovi, i Ministri e le cariche di Corte e dello Stato, tutte le autorità municipali, tutta l’aristocrazia della capitale, e numerosissimi altri invitati.

Si può cale Ilare che erano in circa 3000 persone.

Le signore erano in ricchissime a «toilettes».

Erano pure presenti il Conte Berchtold colla signora.

Il Cardinale Van Rossum fu festeggiatissimo. L’Imperatore lo felicitò ripetutamente per lo splendido esito [p. 327 modifica]del Congresso, dovuto certo in gran parte alle sue splendide doti personali.

Furono pure festeggiatissimi i Cardinali esteri.

(Continua).

I primi martiri d’Uganda

Un decreto della Congregazione dei Riti in data del 13 agosto pubblica l’introduzione del processo per la beatificazione dei così detti «Martiri dell’Uganda». 22 giovanetti negri cristiani, i quali primi martiri, soffrirono 26 anni fa la morte del fuoco per la fede. Come ci annunciava la Centrale del Sodalizio di S. Pietro Claver, i cardinali stessi, che trattarono la questione riguardante la virtù eroica dei giovani martiri, erano commossi fino alle lagrime.

Il Santo Padre, al quale il Procuratore dei Padri Bianchi presentò i suoi ringraziamenti, disse, come egli spera, che la beatificazione avvenga presto e senza difficoltà. Presso i negri, e specie fra quelli del Vittoria Nyanza settentrionale, patria dei nuovi martiri, vi è gran giubilo per questa notizia, del processo iniziato, e questo giubilo si manifesta con danze e salti. Anche il Sodalizio di S. Pietro Claver e i suoi zelatori ed amici hanno motivo di rallegrarsene, poichè la prossima beatificazione, secondo le parole del P. Burtin, procuratore dei Padri Bianchi, «giustifica splendidamente la fondazione ed esistenza del suddetto Sodalizio».

Possa questo fatto essere uno sprone potente per cooperare sempre con maggior ardore, affinchè il lume della fede splenda in tutta l’Africa e produca, ad esempio dei primi martiri negri dell’Uganda, copiosi frutti di santità!

ECHI E LETTURE


Lamberto CarliniLa corona dei mesi — Milano, Tip. Fratelli Lanzani, 1912. — L. 1.

È un grazioso volumetto di 130 pagine: dodici quadretti sopra i mesi dell’anno, dai quali traspare, e per il metro e per l’ispirazione, il soffio di quella metrica ellenica, di quella Musa Oraziana delle quali l’Autore si mostra ben nutrito.

Non tutti sapranno forse gustare il sapore classico di questi versi, e valutarne il pregio nascosto; occorrerebbe la lunga consuetudine de’ lirici greci e latini, che hanno espresso in carmi la piena dell’animo in vista della natura. Ciò nondimeno la semplicità, la graziosità, la verità e la famigliarità del poeta con il mondo sensibile, sotto le forme svariate dei mesi, sono tanto chiare ed efficaci ne’ suoi distici, che anche coloro che son forniti di una mediocre cultura li leggeranno con diletto.

Perché ci sia vera lirica, come accenna l’Autore nella Prefazione, occorre tra l’altro la materia del canto «e non fittizia, ma vera, reale, sentita; se no, poesia non ce ne sarà mai». E questa materia al suo canto egli la trova così bene nei mesi dell’anno, attraverso ai quali scruta abilmente la natura perché ripeta la lirica vera e sentita, quella bellissima natura della quale si beano artisti e poeti, della quale riempiono estasiati gli occhi gli ingenui fanciulli ed hanno sete i prigionieri che la sospirano «se di sfuggita ne travedono un lembo di fra i tenebrosi mesti del carcere; per lei sentono assopirsi in un rassegnato dolore gli affanni, gli stanchi della vita, e gli oppressi; per lei si spiana la fronte corrugata dell’esule e si spalancano le finestre ai moribondi».

Sarebbe troppo lungo citarne i passi veramente efficaci. Nel canto di gennaio La neve si legge:

«Pur or librò le penne
nel cielo infinito del tempo,
Con l’occhio fermo al sole
col volo sicuro del falco
Il giovinetto anno,
foriero di lieti presagi:
Nate in secreto pianto
lo inseguon le umane speranze».

E in quello d’aprile, dopo aver tratteggiata le veste fresca della natura che si sveglia, tocca la Pasqua:

«E da presso e da lunge
tra i freschi profumi dei venti
Vibra il chiaro e festante
concento di mille campane.
Alleluja! Alleluja!
Balzò corruscante da l’arca
Come folgor da nube.
Prostrata la pietra funerea,
Atterrate le scolte,
disperse le bende e gli aromi,
Cristo è sorto e ne l’aria
raggiante di nitida luce
Manda lampi dal cuore
dai piedi e le palme ferite».

Il maggio ci trasporta con sé; il giugno ha tutta la verità della campagna e del lavoro dai gelsi e dai bachi nelle rustiche case. Nel luglio si sente il calore della canicola:

Contorce la sferza del sole
Di tra i bronchi e i rovi
la scorza degli olmi e de’ pini,
Fermi ne l’aria calda
le chiome odoranti pel cielo.

Originale e bellissimo il «Sogno delle cicale» nell’agosto e soavemente mesto il settembre con l’addio delle rondini, e vaga la descrizione delle ottobrate. Il novembre è il riverbero di un intimo dolore che si divide coi morti:

Il cielo è grigio, o Rita;
le pendule foglie dai rami
Cadono ad una ad una
siccome le nostre speranze:
I crisantemi soli
ne l’orto son tutti fioriti:
Ne tesserem ghirlande
bagnate di memore pianto
E coprirem con esse
le tombe dei nostri defunti.

Si sa, non c’è rosa senza spine, e anche questo lavoro del Carlini non manca di difetti. Il metro, sempre eguale, induce con l’andare una certa monotonia e forse la lima è stata risparmiata in qualche canto qua e là.

Nondimeno è un caro libretto, degno di essere gustato come va, e noi ci ripromettiamo dal poeta frutti più belli ancora e più variati, che ci rendano in veste e in forma italiana le grazie dell’immortale poesia greca e latina.

Gipsy.




Il Municipio di Milano ha ordinato 200 abbonamenti per distribuire in tutte le scuole i fascicoli dell’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI.