Il buon cuore - Anno XIV, n. 08 - 20 febbraio 1915

Da Wikisource.
Autori vari

Indice:Il buon cuore - Anno XIV, n. 08 - 20 febbraio 1915.pdf Il buon cuore - Anno XIV, n. 08 - 20 febbraio 1915 Intestazione 1 marzo 2022 50% Da definire

Questo testo fa parte della raccolta Il buon cuore - Anno XIV - 1915


[p. 57 modifica]
Anno XIV. 20 Febbraio 1915. Num. 8.


Giornale settimanale per le famiglie

IL BUON CUORE

Organo della SOCIETÀ AMICI DEL BENE

Bollettino dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata della Provvidenza Materna, della Provvidenza Baliatica e dell'Opera Pia Catena

E il tesor negato al fasto
Di superbe imbandigioni

Scorra amico all’umil tetto .....

ManzoniLa Risurrezione.

SI PUBBLICA A FAVORE DEI BENEFICATI della Società Amici del bene e dell'Asilo Convitto Infantile dei Ciechi
La nostra carità dev’essere un continuo beneficare, un beneficar tutti senza limite e senza eccezione.
RosminiOpere spirit., pag. 191.

Direzione ed Amministrazione presso la Tipografia Editrice L. F. COGLIATI, Corso Porta Romana, N. 17.




SOMMARIO:


   La via delle Chiese (continuazione vedi n. 7).
Religione. —Vangelo della I domenica di Quaresima. Perché? Perché? Mary Tavola Carnovali.
Beneficenza. —Per l’Asilo infantile dei Ciechi Luigi Vitali. — Pei danneggiati del terremoto.
Notiziario. —Necrologio settimanale. — Diario.


La via delle Chiese in Milano

(Continuazione e fine del numero 7)


I dipinti del Luini nella Chiesa del Monastero maggiore insieme a quelli fatti quasi contemporaneamente nel Santuario di Saronno, e nella Chiesa degli Angeli a Lugano, costituiscono l’opera principale, colla quale egli ha onorato l’Italia, meritandosi il titolo, non usurpato, di Raffaello di Lombardia.

Venendo a particolari, merita di essere osservato il ritratto di Alessandro Bentivoglio, nella lunetta dal lato del Vangelo, nel personaggio inginocchiato ravvolto nella zimarra senatoria; il Bentivoglio era della celebre famiglia Bentivoglio di Bologna, venuto a Milano e imparentatosi colla famiglia Ducale Sforza; nella lunetta di contro vedesi appunto la moglie Ippolita Sforza, anch’essa, come il marito, inginocchiata verso l’altare.

Nella stessa lunetta intorno all’effigie di Ippolita Sforza, stanno con graziosa movenza tre sante, S. Apollonia, S. Lucia, S. Scolastica: in questa ultima figura il Luini ha voluto ritrarre le sembian ze di Bianca Bentivoglio, figlia di Alessandro, che col nome di Alessandra, si era fatta monaca nel 1522, accrescendo importanza al monastero colla importanza della famiglia.

In altri scomparti, sono dipinti, con pregi versi, ma sempre distinti, il martirio di S. Maurizio, i ritratti di S. Sigismondo, e sopra una parete della Capella a mano destra, vicina all’altare, il martirio di S. Caterina di Alessandria. Una leggenda, che il sacerdote Rossi riníanda, con giuste ragioni, nel numero delle favole, si è diffusa, e persiste in mezzo al popolo, ed è che il Luini abbia voluto

nella Santa ricordare le sembianze della Contessa di Chalant, famosa per le sue vicende, giustiziata in quel periodo di tempo.

Non meno pregevoli sono i dipinti della Chiesa interna, o Coro del monastero, che non si può rivedere nella sua maestosa e austera eleganza, senza uno stringimento al cuore, pensando come i vandali della Repubblica Cisalpina, con un tratto di penna, cancellassero un monumento che aveva dieci coro posteriore (monastero maggiore) secoli di storia, emandassero disperse dal loro nido di divozione e di pace, tante anime innocenti o penitenti che dalle affliggenti traversie della vita si erano anticipatamente rifugiate nel grembo di Dio.

Con che mano tremante, il 20 Novembre 1798, la Madre Abbadessa, là, in quel coro, guardando quelle volte, quelle pareti, quell’altare, quegli stalli, fu costretta a sottoscrivere, per sè e per le sue compagne, l’atto di soppressione, che, per suprema irrisione, si proclamava compiuto in nome della Libertà, della fede, di Dio!

Compiuta la soppressione, spenta colle monache la vita, le pitture e le decorazioni caddero in grande deperimento: un tal Cassani, alcuni anni or so- [p. 58 modifica]no, avendo lasciato al Municipio di Milano lire 50 mila, pel ristauro a scelta di un’opera d’arte, l’architetto Beltrami, chiamato arbitrò dell’uso, indicò irestauri della Chiesa del Monastero Maggiore. E’ un altro dei meriti che l’eminente uomo ha verso la storia dell’arte e la città di Milano. Santa Maria delle Grazie. La Chiesa di S. Maria delle Grazie, eretta in uno dei periodi più gloriosi della. Storia di Milano, nel 1463, sul confine del Medio Evo che muore, e dell’epoca del Rinascimento che sorge, partecipa agli elementi preziosi delle due epoche, alla fusione, al concorso armonico di tutte le arti. Lodovico il Moro, Bramante, Leonardo da Vinci, hanno posto il suggello del loro nome in questa Chiesa, e l’hanno fatta grande della loro grandezza. La Chiesa di S. Maria delle Grazie ha col Duomo la specialità di presentare nell’abside la sua parte più grandiosa; il punto migliore per prospettare il Duomo di Milano, è quello di venire dal Corso di P. Orientale, osservandolo a ridosso di sè stesso; è una vera montagna di marmo biancofrastagliata da centoa guglie, con in vetta la statua della Madonnina dorata; Madonnina per modo di dire; è alta quattro metri! Così la parte più bella del Tempio di S. M. delle Grazie è la sua grande cupola rotonda. Essa venne innalzata a maestosa altezza, senza intrecciamento di ferri. L’esterno presenta tutta l’eleganza possibile di cornici ben modellate, di portici, di logge correnti in giro, e sostenute da colonnette, di finestre tonde e quadre con molti lavori di terra cotta, di ornati e di immagini degli Apostoli e dei Santi, con stemmi dei principi Sforzeschi e Visconti. E’ una delle più belle costruzioni del Bramante, che venne chiamato a compiere in seguito a combinazioni abbastanza lunghe e complicate. Il Conte Gaspare Vimercati, generale delle soldatesche oi Francesco Sforza, diede l’area ai Padri Domenicani perchè vi edificassero una loro Chiesa. Erigendola, venne conservata una vicina capelletta con una effigie della Madonna col Bambino, ai piedi della quale sono dipinti alcuni membri della famiglia Vimercati. Per unire questa capella alla Chiesa si allungò il muro di essa, e ne è ancora al presente visibile la traccia. I Domenicani volevano dedicare la Chiesa al loro santo titolare: ma vedendo la divozione a quella immagine miracolosa preferirono darle il titolo di S. M. delle Grazie. Il Vimercati morendo raccomandò a Lodovico la intrapresa fabbrica del Convento e della Chiesa, e Lodovico chiamò il Bramante, il quale rifece da capo la Chiesa incominciata, donando a Milano ed alla storia dell’architettura religiosa uno de’ suoi più grandiosi monumenti. Chi penserebbe che questo lavoro dell’arte architettonica fu sul punto di essere abbattuto, poco più di un secolo dopo di essere stato innalzato? Uno stratagemma dei frati lo salvò! Don Ferrante Gon zaga Governatore di Milano, sotto il dominio spagnuolo, volendo aumentare le difese del’Castello, ordinò di demolire tutte le costruzioni, che dentro un certo perimetro sorgessero intorno: la Cupola di S. M. delle Grazie fu del numero: un asserito e creduto intervento di una legione di Angeli in sua difesa, spezzò l’ordine in mano del Governatore. Ma un nuovo pregio, un pregio artistico di pittura, doveva render celebre, cia1 vicino convento, la Chiesa di S. Maria delle Grazie: A Bramante si univa, superandolo; Leonardo. i Leonardo era l’astro più fulgido della corona di grandi artisti che resero famosa la reggia di Lodovico. A Leonardo, Lodovico affidò l’incarico di decorare con un dipinto da par suo il Convento delle Grazie, e precisamente il Refettorio. La località determinò l’argomento; l’argomento scelto fu La cena; felice combinazione che l’argomento si prestasse ad una di quelle composizioni complessive così caratteristiche del genio cosmopolitico di Leonardo. A compirlo Leonardo vi impiegò più anni: era incontentabile: a un punto del ritratto del Salvatore, sebbene non finito, gli parve di aver raggiunto l’apice della perfezione; gli parve che non si potesse andar più in là: con un altro ritocco aveva paura di guastarlo: il guardiano,.che insisteva, perchè finisse l’opera, fu crudelmente punito: un giorno che riapparve dinnanzi al dipinto, trovò fatto il suo ritratto; era il ritratto di Giuda! Il quadro della Cena, per la complessità della composizione, per la varietà degli atteggiamenti dei singoli apostoli, così diversi l’uno dall’altro, pur esprimenti tutti un sentimento solo, è considerato dai più autorevoli critici dell’arte uno dei quadri più belli, se non il primo. E’ certo uno dei quadri di cui furono tratte più numerose copie che hanno fatto il giro del mondo. Un fatto doveva provare il valore di questo quadro. Nel 1796, il generale Bonaparte entrò vittorioso in Milano; le truppe giacobine avevano preferito per alloggio, si capisce, i conventi dei frati: il convento delle Grazie, per comodità di locali, era stato uno dei prescelti: il Refettorio fu convertito in scuderia, e colla paglia vi si accendevano dei falò, che sollevando nuvoli di fumo annerivano le pareti: si può immaginare come stesse il dipinto di Leonardo! Arriva Bonaparte per una ispezione: vede il quadro, vede la profanazione; uno scatto di ira irrefrenabile lo prende; fa sgombrare immediatamente il Refettorio, ordinando che venisse riservato coi me un Santuario. Il genio rispettava il genio. Il dipinto della Cena, ristaurato più volte, e ultimamente in modo insuperabile dal valente pittore Cavenaghi, specialista nel genere, chiamato Cenacolo Vinciano, forma ora la meta di tutti i forestieri che venendo in Italia, visitano Milano.

Come sono lieto di dar termine all’articolo La via delle Chiese in Milano col ricordo della Chiesa di S. Maria delle Grazie! La Chiesa delle Grazie in