Il diavolo nella mia libreria/La santa inquisizione e le mirabili opere del demonio

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La santa inquisizione e le mirabili opere del demonio

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La santa inquisizione e le mirabili opere del demonio
Eva e il Serpente La gallina cova
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La santa inquisizione

e le mirabili opere del demonio

Ma quale orribile titolo ha quest'altro libro? Sacro Arsenale ovvero pratica della Santa Inquisizione. È stampato in Bologna nel 1679 ed è di 528 pagine.

È spaventoso! Dentro, vi si arrosta, taglia, attanaglia, sospende, brucia...

Questo libro è un codice, una specie di vade-mecum legale di quei tempi. Guardo la cartapecora ingiallita e vi scorgo delle impronte scure. Impronte delle mani degli inquisitori? macchie dì sangue?

Il libro mi cade per terra.

Lo raccolgo. E una lettura che attrae e respinge. Ma avvenivano cose pazzesche in [p. 77 modifica] quegli antri oscuri dell’Arsenale della Santa Inquisizione! Vedevo quei frati domenicani in quel loro manto, con quei due colori, come l’alfa e l'omega, la morte e la vita, cioè il bianco e il nero. Vedevo quel non so che di impero e di tristezza insieme che hanno certi volti sbarbati dei preti. Stendevano il braccio entro la gran manica candida, fuori del panneggiamento nero e comandavano ai manigoldi di frugare le vive carni. Le grida di strazio e le bestemmie dei martoriati erano come fumo di ebbrezza per gli inquisitori.

Ma cosa strana? ho la sensazione che non siano gli uomini in sé ad essere cattivi.

È il demonio!

E allora quegli inquisitori erano bravi impiegati del Santo Ufficio, che adempivano il loro orario e le loro mansioni sociali in buona fede. Essi cercavano di isolare col macchinario della Santa Inquisizione il demonio, così come fanno oggi i batteriologi nei loro gabinetti.

Qualche volta i buoni inquisitori si infettavano, così come avviene che un medico [p. 78 modifica] si infetti nelle esperienze di laboratorio. E si è dato il caso di qualche onesto inquisitore che sentendo il demonio entrare anche nelle sue carni, si è messo a gridare ai carnefici: «Bruciate anche me!»

Gran Dio! Ma che cosa dovevano fare quegli inquisitori quando riuscivano a prendere una giovinetta strega bianca, di quelle che essi vedevano per campi e per selve?

«Dove si nasconde? dove si nasconde il demonio, o impudica?». Provo una certa pietà anche per gli inquisitori.

Doveva formarsi in loro una diabolica miscela di erotismo e di misticismo. Del resto si fanno anche oggi, in letteratura, eleganti fialette con queste due essenze; e le signore aspirano con molta soddisfazione. E si va dai profumi delicati per le signore per bene e per le giovinette, ai profumi forti, necessari per stimolare chi non gode oramai se non della perversione.

Oggi, non c’è più l’arsenale del Santo Uffizio.

Eppure anche oggi vi sono tante persone che vi parlano tranquillamente di stragi. [p. 79 modifica] di fucilazioni, di distruzioni di classi sociali allo scopo di ottenere un vagheggiato miglioramento della società. Queste effusioni di sangue sono chiamate passeggere necessità storiche. Sarà; ma io mi domando: dove fugge il tempo? che cosa è il tempo? un’invenzione degli orologiai di Ginevra? Io mi sono quasi riconciliato con la Santa Inquisizione.


Ecco un altro libro. Il suo titolo è molto confortevole. Vi si parla dei rimedi contro il demonio.

I rimedi contro il demonio sono tanti! Questo dotto teologo in questo libro ne fa l'elenco. Tanti! Ma hanno il difetto che nessuno di essi è sicuro. E — si badi — sono tutti rimedi buoni! La preghiera, la confessione, la comunione.

Uno dei medicamenti che più mi ha fatto impressione è quello del digiuno. Esso doma la ribellione carnale, lega gli appetiti vagabondi, consuma tutte le sozzure [p. 80 modifica] che da grassezza procedono. Come è detto bene! Ecco il corpo scarno, quasi diafano e dentro l'anima pingue. Sì, va bene! Mi sono venuti in mente i monaci di Fonte Avellana come li descrive Dante, perchè quella descrizione di cibi pur con liquor d'ulivi, quell’accenno al lieve e quasi inavvertito trascorrere delle stagioni, contiene non so quale voluttà di perfezione claustrale; come una vita in sogno, come una vita musicale, come una vita che sfiora appena la terra.

Certo che questa astinenza non è compatibile con la compagnia della donna! Un signore che per amore di non so quale perfezione, aveva determinato di non mangiare più carne né assaggiare droghe, si sentì dire dalla moglie: «O tu torni alle bistecche, o io ti pianto».

Ed è curioso il ravvicinamento tra quella che i vecchi medici — non sapendo come chiamare — chiamavano materia peccans, cioè la cagione delle malattie corporali; e il diavolo, il quale per questi teologi è la cagione di tutte le malattie dello spirito. [p. 81 modifica]Esistono somiglianze singolari fra i processi antiparassitari della medicina moderna e certe cure contro il diavolo.

Per esempio: l'isolamento; le altissime temperature per alcuni microbi resistentissimi; come le camere per la sterilizzazione; il fuoco. I buoni teologi ordinavano il rogo, l'incendio di paesi interi con dentro tutti gli abitanti. Ordinavano anche spedizioni militari.

Però si intuisce che queste cure, pur così energiche, non ispirano troppa fiducia.

«Le medicine giovano sì, ma poco».

Trovo questo rimedio molto curioso: la mutazione di luogo. Proprio quello che consigliano i medici, quando non sanno più che cosa fare. Ma dove andare? Fuori della vita? Non è possibile. Forse è per questo che i mistici cercavano di buttarsi fuori della vita.

E anche interessante vedere come questi teologi avessero intuito quell’oscuro fenomeno per cui alcuni individui non possono tollerare certi medicamenti: tali remedi se non giovano a una persona per qualche [p. 82 modifica] occulta causa, non però segue che non possino giovare a un’altra.

Vedo che fra queste cure contro il demonio, una delle più frequenti è la estirpazione: il diavolo preso con le pinzette: ecco il diavolo! così come il cavadenti mostra al cliente il dente cariato che gli faceva male.

Sarebbe la chirurgia applicata al diavolo.

Questi chirurghi del diavolo si chiamano esorcisti, e la loro arte si chiama esorcismo.

Rimango stupito nel vedere quanti preti, quanti monaci si dedicassero a questa professione. Mi sorprendono in pari tempo queste lettere circolari delle alte autorità ecclesiastiche contro l'abuso dell’esorcismo. Queste circolari si susseguono di anno in anno; ma sono così caute, così blande, si aggirano per tante circonlocuzioni! Si direbbe che sia presente il timore che il popolo capisca che si tratta di impostura. Come pur si capisce, anche se non è espresso [p. 83 modifica] per scrittura, che preti e frati facevano dell'esorcismo un vero e proprio commercio.

Proibito, e tollerato, come del resto avviene anche oggi.

I leoni, posti a guardia delle leggi, finiscono sempre col ruggire dolcemente.

Fra queste circolari ce ne è una di un papa che dice che l'esorcismo può essere operato, ma soltanto da quei sacerdoti che sono veramente santi.

Ora a costo di essere deriso dalla mia civiltà senza Dio, io devo confessare che credo nell’azione dei santi: credo nell’imposizione delle mani, credo nelle voci dalle tombe. Anzi questa di parlare dalle tombe è una specialità dei santi.

E mi ricordo molto bene, nei primi tempi della mia dimora a Milano, come annoiandomi di andare a spasso sotto la Galleria, mi recavo fuori di porta Magenta in un cimitero abbandonato, ma con tanti vialetti tranquilli, tante piccole tombe. Di [p. 84 modifica] primavera qualche fiorellino, una rosa timida, qualche canzoncina di uccellino dai cespugli. Vi si camminava bene, tanto più che non si era disturbati.

Sul marmo di una di queste tombe, se non è un’illusione della memoria, mi pare ci fosse inscritto il nome di Emilio Praga, un poeta che mi era caro per alcuna sua fiamma di verginità, che non riuscì ad estinguere per quanti liquori ci versasse: di poi anzi ne morì.

Non si vedevano preti, non seppellitori: non si vedevano quelle buche già preparate per accogliere le bare. Da anni e anni non si seppelliva più. Un riposato silenzio di campagna! Mi pare che ci fosse un guardiano, un custode, che non diceva nulla se io entravo, se io uscivo.

Ma un giorno vidi gente per il cimitero: donne e vecchi, per lo più. Portavano via le croci, le lampade votive, le corone, i ritratti dalle tombe: ma non come rapinatori, bensì assai tristamente e con lenti gesti. Ma che succede? Ne chiesi al custode, ed egli mi disse che le cose stavano [p. 85 modifica] appunto così: che il municipio aveva dato tre mesi di tempo ai parenti dei morti, per portar via tutti i ricordi delle tombe. «Ma perchè?» «Mi so no» rispose. Allora io interrogai qualcuno degli uomini che passeggiano sotto la Galleria, e ne ebbi maggiori spiegazioni. Cioè mi fu detto che il cimitero sarebbe stato distrutto, e sarebbero sorte tante officine e tante case.

Infatti ora sorgono tante case: grandi case di stile benestante, allineate, tutte con fisonomia uguale.

«Ma non si potrebbe — dissi — lasciare così come è? Il cimitero diventerebbe un poco per volta un giardino».

Gli uomini della Galleria mi dissero che si capiva che io ero un giovane poeta che veniva dall’Italia del sud.

Allora a Milano non c’era il municipio socialista; ma un municipio conservatore, tanto che lo chiamavano la consorteria. Io conoscevo un assessore, che era un banchiere: non perchè io facessi operazioni di banca, ma perchè davo lezioni di latino a un suo nipote. Era un magnifico signore, [p. 86 modifica] dal tratto molto cordiale; e talvolta mi invitava a pranzo alla sua bella mensa lombarda. Dopo pranzo accendeva un grosso sigaro, si stendeva su una bella poltrona e scopriva il suo bel gilè. Pareva una di quelle figurine che si ripetono sul giornale L'Avanti! per far capire al popolo cos’è il grasso borghese (ma allora l’Avanti! non c’era), cioè un uomo beato, con un gran sigaro in bocca, una catena d’oro, grossa come un ormeggio, sopra il grosso ventre, e grossi diamanti alle dita che mandano raggi da tutte le parti.

Questa rappresentazione è efficace; però mi ricorda un po’ l'artificio usato dai contrabbandieri per ammaestrare i loro cani. Vestono uno di essi da guardia di finanza con un bastone e bastona sempre i cani. È evidente che i cani con la bricolla del contrabbando appena vedono una guardia di finanza, sentono gran furore, e non si fanno certo pigliare.

Ora questo banchiere era una buona e onesta persona, piena anzi di preoccupazioni, tanto è vero che per distrarsi, seduto [p. 87 modifica] così come era col sigaro avana in bocca, parlava soltanto di letteratura.

Oggi, ripensandoci, credo che mi invitasse anche per divertirsi con la letteratura. Mi domandava se il tale era un grande uomo, se il tal altro era un grande poeta; e accettava i miei giudizi, benché io poco allora mi intendessi di vivente letteratura milanese.

Essendo dunque un’autorità, io venni fuori, una sera, con l'affare del cimitero e lo pregai di esaminare se ne era possibile la conservazione.

Egli fu molto più gentile con me degli uomini della Galleria. Si rese conto della mia giovane età (avevo poco più di vent’anni), mi espose i dati statistici: l'area del cimitero, il prezzo per metro quadrato a cui l'area era già stata venduta, per concludere che il mio progetto era fantastico.

«Sì, ma allora, scusi, lei non è conservatore», dissi. E infatti, dopo, i conservatori caddero e vennero su i socialisti. [p. 88 modifica]

In questi ultimi tempi, poi, ho conosciuto un signore dottissimo che non ammette altra civiltà che quella cinese. Essa, come è noto, rispetta le tombe.

Ho conosciuto anche, recentemente, un altro signore, ancor giovane e del tutto rivoluzionario e che vuole distruggere tutto. Egli mi raccontava la travagliata sua vita per quasi tutta l'Europa; ma ogni tanto interrompeva il suo racconto, dicendo:

«Io avrei potuto essere ladro, micidiale, falsario. E sa lei perchè non l'ho fatto? Per la società? Ah, no! Unicamente per la memoria di mio padre, che era un santo».

Io gli volevo rispondere che se si vuole distruggere tutto, bisogna cominciare col disperdere i santi e le tombe.

Ma non mi parve il caso di turbare una fede così sincera; come era la sua.

L’azione dei santi e delle tombe è molto misteriosa; e può ricordare quella di certe glandole del corpo umano, che non si sa [p. 89 modifica] bene che cosa stiano a fare; ma non si possono estirpare senza pericolo.

Ma la conclusione di tutto questo volume di terapia generale sul diavolo è che essa è scarsamente efficace; perchè quando si scrive così: se non si potrà scacciare la malvagità del demonio, allora si dovrà sopportare in carità, sì come anche si fa con gli altri mali che di tal maniera ci premono, vuol dire che non esiste una cura specifica.

E perchè?

Questa mi è sembrata enorme: perchè il demonio è voluto da Dio.

E sono sei le dimostrazioni che ì teologi adducono per provare la necessità del demonio. Ma a me comincia a girare la testa.

Portano l'autorità del dottor Angelico, che Iddio eziandio nel peccato ci appare laudabile; chè per molte cause gli uomini sono permessi fare il peccato.

Portano l’autorità di Sant’Agostino, che Iddio benedetto giudicò essere meglio dai mali cavarne il bene, che di non [p. 90 modifica] permettere niun male essere, il che non si poteva fare se Iddio non avesse permesso che la creatura avesse peccato.

Sono belle ragioni ma non mi persuadono. Dunque il diavolo esiste per permissione divina.

E allora?

Questi teologi non protestano affatto: sono rassegnati.

È che i loro occhi vedevano al di là della vita terrena profilarsi la bella città di Dio, negli azzurri infiniti, e sotto di noi ruggire la Babilonia infernale.

I nostri occhi non vedono più niente.

L’azzurro è un’illusione ottica, gli angioli sono stati fugati per tutti i sette cieli. Sopra di noi nel cielo sta la necessità con le sue unghie di bronzo.

Dante oggi non troverebbe più posto per il suo solitario monte del Purgatorio perchè in quel posto la geografia ci ha messo l’America con gli americani, non quelli nudi con le piume di pappagallo attorno alla testa, ma quelli così ben vestiti, con tanti dollari, con tante macchine. [p. 91 modifica]

«Ma avete di Satana un'idea del tutto medievale! Ma che cosa credete che io stia proprio a raccattar le anime per la concorrenza a Dio, come un vostro mercantuzzo qualsiasi? Credete proprio che Dio sia un così potente signore? Ma se così fosse che bisogno avrebbe egli avuto di tanti avvocati, quanti ne ebbe da Sant'Agostino in poi?»

Era il diavolo che parlava dai libri della mia biblioteca.