Il fiore di maggio/La Rosa/Seconda parte

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La Rosa - Seconda parte

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Harriet Beecher Stowe - Il fiore di maggio (1843)
Traduzione dall'inglese di Anonimo (1853)
La Rosa - Seconda parte
La Rosa - Prima parte Il vecchio papà Morris (schizzi della natura)
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SECONDA PARTE.

La scena accade in una cameretta rischiarata da una sola finestra. Non vi si scorge alcun mobile di lusso, [p. 256 modifica]neppure un tappeto; in un angolo avvi un letto, con coperta di squisita candidezza, ed assestato con gran cura. In un’altro angolo un cantonale sormontato da piatti e stoviglie. A dritta un’armadio, e dirimpetto innanzi la finestra, un tavolino in acajù, tutto nuovo che ha l’aria d’un’intruso in mezzo ai vecchi mobili che gli stanno d’attorno.

È in quel modesto soggiorno che ritroverete una donna di circa quaranta anni, che porta impresso sul pallido viso le rughe cagionate dalle fatiche e dalle cure. Sta alquanto abbandonata ad uno schenale d’un seggiolone, chiusi gli occhi e strette le labbra quasi in atto di dolore. Dopo essersi dimenata alquanto, reca la mano agli occhi, e riprende un bel lavoro d’ago a cui attende fin dalla mattina.

S’apre l’uscio, ed una ragazzina, di tredici anni appena, entra in stanza. Gli occhi le brillano di gioja recando alla madre un bel vaso di rose.

“Guarda, mamma, guarda! grida la fanciulla. Ecco una rosa completamente fiorita: altre due le vengon dietro, e poi un moltitudine di gemme che cominciano a sbucciare dalle loro foglie verdi.„

L’aspetto della povera donna brillò, dapprima gittando uno sguardo sulla rosa, poi un’altro sulla sua povera figlia sofferente, che da un mese non aveva mai avuto in viso i colori, che allora vi sfolgoreggiavano.

“Che Dio la benedica! sclama involontariamente.

— Oh sì! che Dio benedica la signora Fiorenza! disse la ragazza; io ben sapeva che saresti stata sensibile a questo dono, buona mamma. Non ti senti forse allieviata dal tuo dolore al capo nel mirare questo [p. 257 modifica]superbo fiore? Guarda quante gemme! Ma ora che vi penso ove potremo noi collocare questo vaso?„

E Maria si pose a correre qua e là per la stanza, ponendo il suo rosajo ora in un cantuccio, ora in un altro; poi ritraevasi indietro per ammirarne l’effetto. Ma la madre pose fine a quelle evoluzioni, facendole os servare che il rosajo non poteva conservare la sua vaghezza se non fosse esposto ai raggi del sole.

“Sì, sì, disse Maria. Adunque lo riporremo sul nostro tavolino affatto nuovo. Oh quanto sono contento d’essermi acquistato questo mobile! la nostra rosa vi apparirà come in trono ancor più bella.„

E mamma Stefens, deponendo il suo lavoro, tagliò un vecchio giornale in modo che parte servisse a levare il contatto del vaso coll’elegante tavolino, e parte ne lo avvilupasse vagamente.

“Così, disse Maria, seguendo con attenzione tutti i particolari di quell’opra; ma no, da questo lato non si scorgono tutte le gemme che sbucciano. Un po’ più da questo lato..., ancora un poco... Così va bene.„ Ed allora Maria prese ad aggirarsi attorno al rosajo per ammirarlo in tutte le sue posizioni, e guidò la madre da dove appariva meglio in tutta la sua pompa. “Che bel cuore ha la signora Fiorenza! disse la giovinetta seguitando ad assaporare la sua gioia infantile; quanta bontà d’averci fatto dono di questo rosajo! Non si rimase contenta d’averci regalato tante cose! Ma il più bel regalo è questo, perchè è sicuro indizio che ha pensato a noi, e ben comprendeva di quanta gioja ci sarebbe stato un tal dono. Quanti pochi, non è vero o mamma, sanno agire in tal maniera?„ [p. 258 modifica]

Ma quel dono del cuore non doveva rimanersene allo stato di atto isolato ed invisibile; nodo fra il presente e l’avvenire, doveva rivelare immediatamente la sua virtù misteriosa.

In un freddo meriggio di primavera, un giovane di bell’aspetto, dalle nobili maniere, con aria graziosa entrò dalla signora Stefens per pagare l’importo d’alcuni articoli di biancheria che aveva comandato. Nell’atto di andarsene sostò colpito ad un tratto alla vista del magnifico arboscello.

“Che bel rosajo! esclama.

— Sì, disse la piccola Maria, ci fu regalato da una signora più graziosa e più bella di lui.

— Ah, disse l’estraneo alquanto commosso, e volgendo altrove i grandi occhi neri, ed in quale occasione vi fece un dono così grazioso, ragazza mia?

— Perchè siam poveri, mia madre inferma, e noi non possiamo mai procacciarci nulla di così grazioso. In altri tempi avevamo un giardino ed amavamo i fiori assai, come li amiamo ancor di presente. Madamigella Fiorenza seppe ciò e ce ne fece dono.

— Fiorenza sclama lo straniero.

— Sì, Fiorenza l’Estrange, un’assai bella giovane.

Ci avevan detto che fosse una straniera, ma parla inglese come tutte le altre signore e con un’accento ancor più dolce.

— Ell’è qui dunque? abita in questa città? disse con premurosa insistenza il bel giovinotto.

— No; ella partì, or fa qualche mese ma soggiunse, nel vedere quanto quella partenza l’attristasse: Voi potrete saperne conto da sua zia, la signora Carlisle ontrada ***.„ [p. 259 modifica]

Qualche tempo dopo, Fiorenza ricevette una lettera, il cui carattere le fece trasalire. In molti anni della sua tenera età, passati in Francia, aveva appreso a conoscere quella scrittura. Aveva amato, come una donna dell’indole sua sa amare; ma erano insorti ostacoli da parte de’ parenti, e degli amici; quindi una lunga separazione, una lunga e dolorosa incertezza, finchè aveva creduto che l’Oceano fosse diventato fra lei e l’amante un’insormontabile barriera e quel pensiero aveva leggermente impresso sul suo giovane fronte un marchio di tristezza.

— Ma da quella lettera rilevava ch’egli era vivo! —

Come il ruscelletto nascosto fra la verzura svela la sua esistenza dall’abbondanza e dalla freschezza della vegetazione che corona le zolle bagnate dalla sua placida onda, così un tratto di bontà, compiuto nell’ombra, aveva rivelate le traccie della benefattrice. Sollevò quindi il cuore al Signore, e sperò.