Il gondoliere veneziano/Nota storica

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Nota storica

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Parte II
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NOTA STORICA.

Partito da Feltre sulla fine del settembre 1730, il Goldoni si recò a Bagnacavallo dov’ebbe il dolore nel gennaio di perdere il padre. Si stabili poi a Venezia e, ottenuta la laurea, potè indossare nel maggio del 32 la toga d’avvocato. Pochi mesi dopo abbandona improvvisamente la patria e va a Milano.

Tutti ricordano quale fine facesse nel caminetto dell’albergo del Pozzo, in una delle ultime sere del carnevale 1733, la povera Amalasunta, dramma lirico del giovane dottor veneziano. Sappiamo pure dell’arrivo a Milano dell’onorato ciarlatano Bonafede Vitali, detto l’Anonimo, con la sua compagnia volante di comici. Rileggiamo le memorie del Goldoni stampate nel primo volume della presente edizione: "Eranvi nella compagnia dell’Anonimo due o tre persone che cantuzzavano passabilmente, ed eravi un suonator di violino veneziano, che montava in banco cogli altri e sapeva compor di musica. Mi pregarono di comporre un Intermezzo a due voci. Lo feci; il suonator di violino vi fece la musica. Lo cantarono nel teatro, e fu applaudito. Il Barcarolo Veneziano era il titolo dell’Intermezzo. Lo troverete stampato nel quarto tomo delle operette mie musicali" dice alludendo alle Opere giocose edite dal Tevernin. " equesto è il primo componimento ch’io ho lavorato pe’ comici, ed il primo che ho esposto al pubblico, pria sulle scene, e poi colle stampe" (pag. 80).

Lo stesso racconto è ripetuto, press’a poco, nelle memorie in lingua francese (P. I. ch. 29) dove però si scambia il nome Tevernin con quello del Pasquali. Il titolo poi dell’intermezzo nella prima stampa era questo in dialetto:

I SDEGNI | AMOROSI | TRA | BETTINA | Putta de Campielo E | BULEGHIN | Barcariol Venezian | In Lengua Veneziana - In Milano, MDCCXXXII. Nella R. D. Corte, per Giuseppe Richino Malatesta | Stampatore Regio Camerale | Con licenza de’ Superiori. In 16, pp. 16 num. (L’esemplare di questo rarissimo libretto, che potei vedere per la gentilezza del comm. Tomaso Gnoli, appartiene alla biblioteca Braidense di Milano e proviene dalla Raccolta Drammatica Corniani Algarotti).

Non si chiamava dunque il Barcarolo Veneziano, come si legge nelle memorie italiane, nè il Gondoliere Veneziano, come dice l’autore nelle memorie francesi e come ripete nel Catalogue des pièces alla fine dell’opera, e nemmeno il Gondoliere ossia gli sdegni amorosi, come trovasi nell’edizione Zatta. Nell’edizione Tevernin, dove fu l’intermezzo ristampato per la prima volta, nel 1753, del lungo titolo originale rimase solo il principio: I sdegni amorosi. Ma un problema ben più serio solleva la data della prima stampa, 1732: la quale sconvolge tutto il racconto del Goldoni. Secondo tale data, I sdegni amorosi sarebbero stati scritti a Venezia, prima dell’Amalasunta, prima del famoso lunario o almanacco: L’esperienza del passato fatta astrologa del futuro; e sarebbero stati recitati a Milano dalla compagnia dell’Anonimo o [p. 74 modifica] da altra, nell’estate o nell’autunno del ‘32, prima dell’improvvisa partenza del Goldoni dalla sua Venezia. Non possiamo ammettere l’anno veneto in una stampa milanese (e poi l’anno veneto finiva il giorno 28 febbraio): nè è probabile un errore di stampa. In fatti nell’edizione Zatta, tanti anni più tardi, leggesi dopo il titolo: “Intermezzo di due parti per musica rappresentato la prima volta in Milano nell’anno MOCCXXXIl”. Tale conferma sembra aver molto valore, poichè il testo dell’intermezzo fu ricalcato dallo Zatta sull’edizione Tevernin (non già sull’edizione Malatesta), ma il titolo e la data sono forse tolti dagli appunti inviati da Parigi dal vecchio commediografo.

Credo tuttavia non si possa mettere in dubbio la recita del Gondoliere (o nuova recita che fosse) da parte della compagnia dell’Anonimo, nel 1733, alla presenza del giovane autore, sia che avesse luogo nel gennaio, come afferma Paglicci-Brozzi (Il Regio Ducal Teatro di Milano nel sec. XVIII, dalla Gazzetta Musicale '1893-94), sia nell’autunno, come crede Ermanno von Loehner (nelle note ai Mémoires de M. Goldoni etc., t. I, Venezia, 1883, p. 227). Di Bonafede Vitali (1686-1745), nativo di Busseto nel Parmigiano, ci parla piacevolmente il Goldoni nelle sue memorie italiane e francesi. Quella figura caratteristica di ciarlatano, di comico e di medico, avventuriere onorato del Settecento, che da giovane passò alcuni anni in Inghilterra e visitò tutta Europa dalla Lapponia al Portogallo, rievocò Angelo Pezzana nel vol. II delle sue Memorie degli scrittori e letterati parmigiani (Parma, 1833) e meglio nel vol. V delle Biografie del Tipaldo (Venezia, 1837), attingendo dalle memorie inserite da un nipote dell’Anonimo nella Raccolta di opuscoli scientifici e letterari (tomo III, Ferrara, 1779); e poi, più tardi, il D’Ancona (Bonafede Vitali, l’Anonimo, - Macchietta Goldoniana - in Strenna pei rachitici, Genova, 1889 e in Viaggiatori e Avventurieri, Firenze, Sansoni, 1911): vedansi pure Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani illustri (Genova, 1877) e Rasi, I comici italiani, (vol. II, Firenze, 1905) e, più di recente, con nuove notizie, Bruno Brunelli, Una Macchietta Goldoniana, in Marzocco, 3 luglio 1927). Il D’Ancona cita pure, oltre qualche fonte minore, le Novelle della Repubblica letteraria di Venezia e le Novelle letterarie di Firenze: un cenno trovasi anche in Lancetti, Pseudonimia (Milano, 1836, p. 301), nella Drammatica a Parma di E. Bocchia (Parma, pp. 189.190) e in Parme et la France de 1748 à 1789 di H. Bédarida (Paris, 1928, pp. 17-18 e 35). Proprio nel ‘32 e presso il Malatesta, a Milano, aveva stampato il Vitali la Lettera scritta al suo padrone in difesa della professione del Salimbanco; e nel ‘34 stampò una”dissertazione medico-filosofica" sulle Terme del Masino in Valtellina, dedicata a donna Maria Archinta principessa Trivulzio; e l’anno seguente una commedia, a Bologna, la Bella negromantessa. Ma quali fossero gli altri attori della compagnia (oltre il pantalone Rubini e il primo innamorato Casali e forse Marta Davia, prima donna), quale fosse il violinista compositore della musica degli Sdegni, quali i due cantanti che interpretarono i personaggi di Buleghin e di Bettina, non ci riesce di sapere.

Questa farsetta composta dal Goldoni a venticinque anni, divisa in due sole parti (o intermezzi), di due soli voci, tutta in dialetto, è nella sua brevità più viva e più originale della Cantatrice, e quasi più franca, sebbene [p. 75 modifica]rappresenti anch’essa un semplice tentativo con cui il futuro commediografo inizia modestamente la sua gloriosa opera sui teatri pubblici italiani. Venezia riempie sola le ridenti visioni di quest’arte giovinetta (su questa primissima traccia d’ambiente e di carattere veneziano nel Gondoliere insiste a lungo la signora Marchini-Capasso, nel libro su Goldoni e la commedia dell’arte, Napoli, 1912, pp. 57-59 e 160-164). Buleghin è il " barcariol venezian” buono ma debole, che vuol bene alla sua Bettina ma non sa resistere alla tentazione del giuoco ("Sento el ziogo che me chiama - E Bettina che me brama”) ed è anche un tantino bulo, "Ma col sente un po’ de zente - El ze el primo a tacchizar”: tuttavia non riesce odioso, perchè, a modo suo, ama sinceramente la Bettina ("Bettina lassarte ecc.”), impetuoso nei suoi pentimenti e ingenuamente buffonesco ("Ferma, Bettina cara, no andar via - O del mio cuor fazzo una beccaria” "Perdóneme, mio cuor, anca sta volta, - E se de castigarme ti ha piaser, - Per castigo deventa mia muggier”). E la buona "putta de campiello”, che ha già il nome e l’anima d’un’altra più famosa Bettina, sorride e perdona perchè crede nei miracoli del cuore (Ortolani, Settecento ecc., Venezia, 1905, p. 420). Anche il Maddalena vede "in embrione” negli Sdegni amorosi quel "poema d’amore e di sacrificio” che formano, come dice il Masi, la Putta onorata e la Buona moglie; e il motivo principale, cioè "il conflitto fra la passione del giuoco e l’amore” ritrova nella commedia del Qiuocatore (Giuoco e giocatori nel Teatro di Goldoni, Vienna, 1898, p. 35). Ricorda pure a proposito una canzonetta caratteristica del Settecento veneziano, stampata dal Malamani, con titolo moderno: La medicina del ziogador (v. La Musa popolare, Torino, 1892, p. 75). A Giulio Caprin la Bettina fa rammentare anche la Checchina dei Pettegolezzi delle donne (C. Goldoni, Milano, 1907, p. 102). Osserva poi la Marchini-Capasso come il Goldoni ripeterà spesso il motivo dell’amore costante della donna che ingannata e consapevole, conserva pure il suo amore ecc.” (1. c., p. 164). Bene poi avverte nel suo Goldoni il Chatfield-Taylor che l’amore di Buleghin e Bettina "non ha nulla che fare con l’artificiosa sentimentalità della commedia francese d’allora. Anche il linguaggio, benchè la piccola composizione sia in versi, è quello delle calli, e si può ben dire che in questo scherzo si sente chiara, se anche debole, la prima nota del realismo drammatico goldoniano" (dalla vers. italiana, Bari, 1927, p. 25). L’"elemento popolaresco” non sfugge nemmeno a Mario Penna, il quale nota qualche spunto felice in questo modestissimo intermezzo (Il noviziato di Goldoni, Torino, 1925, pp. 49-50).

A chi studia il futuro commediografo, non è inutile uno sguardo al Gondoliere, dove sono accennati, in una specie d’abbozzo giovanile, elementi d’arte che diventeranno vere creazioni nell’età matura; così quante volte non ritroveremo la gelosia di Bettina? ("So che in tutti i cantoni - Volè far da galante ecc.”). Specialmente nella scena seconda il dialetto ha già più d’una volta il colorito e la gaiezza della commedia goldoniana. Ed è già goldoniano il cuore di questi due umili personaggi; ma una farsetta di quattro brevi scene col solito travestimento, ch’era di legge negli intermezzi, non può reggere a una minuta analisi, come dimostrò di recente Andrea Della Corte (v. il bel libro su L’opera comica italiana nel ’700, Bari, 1923, voi. I, [p. 76 modifica]pp. 44-48: solo è strano che il D. C. creda già marito e moglie Buleghin e la "putta” Bettina, e assegni all’anno 1734 questo intermezzo;) nè merita il Gondoliere, opera ingenua di un giovane ancora inesperto, scherzo privo d’ogni importanza d’arte, che se ne faccia il confronto con altre creazioni teatrali. Tuttavia non direi che gli Sdegni amorosi rappresentino "un indifferente bisticcio”, che il travestimento di Bettina, ammesse le consuetudini del teatro, sia "un trucco balordo” e che la pace fra i due amanti riesca "insipida” (l. c., p. 55). Questo poi è certamente falso che nel Gondoliere s’incontri "un linguaggio che si sforza di diventar popolaresco” e nella Serva padrona (1733) "un dialogo veristico e colorito”: poichè la superiorità del dialetto goldoniano, magnifico fin d’ora per naturalezza ed arguzia, sull’impacciato e spropositato linguaggio italiano del Federico appare manifesta a qualunque lettore.

Non era nuovo il titolo di questa operetta. Oltre l’Amoroso sdegno, notissima favola pastorale di Francesco Bracciolini (st. 1597 a Venezia) si ricordano gli Amori sdegnati, altra favola pastorale d’un Cirillo Pameno (Trani, 1636), gli Sdegni placati, commedia d’Ottaviano Janida (Napoli, s. a.), gli Sdegni d’amore, musicati dal maestro Bonini (Bologna, 1640), la Siringa ovv. gli Sdegni d’amore di Niccolò Zoppio Turchi (Bologna, s. a.), lo Sdegno superato da amore del dott. Rainieri Cenci (Bologna, 1691), Amor vince lo sdegno, opera in musica (Roma, 1692), Orismene ovv. Dalli sdegni l’amore di Carlo de Palma, con musica di Leo (Napoli, 1726), e finalmente, per tacere d’altri ancora, gli Sdegni cangiati in amore dell’abate Silvani, recitato a Venezia nel 1725 con musica del Buini (e già prima sotto diverso titolo: v. Allacci e Wiel). Sdegni amorosi' s’intitola pure uno scenario del famoso Gibaldone comico donato da B. Croce alla Biblioteca Nazionale di Napoli, edito da C. Levi nella Rivista Teatrale Italiana, anno XIII, fasc. 6 (25 XII 1914). Una commediola in un atto di G. Militotti, Gli sdegni per amore, musicò più tardi a Napoli nel 1776 il Cimarosa. Non parliamo poi dei dispetti d’amore, comuni a tutti i teatri in ogni tempo. Ma il Goldoni più che sdegni o dispetti cercò di ritrarre il carattere del giovane barcariol sedotto daj gioco (come troppe volte il nostro dottorino) e quello della fanciulla a lui affezionata: sì che possiamo avvertire fin da principio la sua inclinazione naturale a lasciar da parte i tipi della caricatura, ormai comuni, per rivolgersi con simpatia, anche negli intermezzi, alla sincera pittura del popolo. Per questo noi preferiamo il titolo più originale e caratteristico di Gondoliere veneziano, che alla farsetta assegnò l’autore da vecchio e che sempre le resterà.

G. O.