Il guarany/Parte Prima/Capitolo X
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CAPITOLO X.
IL BAGNO.
Il dì seguente, ai primi albori del mattino, Cecilia aperse la porticina del giardino e avvicinossi allo steccato.
— Pery! diss’ella.
L’Indiano comparve all’ingresso della capanna; e corse allegro, ma timido e sommesso.
Cecilia si assise sur un sedile d’erba, e a gran stento riuscì ad assumere un’aria di severità, che di quando in quando quasi tradivasi per un sorriso ostinato che volea prorompere dalle labbra.
Affisò un momento sull’Indiano i suoi grandi occhi azzurri con un’espressione di dolce rimprovero: poscia gli disse in un tuono più di lamento che di rigore:
— Sono molto in collera con Pery!
— Tu, signora, in collera con Pery! Perchè?
— Perchè Pery è cattivo e ingrato; e in vece di rimaner da presso alla sua signora, va a cacciare con rischio della vita! disse la fanciulla risentitamente.
— Cecy desiderava vedere una tigre viva!
— Non posso dunque scherzare? Basta ch’io desideri una cosa, per fare che tu corra come un folle in cerca di essa?
— Quando Cecy desidera qualche bel fiore, Pery non va a coglierlo? dimandò l’Indiano.
— Ci va, sì.
— Quando Cecy ode cantare il soffrer1, Pery non va a prenderlo?
— Che vuoi dir con ciò?
— Poichè Cecy desiderò vedere una tigre, Pery andò a prenderla.
Cecilia non potè reprimere un sorriso udendo quel rozzo sillogismo, cui il linguaggio ingenuo e conciso dell’Indiano dava una certa poesia e originalità.
Ma era decisa di conservare la sua severità, e di garrirlo per l’affanno che le avea cagionato la sera innanzi.
— Questa non è una buona ragione, continuò ella; un animal feroce è forse la stessa cosa che un uccello, e si coglie un fiore?
— È tutto lo stesso, da che ti arreca piacere, signora.
— Ma dunque, sclamò la fanciulla in atto d’impazienza, se io ti chiedessi quella nuvola?...
E accennò ai bianchi vapori che passavano per l’aria, ancora avvolti nelle pallide ombre della notte.
— Pery andrebbe a prenderla.
— La nuvola? domandò la fanciulla maravigliata.
— Sì, la nuvola.
Cecilia credette che l’Indiano avesse perduto il cervello; egli continuò:
— Colla differenza, che siccome la nuvola non è della terra, e l’uomo non può arrivarla, Pery morrebbe e andrebbe a chiedere al Signore del cielo la nuvola per darla a Cecy.
Queste parole furono dette con quella semplicità, con cui parla il cuore.
La fanciulla, che avea dubitato un istante della ragione di Pery, comprese tutta la sublime annegazione, tutta la delicatezza di sentimento di quell’anima incolta.
La sua finta severità non potè più resistere; lasciò aprire i suoi labbri a un sorriso divino.
— Obbligata, mio buon Pery! tu sei un amico devoto; ma non voglio che arrischii la tua vita per soddisfare a un mio capriccio; sibbene che la conservi per difendermi, come già facesti altra volta.
— Signora, non sei più in collera con Pery?
— No; quantunque dovrei esserlo, perchè Pery ieri fece affliggere la sua signora per tema che fosse morto.
— E Cecy fu triste? sclamò l’Indiano.
— Cecy pianse! rispose la fanciulla con graziosa ingenuità.
— Perdona, signora!
— Non solo ti perdono, ma voglio anche farti un presente.
Cecilia corse alla sua camera, e recò il bel paio di pistole che avea commesso ad Alvaro.
— Guarda! Pery non desiderava avere un paio di queste armi?
— Molto!
— Dunque eccole! Tu non le abbandonerai mai, perchè sono un ricordo di Cecilia, non è vero?
— Oh! il sole lascerà prima Pery, che Pery le pistole.
— Quando correrai qualche pericolo, ricordati che Cecilia te le diede per difendere e salvare la tua vita.
— Perchè è tua, non è così, signora?
— Sì, perchè è mia, e bramo che la conservi.
Il volto di Pery raggiava di una gioia immensa, di una felicità ineffabile; mise le pistole alla cintura di penne, e levò il capo orgoglioso, come un re che avesse ricevuto l’unzione divina.
Per lui quella fanciulla, quell’angelo biondo dagli occhi azzurri, rappresentava la divinità sulla terra; ammirarla, farla sorridere e vederla felice era il suo culto; culto santo e rispettoso, in cui il suo cuore versava i tesori di sentimento e di poesia, che riempivano quella vergine natura.
Isabella entrò nel giardino; la povera fanciulla avea vegliato tutta la notte, pareva che il suo volto ancora conservasse le traccie di alcuna di quelle lagrime ardenti, che scaldano il seno e bruciano le guancie.
La fanciulla e l’Indiano neppur si guardarono; avversavansi reciprocamente; era un’antipatia, che avea cominciato fin dal momento che si videro, e che cresceva ogni dì.
— Adesso, Pery, Isabella ed io andiamo al bagno.
— Pery ti accompagna, signora?
— Sì; ma colla condizione che Pery abbia a starsene ben cheto e tranquillo.
La ragione per cui Cecilia imponeva cotesta condizione, sarebbesi tosto compresa da chi avesse assistito a una di quelle scene, che accadevano quando le due fanciulle andavano al bagno; il che avveniva quasi sempre la domenica.
Pery, col suo arco, compagno indivisibile ed arma terribile nella sua destra, sedevasi lungo la riva del fiume sopra alcuno dei picchi della roccia o sul ramo di qualche albero, e per un raggio di venti passi non lasciava avvicinare persona al luogo ove le fanciulle si bagnavano.
Quando qualche avventuriere trapassava per caso quel circolo che l’Indiano tracciava coll’occhio attorno di sè, dal luogo eminente ove si era collocato, egli lo scopriva sull’istante.
Allora se il trascurato cacciatore vedeva il suo cappello ornarsi d’improvviso d’una penna di guarà volata per l’aria sibilando; se mirava una freccia rapirgli il frutto che la mano stava per cogliere; se arrestavasi atterrito avanti una saetta piumata, che scoccata per elevazione, venia a cadergli a due passi dalla fronte, come per sbarrargli il cammino e servir di limite; non si maravigliava.
Comprendeva immediatamente ciò che questo significava; e pel rispetto che tutti portavano a don Antonio de Mariz e alla sua famiglia, voltava strada, maledicendo Pery che aveagli forato il cappello, e fatto ritrarre con raccapriccio la mano.
E facea bene a dar indietro, perchè l’Indiano nel suo zelo ardente non avrebbe esitato a cavargli gli occhi, affinchè, arrivando alla riva del fiume, non vedesse la fanciulla che si bagnava nell’acqua.
Cecilia e la sua cugina aveano in costume di bagnarsi vestite di un leggiero guarnelletto, che col suo colore oscuro ascondeva interamente le forme del corpo, lasciando tuttavia i movimenti liberi per nuotare e sollazzarsi nell’acqua.
Contuttociò Pery era d’opinione, che sarebbe stata una profanazione il consentire che l’occhio di qualcheduno vedesse la senhora nel suo abito da bagno; egli stesso ch’era suo schiavo, e per conseguente non poteva offenderla perchè sua unica divinità, non si sarebbe permessa una somigliante cosa.
Nell’atto che l’Indiano per la sicurezza della sua rapida vista e la proiezione delle sue freccie manteneva questo circolo impenetrabile a chiunque, non lasciava tuttavia di guardare con scrupolosa attenzione la corrente e le rive del fiume.
Il pesce che guizzava a fior d’acqua e poteva andar ad offendere la fanciulla; una serpe verde, innocua, che si attortigliasse alle foglie degli aguapè; un camaleonte che si assolinasse, facendo scintillare il suo prisma di fulgidi colori; un saguì, ossia bertuccino bianco e chiomato, che si divertisse a far scherzi maliziosi sospendendosi per la coda al ramo di qualche albero, tutto quanto potesse causare un affanno alla fanciulla, l’Indiano lo facea fuggire se lontano, e se era da presso, configgeva l’animale immobile sopra il tronco o sopra il terreno.
Se un ramo trascinato dalla corrente passava, se un poco di terra smottava dal margine petroso del fiume, se il frutto di una sapucaia2, sospesa sopra il Paquequer, staccavasi dal suo gambo, l’Indiano, veloce come il tiro del suo arco, lanciavasi al corso, e arrestava il coco nel mezzo della sua caduta, o precipitavasi nell’acqua dall’altezza di venti palmi e raccoglieva gli oggetti che galleggiavano.
Cecilia poteva esser offesa dal tronco portato dalla corrente, dal frutto che cadeva; poteva impaurire al contatto del limo giudicandolo una serpe; e Pery non si sarebbe perdonato il più lieve affanno sofferto dalla fanciulla per manco di cura.
Infine egli stendeva attorno di lei una vigilanza tanto costante e infaticabile, una protezione tanto intelligente e dilicata, che la fanciulla potea viver tranquilla; certa che se avesse a soffrire alcuna cosa, ciò sarebbe impossibile ad evitare e al disopra delle forze umane.
Quest’era la ragione perchè Cecilia raccomandava a Pery di starsene queto e tranquillo; quantunque ben sapesse di parlare al vento, perocchè l’Indiano farebbe di tutto, per impedire persino che un ape andasse a baciare le labbra vermiglie di lei, scambiandole pel fiore di pequià3.
Quando le due fanciulle attraversarono lo spianato, Alvaro passeggiava vicino alla scala.
Cecilia salutò di passaggio con un sorriso il giovane cavaliere; e discese lievemente seguita dalla sua cugina.
Alvaro che avea cercato di leggere ne’ suoi occhi e nel suo volto il perdono della sua follia della sera precedente, e che non si era accorto di nulla che gli desse a temere, volle seguire la fanciulla e parlarle.
Voltossi per vedere se alcuno da vicino lo stesse osservando in ciò che divisava di fare, e s’imbattè in Loredano, che a due passi di distanza lo guardava con uno de’ suoi sorrisi sarcastici.
— Buon dì, signor cavaliere.
I due avversari si scambiarono due occhiate, che scontraronsi come due lame d’acciaio quando urtano l’una contro l’altra.
In quel momento Pery si avvicinava lentamente, caricando una delle pistole che Cecilia aveagli date pochi minuti innanzi.
L’Indiano arrestassi, e con un lieve sorriso pieno di malizia, prese le pistole per la canna, e ne presentò una ad Alvaro, l’altra a Loredano.
Ambedue compresero il gesto e il sorriso; ambedue si accorsero di aver commesso un’imprudenza, e che lo spirito perspicace del selvaggio avea letto ne’ loro occhi un odio profondo, e fors’anco la causa di quell’odio.
Voltaronsi fingendo di non aver veduto quel movimento.
Pery alzò le spalle, e mettendosi le pistole alla cintola passò in mezzo di loro col capo alto e lo sguardo orgoglioso, e accompagnò la sua signora.
Note
- ↑ È un vago uccello del Brasile, color d’oro, brizzolato d’un nero brillante. Col suo dolce canto imita la parola soffrer (soffrire), ragione per cui i primitivi coloni gli diedero questo nome.
- ↑ Albero altissimo, che porta un frutto della grossezza e della forma di un coco.
- ↑ Albero che cresce a più di cento palmi di altezza, e porta un piccolo fiore d’uno scarlatto brillante; fiorisce in settembre ed ottobre.