Il padre di famiglia/Lettera di dedica

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Lettera di dedica

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Il padre di famiglia L'autore a chi legge
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ALL’ILLUSTRISSIMO

SIGNOR

FRANCESCO HIARCA

SEGRETARIO DELL’ECCELLENTISS. SENATO

e per la Serenissima Repubblica di Venezia

Residente in Milano.


G
RAZIE non cesserò mai di rendere. Illustrissimo Signor Francesco, al carissimo amico vostro il Signor Girolamo Maria Piccini, poiché per il cortese affabile di lui mezzo mi fu data occasione di conoscere ed ammirare l’infinita gentilezza vostra, e goderne di essa li graziosissimi effetti.

Preso a prima giunta restai dalle soavi maniere vostre, tosto che con tal mezzo potei in Venezia della vostra amabile conversazione partecipare; ma indi a poco in Milano, ove per la Repubblica Serenissima di Venezia a sostenere passaste l’illustre grado di Residente, ebbi agio di penetrar più addentro alla grandezza dell’animo vostro, fornito di tante belle virtù, le quali in pochi giorni vi resero e noto e amato e venerato in quella magnifica Città, in cui si distingue, si conosce e si apprezza il merito.

Un ottimo Ministro, che grato si renda alla nazione appresso di cui in nome del proprio Principe gravissime cose a trattare egli abbia, tanto più può rendere profittevole il di lui servigio, quanto più dell’amore e della stima degli uomini può compromettersi.

Quindi è che nell’atto medesimo in cui vi cattivate l’animo de’ Milanesi, scopritori ed ammiratori delle vere virtù vostre, benemerito vi rendete appresso l’Augusto vostro Senato, che sempremai [p. 12 modifica]con ugual fede e zelo servito avete per il lungo corso di diciotto anni continui in Roma, per alcuni altri in Napoli, e in tutti gli altri frapposti giorni della vostra vita, nei gravosissimi laboriosi impieghi della Dominante medesima: ne’ quali fatta avete autentica prova di quella premurosa fedeltà per la Patria, che ereditata avete insieme colla chiarezza del sangue degli Illustri Progenitori, dappoichè sino dal secolo decimoquarto si sono questi per le guerre civili d’Italia trapiantati sotto il Veneto felicissimo Cielo, ove non cessarono mai di produrre uomini per dottrina e probità rispettabilissimi, onde la pubblica riconoscenza in un Fratello dell’Avolo vostro paterno ha rimunerati gl’infiniti meriti loro, ammettendolo alla Ducale Cancelleria, che vale a dire in quell’ordine prestantissimo in cui voi medesimo nato siete e con tanti meriti risplendete.

Dagli Uberti antichissimi di Firenze la vostra Famiglia illustre discende; e fu il terzavolo vostro paterno il quale, eccellente essendo nella Filosofia e Medicina, e nell’Astrologia parimente, fu detto con un grecismo Sophiarca, che eccellenza di sapere significa. Si compiacque egli di ciò moltissimo, lo adottò1 per cognome, e quello degli Uberti a poco a poco si andò smarrendo2, e finalmente accorciandosi la parola, come d’infinite altre s’hanno le tradizioni e gli esempi, Hiarca si chiamarono i maggiori vostri, non però rinunziato avendo agli onori dell’antico ceppo degli Uberti, se per un cotale accidente al nome sol rinunziarono.

Io nel pubblicare col mezzo della stampa le mie Commedie, due cose principalmente prefisse mi sono; l’una, di decorare la mia Raccolta co’ rispettabili nomi de’ magnanimi miei Protettori e Padroni; l’altra di altrui dimostrare la gratitudine mia per li benefizi dalla protezion loro ricevuti. Per ambedue ragioni a voi, Illustrissimo Signor Francesco, questa, cioè l’ottava delle mie Commedie3 consacro; poichè onor massimo le recherà certamente portare in fronte il vostro illustre nome; e tanti sono gli obblighi miei verso la vostra generosità, che del dono che vi presento ho ragione di arrossire. [p. 13 modifica]

Ma poichè gentile siete cotanto, e delle grazie vostre liberalissimo, impartitemi ancora questa, cioè d’accogliere e aggradire la tenue piccolissima offerta che or vi presento, e mi darete per questa via una nuova testimonianza della vostra bontà, ed io nuova obbligazione mi vedrò accrescere inverso di voi, per la quale, siccome per tante altre, con piena venerazione mi protesto di essere

Di V. S. Illustrissima

 Torino, li 15 maggio 17514.

Umiliss. Devotiss. Obbligatiss. Servitore
Carlo Goldoni.


  1. Tutte le edizioni: addotò.
  2. Tutte le edizioni: smarrindo.
  3. Intendi della edizione Bettinelli dove, nel t. II (1751), fu stampata la prima volta questa lettera di dedica.
  4. Questa data è solo nell’ed. Bettinelli.