Il quartiere fortunato/Nota storica
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NOTA STORICA
Non conosciamo la data precisa del presente Intermezzo, nè alcuna stampa prima dell’edizione Zatta (t. 35, cioè t. I, classe IV, 1794). Il Goldoni lo ricorda soltanto nel terzo elenco delle sue opere teatrali, stampate in fine del t. III dei Mémoires (Paris, 1787): Autres pièces de théâtre de M. Goldoni ecc., ma dice, sbagliando: “Intermède en deux Actes”. Nella Nota storica dell’Amante militare (vol. VII delle Opere Complete ecc., pp. 324-5) e in quella della Guerra (vol. XVII) mi parve di poterlo assegnare “con tutta probabilità al decennio 1734-44” e tale ipotesi fu accettata da F. C. L. Van Steenderen nelle appendici bibliografiche edite in fine del bel volume di H. C. Chatfield Taylor, Goldoni - a biography (New York, 1913, p. 629). Oggi oserei senz’altro affermare che il Quartiere fortunato appartiene all anno comico 1743-44 e che fu suggerito al Goldoni non già dalla seconda ma dalla terza guerra di Successione, quando si trovò in Romagna in mezzo agli eserciti belligeranti, dopo ch’ebbe lasciata Venezia nella primavera del ’43.
Questo Intermezzo dimostra una mano ormai esperta ed è un vivo ricordo di impressioni recenti. Se fosse stato scritto a Venezia, quasi certamente se ne conserverebbe il libretto a stampa, o almeno qualche indizio. È da notare che a Rimini, durante l’occupazione austriaca, nella piccola città”asserragliata e munita di trincee", dove case e conventi "rigurgitavano di soldati" e "le strade e i portici erano ingombri di carri, di bagagli, di foraggi", le piazze di cannoni, di palle e di bombe a mucchi, con "sentinelle a guardia", il Goldoni fu incaricato della direzione del teatro nel carnevale 1743-44, com’egli ricorda nella prefazione dell’Amante militare (vol. VII, p. 257) e la prima rappresentazione ebbe luogo la sera del 28 dicembre, col Siroe del Metastasio e coi "balli figurati per intermezzo" (Alfonso Lazzari, C. Goldoni in Romagna, Venezia, 1908, estratto dall’Ateneo Veneto, pp. 62 e 98). È impossibile che all’autore della Pupilla, della Birba, dell’Amante cabala, non venisse la tentazione di comporre un vero e proprio Intermezzo per musica, ispirandosi a certe scenette che tutto dì aveva sotto gli occhi: ciò che non gli costava, com’ebbe a confessare, più di quattro o cinque giornate di lavoro. Il compositore era pronto: quello stesso maestro napoletano Francesco Maggiore che musicò per la famosa festa del 7 gennaio 1744 la Cantata, pure del Goldoni, per gli sponsali del principe Carlo di Lorena con l’arciduchessa Marianna d’Austria (v. Mémoires, parte prima, con note di E. von Loehner, Venezia, 1883; e l’ed. più recente curata dal Mazzoni, Firenze, 1907; ma specialmente Lazzari cit., cap. III). Che poi il maestro Don Ciccio avesse il tempo di scrivere le note e il Goldoni di far rappresentare il Quartiere fortunato non crediamo, poichè non si conosce una stampa riminese del presente Intermezzo e il bravo cronista Ubaldo Marchi non fa cenno di tale recita. Certo fin dal principio del marzo gli Austriaci abbandonarono i quartieri invernali di Rimini per inseguire l’esercito spagnolo che si ritirava nel mezzogiorno; e il Goldoni con la sua Niccoletta prendeva la via di Toscana traverso gli Appennini.
Il Quartiere fortunato ci reca nella prima parte la timida protesta delle popolazioni italiane contro l’invadenza e prepotenza delle soldatesche straniere: ma la vedova Beilinda s’innamora ben presto del galante ufficiale che la consola d’ogni perdita. Della debolezza delle donne italiane nel Bolognese durante l’occupazione spagnola del ’43 ci narra scherzando la satira popolare del tempo (v. Zanetti, cit. nel vol. VII, p. 324). Ma non torna inutile il ricordo di ciò che avvenne a Reggio quarant’anni prima, quando entrarono i Francesi. “Le donne ne divennero pazze” scrive A. Balletti attingendo dalle cronache del tempo: “nobili e popolane si diedero loro in braccio senza ritegno” e perfino i parlatori de’ conventi”riboccavano di belli ufficiali” (L’abbate Gius. Ferrari Bonini ecc., Reggio, 1886, p. 34). Ma partiti i Francesi, ci furono preghiere, penitenze, processioni dovunque. E tale fatto, aggiunge G. Cavatorti, benchè “in proporzioni minori, si rinnovò tutte le volte che milizie francesi occuparono Reggio” (Uno sguardo a Reggio di Lombardia nel Settecento, Firenze, 1903, p. 17).”Ogni donna è impegnata - Con alcun dell’armata, e fanno a gara - Le paesane tutte - D’avere un offizial, sian belle o brutte”: dice anche Goldoni, cioè l’uffiziale Roccaforte.”La nostra fedeltà dura sin tanto - Che durano i quartieri... - Appena son partiti - Dalla cittade i reggimenti nostri, - Amar tornate i paesani vostri; - Ed essi che han bisogno - Di profittar di vostra cortesia, - Si scordan la passata gelosia”.
Del resto per l’argomento questo Intermezzo appartiene a quel gruppo di vecchi drammi e romanzi che dipingono l’amore fra le armi (v. il dramma Amor tra l’armi, musicato da Lod. Busca, Milano e Reggio, 1673; Amor guerriero di Ivanovich, musicato dallo Ziani, Venezia, 1663; e nel secolo seguente: Amor soldato, dramma giocoso di Tassis, musicato dal maestro Felici, Venezia, 1769, e dal Sacchini, Parigi e Londra, 1779; e meglio il Finto pazzo per amore, musicato dal m. Martellari, Venezia, 1779. - L’Albertazzi rammenta un romanzo del Seicento, Amori fra l’arme, del napoletano Fabio Ametrano; più noto quello di Antonio Piazza, Amor fra l’armi, Venezia, 1770-72). Se ne ricordò il Goldoni stesso quando più tardi scrisse il fortunato Amante militare, nel 1751 (v. spec. p. 325, vol. VII) che fu perfino messo in versi (v. Cod. 972, Misc.ea Correr, presso il Museo Civico di Venezia) e poi la Guerra, nel 1760 (v. spec. pp. 433-434, vol. XVII). Non volle nè poteva qui l’autore insistere sulle miserie della guerra stessa e della vita militare quale appariva al nostro popolo servo: anzi ne considera l’aspetto pittoresco e la gioconda apparenza. Non era “uomo di spada” (vol. VII, p. 257), è vero, ma contava tra i suoi parenti un colonnello e un capitano, e anche troppe memorie aveva del fratello suo Giampaolo, alfiere nell’esercito del Duca di Modena. Dei soldati gli piaceva l’allegria, la sanità, lo spirito di ventura (v. anche Lazzari, l. c., p. 66), il disprezzo dei pericoli e della morte.”Quando si more, - Schiavo, signori. - Quando si vive, - Lieti si sta” canta l’amante di Bellinda, e conclude: "La morte è sempre morte, - E meglio muor chi è coraggioso e forte".
Un verso, quest’ultimo, che non si poteva ripeter mai abbastanza agli Italiani di quel tempo. Il nostro Roccaforte (a qualunque paese appartenga, poichè il Goldoni per prudenza non lo fa sapere) non è più l'antico Capitano dei comici dell'arte, divenuto alla lunga noioso: anche se da principio fa la voce grossa: "Io son quell’uom terribile - Che tutti fa tremar", il Settecento lo ha ingentilito e assalta con gaia galanteria il cuore delle donne. Il Goldoni ci dipinge la leggerezza del suo carattere, ma lo rende in qualche punto simpatico. Ha la filosofia del soldato. Ambisce alla gloria militare: "Amano i pari miei - Con eroica fortezza - Prima la gloria e poscia la bellezza". Per lui Bellinda stessa vestesi da soldato, diventa eroica: "Son franca, son forte. - La guerra, la morte - Timor non mi fa". Egli obbedisce sopra tutto all’onor militare ("Amante, è ver, ma buon soldato io sono"), ma non respinge la donna fedele, nè sarà più tardi un marito rustego. Umile cosa artisticamente il Quartier fortunato: tuttavia non merita disprezzo e la lettura riesce anche oggi, almeno in parte, piacevole.
A Firenze fu esumato, non si sa da chi, e rappresentato nel carnevale del 1802 con musica del maestro Stefano Cristiani:
IL QUARTIER FORTUNATO | ̆ossia | LA PACE | Dramma Giocoso per Musica | D’un atto solo | Da rappresentarsi in Firenze nel R. Teatro | degli infuocati | Posto in Via del Cocomero | Nel Carnev. dell’A. 1802. | Sotto la protezione di s. m. lodovico i | Infante di Spagna ecc. | Firenze, 1802. - Nella Stamp. di Gius, di Giovacch. Pagani e Comp. (in-8 piccolo, pp. 18. - Il libretto si trova nella Biblioteca del Liceo Musicale di Bologna).
Ai due personaggi principali furono aggiunti quelli dei due servi, cioè Lesbina e il soldato Fiascone. Naturalmente il testo riuscì alterato, ma il fondo è quello stesso. Quale fosse l'esito non sappiamo, nè chiediamo: certo il Quartiere fortunato ricadde tosto nell’ oblio.
G. O