Il vino di Freisa/Danni che reca il vino di Freisa

Da Wikisource.
Danni che reca il vino di Freisa

../Commento IncludiIntestazione 3 dicembre 2016 100% Da definire

Commento
[p. 3 modifica]

DANNI


CHE RECA IL VINO


DI FREISA

An Piemont a y è d'Autin
     Long, e larg, e senza fin,
     An colina, e ant’i pian,
     4Da dè beive sin ai can.1
As dà nen an tut la Spagna,
     Ant l’Italia, e ant l’Almagna
     Tante vis da Noi piantà,
     8An gran copia sterminà.
Cost pr Noi fa un gran maleur,
     Cha fa pianse sin a ’l cheur,
     Pr rason d’ tanti guai
     12Cha succedo, e tanti mai.
Alla Gent, ch’ant i boccai
     Buttè d’eva a veulo mai
     Prchè a treuvo an quantità
     16D’ gros vin a bon marcà

[p. 4 modifica]

Da li veno ancor le risse.
     Colle ire così fisse,
     Omicidj sensa fin:2
     20Tut deriva da col vin.
Ma ’l mal ecced la msura,
     Pensand a la natura
     Dle Vigne, e d’ij Uvai
     24Lo cha forma un pi gros guai.
Quasi tutte a son piantà
     D’ col Uva scelerà
     Cha fa dventè malavi
     28Tant ’l gof, com ’l savi.
Freisa as ciama col Uvai
     Cha ne causa maggior guai
     Piena d’acid tartaros
     32Bin cattiv, e bin fevros.
A se fait l’esperiment
     Da prsone d’ bon talent,
     Ch’ dl’ sang la part serosa
     36An poc temp la rend calosa.
A se vnusse an cognission
     Che pregiudica ’l polmon,
     Rend ’l sang acrimonios,
     40E j umor bin tartaros.

[p. 5 modifica]

Così ant’ la part nervosa
     (Cosa motbin pressiosa)
     A fa veni dle contrassion,
     44E fa perde ’l so bon ton;
E qualcun d’ parer a ’l è
     Ch’ quaicosa sempre a j è
     D’ spasmodic contrattiv;
     48Tut effet dl’ vin cattiv.
D’ aitr Dottor han osservà
     D’ aitri mai, e a l’han trovà
     Ch’ col vin an buta a dos,
     52E cha intro sin all’os.
Ch’ col acid tartaros
     Trist, cattiv, e acrimonios
     Dla Freisa rusia i dent,
     56Con dolor, e gran torment:
Cha fa veni la scarlatina;
     E petecchie sulla schina,
     Sulla pansa, e tut ’l corp,
     60Com la pules quand a mord.
Cha fa sortì d’ vescìe,
     A forma d’ lantìe
     Bianche, e grise, e circondà
     64D’un bel ros, e porporà.

[p. 6 modifica]

Cha cagiona la miliar,
     Mal in oggi famigliar:
     Tutti mai esantematic:
     68Così diso i Medic pratic.
Cha l’è causa d’ col umor,
     Cha cagiona gran dolor
     Ai pè, ch’as dis podagra,
     72Alle man’ ch’as dis chiragra.
Così pur d’ col salin
     Umoras, cha ven dal vin,
     Cha fa smangè la plassa;
     76Rusia ij os, e la carcassa.
E non sol a rod la pel,
     Ma produv ant ’l servel
     La mingrana, e slurdison,
     80Vertigine, e poc d’ bon.
Rend l’om stupid, e balord,
     Lo fa dventè bin sord,
     E ai scursa bin la vista,
     84Con soa acrimonia trista.
A fa veni bin ros ’l nas,
     Le masselle, col mostas;
     E j oij com na fornas;
     88Cosa a tutti ch’a despias.

[p. 7 modifica]

Alle donne o quanti guai
     Ch’ col vin a produv mai!
     As peul pa nen esprime
     92Nè con prose, nè con rime.
Oltre i mai ch’ a lor cagiona
     Alla propria prsona3
     Ai fa fè d’ masnà rachitic
     96Sirà, guast, e artritic.4
Ma ste cose piene d’ guai
     Pr verità a succedo mai
     Alle donne d’ j’ aitr pajs,
     100Com d’ Spagna, o d’ Paris:
Perchè poche a bejvo vin,5
     O buende a s’ guardo bin
     D’ nen mscelo con ses settim
     104D’ eva pura, o con neu decim.
E sarìa svergognà
     Una donna, e maltrattà
     Sa la vdejso a bejve vin,
     108Com le donne d’ Turin.6
Conservand in part l’ansian
     Bon sistema d’ j Roman,
     D’ cla donna fene fin7
     112Sa la vdio a beive vin.

[p. 8 modifica]

Ma tornand a col Uvai
     Malandrin, e causa mai
     Ca proven da cola vis,
     116Ch’ da noi la Freisa a s’ dis.
I sai nen com a sia andà,
     Ch’ an Piemont a sia antrà
     Una vis così maligna,
     120Cha fa veni pr fin la tigna,
E cha sia dilatasse,
     Senza gnun cha sia dasse
     Dl soven a sradichela,
     124Proibila, o pur brusela,
Com an fait ant j aitr pais
     Cha la guardo com ’l mnis,
     Com ’l tossi, e com velen,
     128E pr lò là veulo nen.
Tant pi ch’ i Medic crio,
     Di, e nuit, e sempre a dio;
     Poc vin, pcit, e bin miscià,
     132Pr bin vive in sanità.
E ch’a riguard le vis
     A dan sempre cost avis,
     Ch’ ant le nostre Comnità
     136Mai la Freisa sia piantà.

[p. 9 modifica]

Aj dev’ esse un ordin ch’ peisa,
     Ch’ a bandis la vis d’ Freisa,
     Bin antic d’ ii venerabil
     140Decurion, e rispettabil.
Av serva donc d’ avis,
     D’ pensè ch’ una tal vis
     L’è un malan, e gran torment:
     144Sterminela interament.
Ma pur trop i sento a di,
     Ch’ ajè d’gent così stordi,
     Poc as curo a fe dl’ bin,
     148Pur cha tiro d’ quattrin;
Poc’ importa ’l dan dl’ mond,
     Pr ampì tutti i lor fond,
     D’ col uva bin tapina,
     152D’ noi tutti la ruina,
Perchè arligna, e patis nen
     Dur, o mairi ch’ a sia ’l tren,
     Ch’ a resist al caud siroc,
     156E ch’ a pieuva pro, o poc;
Ch’ a resist ad ogni vent,
     Alla brina, e a tutti i temp.
     Com a fa ’l cattiv erbagi
     160Da pr tut cha fa bin ragi.

[p. 10 modifica]

E così a vendo ’l vin,
     Pr cavè d’ i bon quattrin,
     Sul marcà a tutti i foi,
     164Ch’ pr lo a divento croi.
Ma color a s’ guardo bin
     D’ assagene d’un tal vin.
     Pr gavesse dal pericol
     168Enonsia ant i aitr articol.
Costa gent a meritrio,
     Pr un pcit castig d’Iddio
     Ch’ ogn’an na gran tempesta8
     172D’l raccolt na feìs la festa.
Com avomne donc da fè,
     Pr tiresse noi d’ affè.
     Dal pericol evident,
     176D’ lasse la pel, e i dent.
Con sti vin andiavolà,
     Trist, cattiv, e scelerà,
     Ch’ ant ’l fior dla bel età
     180Tanti giovo a l’an strossà.
Bsogna fe com a fasìo
     Nostri Vecc, e sempre dio
     I bon Fisic Dottorà
     184Poc vin, pcit, e bin mscià.

[p. 11 modifica]

Bsogna tnì pr cosa sana
     Cambiè l’osto ant la fontana
     D’Santa Barbra gran Tesor,
     Cha vai pi ch’ l’argent, e l’or.9


Note

  1. [p. 12 modifica]Negli Atti di questa Real Società Agraria 1788. Vol. 1. Pag. 255 si declama contro la troppa abbondanza delle viti in Piemonte, e notansi i danni, che ne derivano al fisico, e politico. Nel Giornale Scientifico, e Letterario, e delle Arti, Tom. II. part. 1 pag. 78, evvi questa veridica espressione: il Piemontese nuota nel vino. Nella sola Capitale fornita di circa 75000 abitanti entrano annualmente, fatta una comune, circa mezzo milione di brente di vino del paese, oltre molti migliaja di rubbi d’uve per far vino, (senza parlare di migliaja casse di vino forestiere) attesa la grande abbondanza di vino a cagione dello sterminato piantamento delle viti fatto per ogni dove ne’ colli, e ne’ piani, anche in pregiudizio delle terre arative. In Parigi Città fornita di circa novecento mille abitanti si ha notizia, che non entravi tanto vino come in Torino, perchè in Parigi beesi per la più parte il Cidro, (liquore assai men focoso del vino) fatto col sugo di pomi, e il vino d’uva beesi assai coll’acqua temperato, così in Madrid, Londra ec.
  2. [p. 12 modifica]On comte en Piemont environ 900. meurtres par année: ciò trovasi registrato nel terzo tomo pag. 623. del Dictionnaire d’Economie politique, et diplomatique imprimè à Paris 1788. come cosa di gran rimarca, che fa stupore, e non succede [p. 13 modifica]altrove: lo che pur troppo si accosta alla verità, e osservasi tanto dai processi, che dai Cataloghi de’ banditi ec., che specialmente dal vino, e nelle osterie prendono fomite que’ tanti omicidj, a’ quali si potrebbero aggiungere quattro volte tanto di feriti, oltre degli uccisori suppliciati, e ciò attesa l’eccessiva abbondanza di vino in Piemonte a preferenza d’ogni altra parte del mondo, in cui (come da osservazioni, e calcolo dopo le ultime scoperte nelle 4. parti del mondo) di 40. parte degli abitatori di tutta la terra si è conosciuto, che 30 circa usano acqua per ordinaria bevanda, 9. beono infusioni d’acqua in cose pomacee, farinacee, melate ec., e una sol parte bee vino per lo più temperato con acqua; onde il Piemonte si può dire in ciò singolarissimo. Giorgio Cheineo celebre Dottor Fisico Inglese nel Collegio d’Edimborgo, membro della R. Società di Londra nel suo trattato De sanitati tuenda al §. 18 accerta, che ove beesi per ordinaria bevanda più vino, che acqua, abbondano le malattie, e gli individui sono rizzosi, e vindicativi. Solo vino alimenta temperantes vix aqua aut tenuviore quovis potu degustato, experientia teste, inflammato sanguine ampla arthritidis, calculi, rheumatum, febrium ardentium, pleuritidum, variolarum, morbillorum seges, pravorumque affectuum animi, rixis, cadibus, impiis in Deum convitiis furentis comes. Vedi altresì il libro intitolato Danni, che arreca all’umanità l’uso del vino per ordinaria bevanda non sendo assai coll’acqua temperato 1794. presso Ferrero, e Pomba Libraj in principio di contrada di Po.
  3. [p. 13 modifica]Oltre delle migliari, sali, contrazioni, che qui per l’uso del vino sono comuni alle [p. 14 modifica]donne, altri pregiudizj a queste si aggiungono, tra quali, che le rende soggette a gravi perdite, attese le molte anastomosi, di cui è fornito l’utero, facili a rompersi dall’irritamento del calorifico vino; le rende balorde, stizzose, e le fa divenir vecchie, e brutte anche in virilità, perchè, attesa la maggior loro delicatezza fisica, l’uso del vino facilmente le asciuga, corrugga, e infiappisce le parti più flacide, e vapide, come le guancie, e le mammelle, onde divengono mummie anche prima di 40. anni, e si rendono incapaci ad allattare, con loro grave danno, e della prole. È qui antico il proverbio: Donna cha beiv vin a dura dalla seira alla mattin, all’opposto, ove la donna non beve vino, si conserva bella, e vegeta sino alli 90., e anche 100. anni, come delle donne della Laponia, (sebben in paese freddissimo vicino al gelato polo) che non beono vino, ne fa testimonianza il celebre Storiografo Busching. L’eau est la boisson principale des Lapons... une veuve àgèe de 100. ans, & au de-là, treuve des amateurs. Anche in climi caldissimi (non temperati come qui), ove non si bee vino, li corpi degli uomini, e massime delle donne sono bellissimi, come ci accertano i viaggiatori. Ci riferisce anche il celebre Storico Gregorio Letti nella vita di Carlo V Imperadore, che nella presa della Goletta, e Tunisi nell’Affrica, seguita nel 1535, attesa la gran bellezza delle donne Turche Carlo V. ne inviò 50. in Madrid all’imperatrice sua consorte, e sei a sua figlia Margherita in Napoli.
  4. [p. 14 modifica]Ego quoque constantissime affirmare vinum obesse mulieribus ad gignendum fortes liberos... Quis autem nescit Romanas mulieres fuisse abstemias, aique invinias! & ex liberos fortissimos  [p. 15 modifica]pepererunt. Tirequeau in Leg. XV. Gloss. part. i. vale a dire, ardisco affermare costantemente, che il vino usato dalle donne per ordinaria bevanda, loro impedisce di dar alla luce prole ben sana, e robusta... E chi non sa, che le Romane donne non beveano vino, perciò davano alla luce figliuoli robustissimi! lo che confermato viene dai Dottori fisici, e dalla sperienza.
  5. [p. 15 modifica]Chi ha girata l’Europa lo può accertare; e senza andar lungi, nel sol Regno di Sardegna una figlia stenterebbe a maritarsi, se fosse colta a bere vino.
  6. [p. 15 modifica]Nel volere offerire un Piemontese sedendo a mensa nella Città di Lione ad una Signora Francese del vino, ebbe da essa in ringraziamento dell’offerta queste parole. Nous bevons pas du vin, comme font les femmes a Turin.
  7. [p. 15 modifica]Nelle leggi antiche Romane evvi questa: si mulier vinum biberit, uti adulteram puniunto, cioè se la donna beverà vino, sarà punita come adultera. Egnazio Metello uccise a colpi di bastone la consorte, che la sorprese a bere vino; così ci rapportano molti celebri Autori, tra’ quali Alessandro di Alessandro de victu Romanorum lib. 3. cap. ii., e ciò a cagione de’ grandi danni, che arreca il vino alla donna, e alla generazione umana, che da essa ne procede.
  8. [p. 15 modifica]Il P. Gaetano Maria da Bergamo gran Maestro di spirito nel suo trattato intitolato: Esame pratico sopra il vizio dell’osteria, dopo di aver dimostrato i grandissimi danni, che dalla troppa odierna abbondanza introdotta delle vigne ne derivano all’umanità, così soggiunge a pag. 6. E chi non direbbe essere adesso quasi a tal termine di doversi rendere grazie alla provvidenza di Dio, qualora manda tempeste a rovinare le vigne? [p. 16 modifica]Penso non ingannarmi a voler dire, che questi siano favori della divina misericordia, che nel togliere l’abbondanza del vino, toglie l’efficace occasione ad uno sterminato numero de’ peccati... In un senso mondano la buona vindemmia è l’istesso, che buona entrata, ma chi ha senso savio, e cristiano deve altresì giudicare, che il dimandare a Dio quell’abbondanza di vino sia lo stesso, che domandare eccitamenti ad offenderlo. [p. 17 modifica]
  9. [p. 16 modifica]I benefizi grandi ricevutisi dall’uso dell’acqua della Fontana detta di s. Barbara sono innumerabili, e sonosi anche esposti con voti stati appesi alla medesima Fontana, alcuni de’ quali tono i seguenti.

    Haec non mille, ut jam bene quidam scripserat olim,
         Innumera ast aufert corpore lympha mala.
    Laudaror non mentitur, verum esse probabit
         Quod fuit, hac sanus quam cito facrus aqua.
    Qui cupit incolumis producere Nestoris annos;
         Et validos natos progenuisse suos:
    Huc veniat mane, & grandi bis pixide potet,
         Quem pariter server sole cadente modum.
    Praestantes urbis Rectores este beati.
         Hic fons mirandus si mage cultus erit.

    Altro.


    Heus! valeat collis majoris flammea lympha,
         Et valeat pariter quaeque salubris aqua.
    Haec tua prae cunctis excellit Barbara Sancta;
         Nam ferme innumeras abstulit ista lues:
    Si quis forte fuit, qui nostram hanc improbet undam.
         Hinc procul, ut sacris, iste profanus erit.

     [p. 17 modifica]Oltre di che le qualità singolari di quest’acqua sonosi manifestate colle analisi state fatte dalla medesima per commessione degli Illustrissimi Signori Decurioni di questa Dominante dal rinomato Chimico signor Gioanni Gioberto membro di questa Real Accademia delle Scienze, e della Società Agraria. Merita pertanto questa Fontana di essere gelosamente custodita, ristorata, ampliata, e ornata ad uso universale.