In risaia/XXXI

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XXXI

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XXX Il folletto

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XXXI.

Uscita la sorella, rimasto solo colla sposa, ed incoraggiato dalle carezze di lei, Pietro le aveva narrato piangendo le sue gelosie, i suoi timori, la sua disperazione, ed il proposito orrendo di uccidersi.

Erano commossi. Ed in quell’intimità infinita che lega gli sposi, in quelle prime lacrime, versate insieme, si sentivano profondamente felici.

Ad un tratto s’udì bussare con furia all’uscio, e la voce di Pacifico gridò:

— C’è qualcuno alzato?

— Sì, ci sono io, disse Pietro scostandosi in fretta dalla moglie, e correndo ad aprire.

— Venite con me. Temo che ci siano i ladri nella mia camera, ci vedo un lume, ed ho lassù la bambina.

I due uomini s’affrettarono su per la scala, [p. 210 modifica]e la Rosetta, che era coraggiosa, li seguì in silenzio.

Pacifico spinse l’uscio, e rimase immobile dallo stupore. Vide una lucerna sulla cassa ai piedi del letto; e la Nanna inginocchiata presso la culla della bambina.

Pietro si fece rosso come una vampa al vedere la sorella, di notte, nella camera d’un uomo, e le gridò con mal garbo:

— Nanna, cosa fai qui?

— Sto guardando il mio dono di ceppo, e ne ringrazio il Signore, disse la Nanna alzandosi. S’è ricordato anche di me, sebbene sia vecchia e brutta; e mi ha mandato questa bambolina; e mi ha dato un cuore di mamma per volerle bene. Non è vero, Pacifico, che debbo essere la sua mamma?

Pacifico nell’eccesso della gioia corse a lei colle braccia stese come per abbracciarla. Ma non osò fare quella scenata davanti a tutti, e, lasciandosi cadere le braccia penzoloni, rimase come istupidito a guardarla a bocca aperta. [p. 211 modifica]

La Rosetta fu la sola che comprese tutto. E colla sua bontà spontanea, abbracciò la Nanna e le disse:

— Iddio ti benedica, Nanna, per quello che fai a questa bimba, ed a questo pover’uomo che ti vuol tanto bene.

— Oh sì, per me vi voglio bene, disse Pacifico.

— Davvero? domandò la Nanna con un lampo di gioia nello sguardo.

— Non lo sapete forse? Non vi ho forse già domandata per moglie? Siete stata voi che non mi avete voluto.

— Ma per la bambina, mi avete domandata.

— Per la bambina, ed anche per me.

— E dicevate che ero vecchiotta e punto bella.... disse la Nanna con un po’ d’ironia, incapace di sacrificare quel meschino risentimento, alla bella parte che stava rappresentando.

— Ebbene, rispose Pacifico, senza curarsi di disdire quelle parole per cortesia, a me piacevate così. Di vecchiotte e punto belle se [p. 212 modifica]ne trovano tante. Ma avete ben veduto s’io ne ho cercata un’altra. Sarei stato sempre solo, guardate.

E, curvandosi per non essere udito, soggiunse:

— È da quando ci trovammo in risaia che vi voglio bene.

La Rosetta capì che avevano bisogno di restar un momento soli, e dando un urto col gomito al marito, gli accennò di uscire con lei sul balcone.

Allora la Nanna, con un’espressione di civetteria, che dissimulava male l’ansietà di scoprire quanta parte d’amore le fosse ancora dato sperare da quello sposo, disse:

— Mi volevate bene, e ne avete sposata un’altra?

— L’ho sposata, perchè ho dovuto sposarla, Nanna. Ora posso dirvelo, dacchè lei è morta, e voi sarete presto la mia donna. Quella poveretta, requie per l’anima sua, s’era trovata con mio fratello in una di quelle ri[p. 213 modifica]saie del Piemonte, dove giovani e ragazze lavorano appaiati alla trebbiatrice. E neanche i riguardi dell’onestà ci avevano in quella fattoria. Uomini e donne dormivano sullo stesso fienile. E, capite... Quei due ragazzi si volevano bene.... Basta; dopo i lavori a mio fratello toccò d’andare soldato. Aveva prese le febbri in risaia e partì che non era ben guarito. Un po’ di cruccio, un po’ di male vite, chessò io;.... si pigliò un tifo che lo mandò all’altro mondo in pochi giorni. Un pezzo d’uomo!... Basta; quando andai a trovarlo all’ospedale militare, mi disse:

“Quello che mi fa più rincrescere di morire, è quella povera Caterina. Se il suo babbo lo sa, l’ammazza, o me la mette sulla strada.”

— E piangeva che era una compassione. Io pensai soltanto a consolarlo e gli risposi:

“Senti, Michele. Siamo sempre stati buoni fratelli; metti il tuo cuore in pace, che alla Caterina ci penso io.”

— E capite, Nanna; io avrei voluto sposar [p. 214 modifica]voi; ma la promessa fatta ad un moribondo la si deve mantenere. L’ho sposata io, povera disgraziata, e le ho fatta buona compagnia; di rimorsi non ne ho; ma ho sempre voluto bene a voi.

— Ma allora questa bambina....? disse la Nanna quasi in atto di respingere la culla.

— Non ha più nè babbo nè mamma, disse Pacifico in tono supplichevole; ed io le ho preso a voler bene....

La Nanna, co’ suoi pregiudizi da contadina, ebbe un istante di repulsione per quella bastarda. Ma la combattè subito energicamente, ed il cuore trionfò del pregiudizio gretto.

— Ed io pure gliene vorrò, e sarà come se fosse nostra, mormorò curvandosi verso la bimba addormentata e baciandola sulla bocchina socchiusa. Poi soggiunse carezzandole i bei riccioli biondi:

— E non andrà mai in risaia.

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Il domani era una benedizione vedere tutta [p. 215 modifica]quella gente alla mensa di Natale. La Rosetta vezzeggiava il suo rustico uomo come se lo avesse sposato allora. I vecchi erano felici di maritare la figliola. Pacifico.... lasciamo stare. Era sempre a guardare la Nanna colla bocca aperta, e tratto tratto le diceva:

— Dunque sarete la mia massaia? Demonio di ragazza! Se vi siete fatta sospirare! Il letto è pronto; quand’è che comincerete a scodellare la minestra a casa mia? Ed altre tenerezze rustiche in cui metteva tutta l’anima, pover’uomo.

Gaudenzio c’era anche lui; era andato di buon mattino a dar il buon Natale per sentire cosa ne era stato del fiore d’argento, e la Rosetta l’aveva persuaso facilmente.

A conti fatti non era una passione di quelle che logorano il cuore la sua. Aveva un capriccio per quella bella sposa; ma l’idea di sposare quel gioiello di bimba, ed innamorata poi, che lo lasciava trasparire da tutti i pori, gli andò a sangue; e fu un affare concluso. [p. 216 modifica]

Tanto più che la Rosetta lo assicurò d’essere stata a sedici anni sottile come un gambo di canapa. Tutta quella floridezza le era piovuta intorno dai diciassette ai diciotto.

Lui si figurava la sua sposina fra un anno, triplicata almeno, ed era contento, e si dondolava più che mai, e si metteva il cappello tanto sull’orecchio che era un prodigio. E la Lucia era in estasi dall’ammirazione, saltava di gioia, e trionfava col suo bel fiore d’argento nei capelli bruni. Ed esclamava contemplando il ciuffo spropositato dello sposo:

— L’avevo capito da un pezzo io, che parlavate sempre colla Rosetta di me, e che mi volevate dare il fiore d’argento. Oh! se l’avevo capito!

Povero cuore innocente! Non sapeva sotto che tempeste era cresciuto il suo fiore di ceppo.