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Istoria delle guerre vandaliche/Libro primo/Capo XVI

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CAPO XVI.

Ragionamento di Procopio sulla Provvidenza. — Uccisione di Ammata, e rotta delle sue truppe. — Onore accordato dai Massageti ad una loro famiglia, che tale cioè de’ suoi membri fosse ognora il primo a disfidare il nemico alla pugna.


I. Gilimero in questo giorno mandò Gibamondo, figliuolo di suo fratello, con due mila Vandali dalla nostra manca, sperando più di leggieri circondarci se costui da tal banda, egli da tergo, ed Ammata da fronte [p. 363 modifica]venissero contro di noi; ed eran le mosse loro combinate in modo che tutti ad un tempo riunir si dovessero nel medesimo punto. In questa occasione io ebbi ad ammirare come la divina Sapienza valgasi degli stessi nostri intendimenti a compiere i suoi; imperciocchè Iddio antivedendo le cose future può a voler suo disporle, quando in vece l’uomo, bene o male si consigli, non fa che eseguire gli ordini segreti ed infallibili di lui, incapace di comprendere s’esca del sentiero propostosi, o ritto vi corra. E di vero se Belisario non avesse ordinato come io diceva le truppe, mandato innanzi Giovanni con que’ pochi, e prescritto ai Massageti, nella sinistra dell’esercito, d’inoltrare, mai più saremmo riusciti a schermirci dalle vandaliche insidie. Ma quantunque saggio in tutto sia stato il procedere del nostro duce, pure se Ammata avesse meglio colto l’opportunità del tempo, senza prevenirla della sola quarta parte d’una giornata, non sarebbero le bisogne loro andate siffattamente colla peggio. Costui per lo contrario giunto a Decimo in sul meriggio, quando e noi e Gilimero ne distavano ancora, fallì il colpo; nè della sua eccessiva fretta soltanto dovremo noi aggravarlo, ma sì ancora di aver lasciato in Cartagine la miglior parte dei Vandali e di essersi alla testa di quelle pochissime truppe affrontato imprudentemente con Giovanni.

II. Caddero, il confessiamo, nel primo scontro dodici dei nostri più valenti guerrieri, soggiacque però ben presto anch’egli all’egual sorte con grave sconcio dei barbari, che perdevano in lui un duce prodissimo ed [p. 364 modifica]assai utile a questa guerra. Spento il capo furonne di leggieri messe in rotta le truppe, e la costoro fuga scombuiò pur quelle che alla spicciolata, in frotte vo’ dire di venti o trenta individui, traevano da Cartagine al borgo, le quali dalla perturbazione de’ fuggenti immaginando il numero de’ Romani maggiore di quello in realtà era, voltarono di lancio le spalle. Giovanni profittò della vittoria per condurre immediatamente le sue truppe alle porte della capitale, e nel trascorrere questi settanta stadi non meno di due mila nemici, se dobbiamo prestar fede alle congetture, furono morti dalle armi loro.

III. Poco dopo arrivò pur egli Gibamondo con due mila guerrieri nel campo del sale, che trovi a stadj quaranta da Decimo, alla tua mancina tenendo la via di Cartagine, ed affatto spoglio di alberi e di abitatori, non avendovi che sale deposto dalle acque; e quivi appiccata mischia cogli Unni, tutti perirono come prendo a narrare: Tra Massageti eravi tal capitano di poca truppa, di animo però e di corpo eccellente, il quale apparteneva ad una famiglia ricchissima di onori e premi riportati nelle unniche imprese, e co’ molti privilegi avente pure il diritto che alcuno de’ suoi fosse ognora il primo a cominciar la battaglia. Quando pertanto le due schiere stettersi ordinate di fronte egli spronò il cavallo contro de’ Vandali senza patirne danno, sia che questi sbalordissero per tanto coraggio, sia che paventassero agguati; ma io avviso piuttosto ch’e’, novissimi della costoro tattica e sapendoli gente inespugnabile, venissero in quel punto dalla tema del grave pericolo [p. 365 modifica]sopraffatti. Il duce allora tornato a’ suoi: «Qual lauta imbandigione, disse, ne ha preparato Dio quest’oggi!» Alle quali parole avventaronsi tutti contro il nemico, e rottene le fila, non iscontrando resistenza pari al valor loro, diedergli una totale sconfitta.