L'Economico/Capitolo X

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Senofonte - L'Economico (IV secolo a.C.)
Traduzione di Girolamo Fiorenzi (1825)
Capitolo X
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CAPITOLO X.


Udendo io, continuava Socrate, una così savia risposta, per certo, o Iscomaco, dissi, che tu mi fai conoscere una donna di animo veramente virile. E tale ancora, disse Iscomaco, te la dimostrerà un’altra cosa, che ora di lei voglio narrarti, in cui appena mi ebbe ella udito, che tosto si mostrò pronta a ubbidirmi. E quale si fu questa? Deh dimmela, diss’io, perchè troppo più mi è grato di apprendere quale sia la virtù di una viva donna, che se Zeusi mi mostrasse ritratta in pittura una donna di mirabile bellezza. Quindi, Iscomaco seguitò, un giorno vedendola impiastricciata di molta cerussa, onde rendersi più bianca di quello che si fosse, e tinta colla rubrica per comparire più rossa del vero, e con ben alti calzari per mostrarsi maggiore della sua naturale statura, le dissi: come giudicheresti tu, o donna, che io mi ti potessi rendere piú caro nella società de’nostri averi, se quelli che ho te li mostrassi tali quali sono, senza vantarmi di averne di più, e senza nasconderti nulla di quello che possiedo, o vero se mi studiassi d’ingannarti dicendoti di avere troppo più di quello, che io m‘abbia, e ti mostrassi per argento alcune misture [p. 58 modifica]che ne hanno solo l’apparenza, e ti donassi monili di simil fatta dicendoti che sono buoni, e vesti che sembrassero di preziosa porpora, ma fossero di colori falsificati, e di nessun pregio. Ed ella a dirittura interrompendomi, che parole son queste, mi disse, guardati bene dall’esser tale, perchè se così fossi non potrei mai di cuore volerti bene. Ma non è egli pur vero, diss’io, o donna, che noi dobbiamo renderci communi le nostre medesime persone? Lo dicono, diss’ella. Ed anche in questa società come mi ti renderei io più caro, se avendo cura di rendere il mio corpo sano, e robusto, quindi mi ti recassi innanzi con un buon colorito, o pure se tingendomi di minio, e ungendomi colla porpora al di sotte degli occhi, così mi accostassi a te ingannandoti, e facendoti vedere, e toccare i1 minio in luogo della mia pelle. Io nel vero, diss’ella, non toccherei più volontieri il minio che te stesso, nè più mi piacerebbe il colore della porpora che il tuo proprio, nè mi sarebbe più grato di vedere i tuoi occhi risplendere per l’effetto del colore postovi al di sotto, che resi vivaci dalla tua buona salute. E quanto a me ancora fa tuo conto, o donna, disse Iscomaco di averle detto, che non sono più amante nè della biacca, nè del belletto, che di te medesima: e siccome gli Dei ordinarono che i cavalli ai cavalli bellissimi sembrassero, e i buoi ai buoi, e gli armenti agli [p. 59 modifica]armenti, così pure fecero essi parere agli uomini sopra tutto bellissima l’umana figura come ella venne dalla natura formata, senza porvi lisci, nè altre sozzure. Tali frodi poi colle quali cerchiamo di abbellirci potranno forse ingannare alcun estraneo senza che sieno conosciute, ma fra quelli che convivono insieme di necessità dee tosto scoprirsi l‘inganno; perocchè o nel levarsi dal letto vengono essi sorpresi prima che siansi potuti lisciare, o dal sudore, o alcuna volta dalle lacrime si fanno manifesti i simulati colori, o quando si lavano sono veduti quali veramente sono. E a queste cose che mai, diss’io, rispose ella? ed ei: niuna altra risposta mi diede, se non che da quindi innanzi non adoperò più lisci: sempre però si studiava che la sua persona tutta monda, ed in assai decente modo ornata mi si appresentasse, e domandavami se sapessi insegnarle alcuna cosa che la faccesse veramente divenir bella, e non parere soltanto. Allora, o Socrate, io 1e consigliai che non si stesse del continuo seduta a modo di serva, ma che con l‘aiuto degli Dei facesse prova di recarsi quale padrona a visitare i lavori delle tele, o quello che meglio delle altre sapesse adoperare si lo insegnasse, e se per avventura alcuna cosa non hen conoscesse s’ingegnasse di apprenderla: simigliantemente la esortai di andare spesso a vedere il lavorio del pane, e di trovarsi presente quando la [p. 60 modifica]dispensiera misura ciò che dee darsi fuori, e di girare attorno per tutta la casa, riguardando se ciascuna cosa si stia allogata al suo posto. Così mi è avviso che potrai fornire quanto ti si appartiene nel governo domestico, e insieme avrai occasione di andare piacevolmente passeggiando. Buona esercitazione pure ti sarebbe il dar mano alcuna volta a1 lavare, al macinare, allo scuotere le vesti, e le tapezzerie, e quindi a1 riporle; poichè, dissi, chi si va per tali modi esercitando con più diletto si reca poi a mangiare, e più sano si vive, e con verità più bello rende il suo colorito: la bellezza poi dell’aspetto, quando si raffronti colla diligenza della domestica amministrazione, e congiunta si vegga colla nettezza, e solo adorna di oneste maniere, di grandissima potenza si è in una donna ad eccitare di se ferventissimo amore, massimamente se non da alcuna necessità costretta, ma spontanea tu la vegga fartisi incontro a darti aiuto e sollievo. Quelle donne poi che di altro non hanno cura, che di starsene del continuo gravemente sedute ben danno a divedere che sono da agguagliarsi a quelle che si adornano, e lisciano. Ora, concludeva, tu dei sapere, o Socrate, che la mia donna così ha ella appreso a condurre la sua vita, come io ne l’ammaestrai, e come ora ti dico.