L'avvenire!?/Capitolo ottavo

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Capitolo ottavo

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Edward Bellamy - L'avvenire!? (1888)
Traduzione dall'inglese di Anonimo (1891)
Capitolo ottavo
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CAPITOLO OTTAVO




Quando mi svegliai, sentendomi ristorato, mi rallegrò il mio benessere. Le impressioni del giorno precedente, il risveglio, quel trovarmi nell’anno 2000, l’aspetto dalla nuova Boston, il mio ospite con la sua famiglia e tutte le meraviglie di cui s’era parlato, mi riempivano di stupore. Mi pareva di trovarmi nella mia camera e mille immagini della mia vita passata mi vacillavano davanti agli occhi. Mi tornavano alla mente gli avvenimenti del giorno della decorazione, la visita al cimitero, il pranzo in casa di Editta e il prossimo matrimonio. Rividi Editta stupendamente bella, ma il ricordo della lettera scrittami dal capo mastro distrusse la dolce visione. Mi rammentai allora dell’appuntamento e cercando l’orologio, mi persuasi che quella non era la mia camera. Balzai subito dal letto e volsi attorno gli occhi sorpreso ed inquieto e non è possibile descrivere l’angoscia che invase il mio animo trovandomi in quella solitudine, senza sapere dove mi fossi.

Ignoro quanto durò quello stato — mi sembrò un’eternità — Come un lampo però mi tornò la memoria, e compresi; le reminiscenze d’una vita creduta di ieri, appartenevano ad una generazione da lungo tempo passata e distrutta. Il sangue allora mi affluì alle tempia e mi gettai bocconi sul letto dove rimasi privo di sensi. Tornato in me, l’inevitabile reazione di tale crisi mi prostrò nell’abbattimento, con la mente febbrile e l’animo accasciato. Le sensazioni abituali, le associazioni di pensieri, i concetti delle cose e delle persone, tutto era sciolto e si perdeva in un caos inestricabile. La volontà, l’umana volontà soltanto, era abbastanza potente per dire a quel mare tempestoso: «Taci e ammutolisci». Non osavo afferrare un solo pensiero e quello di sentire due persone riunite in me, mi faceva perdere la ragione. Rimanendo in un tale stato, sarei impazzito.

Avevo bisogno di una distrazione. Mi vestii, apersi la finestra [p. 42 modifica]ed uscii. La chiusura della porta di casa dava prova che nella nuova Boston non si temevano i ladri.

Per ben due ore, mi aggirai per le strade della città e specialmente nella parte situata sulla penisola. Soltanto un archeologo che conosca il contrasto esistente fra la Boston del secolo decimonono e l’attuale, può farsi un’idea del mio stupore ad ogni mio passo. La città mi parve completamente straniera.

Un bambino che lasciasse la città nativa e vi tornasse dopo cinquant’anni, troverebbe bensì dei cambiamenti, ma non tali da togliere tutti i ricordi dell’infanzia. Per me invece, che avevo visto la mia città un giorno prima, l’impressione che ricevevo per quella trasformazione era oltre ogni dire indescrivibile.

Finalmente mi trovai dinanzi alla casa dalla quale ero uscito. Credo che i miei piedi mi guidassero istintivamente alla mia antica abitazione, poichè non mi rendevo conto di nulla. Quella casa però mi apparve tanto estranea, quanto qualunque altra della città.

Se la porta ne fosse stata chiusa, non sarei entrato, pensando di non averne il diritto; ma essa cedette alla mia mano, e con passo incerto penetrai nell’appartamento. In quella solitudine mi sentivo male. Provai il bisogno di parlare con qualcuno ed in quell’istante giunse il soccorso.

Udii il fruscio di una tenda ed alzai gli occhi. Editta Leete stava dinanzi a me.

Sul suo bel viso si leggeva un sentimento di simpatia a mio riguardo.

«Che cosa è accaduto, signor West?» domandò essa. «Io era qui quando voi siete entrato, ho compresa la vostra afflizione e vedendovi sospirare non ho potuto tacere più a lungo. Posso prestarvi qualche aiuto?»

Essa, parlando, stese le mani involontariamente ed io l’afferrai e le strinsi fortemente come un uomo che in procinto di annegare si aggrappa alla corda salvatrice.

L’espressione di compassione che spirava da’ suoi begli occhi ricondusse in me la calma. La sua presenza mi tranquillò e mi confortò operando in me l’effetto di una bevanda miracolosa. [p. 43 modifica]

«Dio vi benedica» dissi dopo un istante «è lui che vi ha mandata a me. Credo che avrei perduta la ragione se non foste venuta!» e mi vennero le lagrime agli occhi.

«Oh! signor West!» esclamò essa. «Ci avete creduti così senza cuore! Come vi sentite ora? State meglio?»

«Sì,» risposi. «E lo debbo a voi. Posso chiedervi di rimanere ancora?»

«Certamente» mi rispose con una espressione di benevolenza che diceva più di tutte le parole. «Non dovete crederci senza cuore come sembrerebbe, perchè vi abbiamo lasciata solo. La scorsa notte non ho dormito, pensando alle emozioni che avreste provato svegliandovi questa mattina. Mio padre disse che il sonno sarebbe stato lungo e pensò più conveniente non dimostrarvi subito la nostra simpatia ed aspettare che abbiate presentito di trovarvi presso degli amici».

«E questo è vero; ma comprenderete che per me è una scossa fortissima il sentirmi trasportato a cento anni lontano dal tempo in cui vivevo».

«Nessuno poteva immaginare,» continuò essa «che voi sareste uscito così per tempo. Dove siete stato?

Io le raccontai ogni cosa minutamente e la vidi a commuoversi. Una delle sue mani si era liberata dalle mie, ma non osava ritirarmi l’altra, poichè sapeva di procurarmi un conforto lasciandomela premere.

«M’immagino.» disse essa, «quanto avrete sofferto, e pensare che eravate solo in questo combattimento! Ce lo perdonerete mai?»

«Figuratevi! Ma ora tutto è passato. Almeno per il momento, voi avete dissipate tutte le nubi».

«E, spero, che non vorrete affliggervi nuovamente?» domandò essa.

«Questo non lo posso dire» ripresi. «È troppo presto per dirlo, specialmente se rifletto quanto tutto qui mi riesce strano».

«Promettete però» continuò essa «di ricorrere, sempre che crederete, a noi, non potremo far molto; ma sarà sempre meglio che restar solo». [p. 44 modifica]

«Se lo permettete, verrò» diss’io.

«Oh sì! sì! ve ne prego» rispose «farò di tutto per aiutarvi».

«Vi prego soltanto di compatirmi» aggiunsi.

«Restiamo dunque intesi. Voi verrete da noi e non andrete più solitario per le vie di Boston, e se verrete», continuò con un accento di vezzosa baldanza «promettetemi di non esser più triste, poichè so che il mondo paragonato a ciò che era ai vostri tempi, è un paradiso, e sono certa che fra poco tempo proverete un profondo sentimento di riconoscenza verso Dio che vi ha tolta allora la vostra vita, per ridonarvela poi in questi tempi felici».