La Faoniade/Parte prima/Inno quarto. Il sacrifizio a Venere

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Parte prima - Inno quarto. Il sacrifizio a Venere

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Inno quarto.

IL SACRIFIZIO A VENERE.


Saffo torna per la seconda volta a Venere, le offre un sacrifizio, e le domanda il di lei cinto per rendersi amabile agli occhi del suo Faone.


     Se a i miei dolenti gemiti
Tuo figlio ancor non cede,
Ecco di nuovo supplice
Saffo al materno piede.
     La sua presenza, o Venere
Che Paffo e Gnido onora,
Di Lesbo a i grati popoli
Volle mostrarsi ancora.
     Quì a te famoso eressero
Gran tempio i tuoi devoti: 1
Quì ancor da lungi accorrono
A offrirti incensi e voti.

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     Innamorata e misera,
Oh quante volte, il sai!
Quest’are tue di lagrime
Pietosa anch’io bagnai.
     Divoto sacrifizio
Al pianto or giungo insieme,
Con esso e con le suppliche
D’impietosirti ho speme.
     Due coppie a te di candide
Colombe, ed altrettante
Di cigni e neri passeri,
Offro divota e amante.
     Sò, che cruente vittime
Il tuo bel cor detesta;
La face tua prolifica,
Vita e non morte appresta.
     Del sangue lor non facciasi
Sull’ara iniquo abuso;
Solo del carro Idalio
Le serberai per l’uso.
     Della tua sferza rosea
Esse non han mestieri;
Vedrai, che scorron rapide
I liquidi sentieri;

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     E da me istrutte e vigili
Infra i notturni orrori,
Seconderanno tacite
I tuoi furtivi amori.
     Pietosa madre accogliere
Miei doni a te non spiaccia:
Apri la man benefica,
E stendi a me le braccia.
     Per me, per me, rammentale,
Pria non avevi a sdegno
Dagli aurei tetti scendere 2
Del tuo paterno regno.
     Se mai provò quest’anima
Fiero dolor funesto,
Se t’invocai propizia;
Diva, il momento è questo.
     Piegar con voci armoniche
Faone, ormai dispero;
Vano è il poter d’Apolline
Contro quel core altero.
     Di tai prodigj insoliti
Capace sol tu sei;
Tu puoi quell’alma indocile
Ridurre a i voti miei.

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     Quel bel trapunto e nitido
Fregio che il sen ti adorna,
Ove con l’alme grazie
Lo stessoFonte/commento: Pagina:Verri - Le avventure di Saffo e la Faoniade, Parigi, Molini, 1790.djvu/15 Amor soggiorna;
     Quel, ch’ogni vezzo amabile
Racchiude in se distinto;
Quello pietosa accordami
Vago mirabil cinto. 3
     Cede ogni cor più rigido
Al suo poter sovrano;
Lo stesso Giove immobile
A quel resiste in vano.
     Con esso in Ida ornandosi
La Dea sorella e moglie,
Di Giove in sen rinascere
Fe’ le sopíte voglie.
     Se a lei rival, magnanima
Ne concedesti il dono;
Io, con più dritto il merito,
Che tua seguace io sono.
     Questo a me presta, o Venere,
E ad onta ancor del figlio,
Questo mi renda amabile
Del mio Faone al ciglio.

Note

  1. [p. 359 modifica]Il tempio di Venere in Lesbo era uno de’ più famosi, e formava una delle pie peregrinazioni di que’ tempi. Vedasi Strabone, e Pausania.
  2. [p. 359 modifica]Saffo ripete in questo, ciò che disse in altro inno alla stessa Divinità, conservatoci da Dionisio d’Alicarnasso. Ecco le sue parole.

         Huc adsis tamen, precibus vocata
         Si meis unquam celer adfuisti;
         Tecta, me propter, quia sæpe linguis
                                  Aurea Patris.

  3. [p. 359 modifica]Veggasi nel Cant. XIV. della Iliade la bella descrizione del cinto di Venere, e la richiesta fattane da Giunone, per richiamar Giove al suo affetto.