La bella selvaggia/Lettera di dedica

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Lettera di dedica

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La bella selvaggia L'autore a chi legge

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A SUA ECCELLENZA

LA SIGNORA

CATTERINA DOLFIN

TIEPOLO1.

S
ICCOME le cose, ancora piacevoli, a tutti egualmente non piacciono, anzi per lo contrario, vedesi il più delle volte prendere alcuno motivo di divertirsi da ciò che recherebbe ad altri noja o dispetto, io che fo studio e profession di piacere, cerco adattarmi quanto più posso ai varj genj delle persone, ed ho guadagnato assaissimo quando mi riesca d’indovinarlo. Alcune si danno, alcuni temperamenti o sistemi, che mettono in disperazione chi si affatica per rilevare di essi il fondo. Oggi ti rappresentano un carattere, domani un altro. Ora vedi quel tale alle cose serie inclinato; tantosto alle più ridicole trasportato, e per guadagnare qualche cosa su tali animi stravaganti, conviene indovinare il pianeta che domina in quel tal tempo, ed è più fortuna che merito il compiacerli. Quando ebbi l’onor di conoscere l'E. V., parvemi di ritrovare in Lei qualche cosa di estraordinario nel modo di pensare, e nella maniera di esprimersi. Perdoni la sincera mia confessione; dubitai da principio se fossero passaggieri o costanti i tratti di spirito maturo e sodo, che le sentiva uscire dal labbro. Avvezzo ad essere dalle apparenze ingannato, con tanti esempi poco onorevoli sotto gli occhi, e da tante voci stordito, che esclamano contro al costume, merito qualche scusa, ed Ella non si può offendere del modo libero con cui favello. Non ardirei di così parlare con chi meno avesse [p. 502 modifica]d’intendimento, quando certo non fossi, ch’Ella è nemica, quant’io lo sono, dell’impostura, e che l'insolente mio dubitare ha stabilita nell’animo mio la certezza del di Lei merito, e la cognizione perfetta delle ammirabili sue prerogative.

Dalla stima vera e costante, che ho concepita per l'E. V., nacque il desiderio mio di piacerle, e la scoperta delle inclinazioni del di Lei spirito m’addita il modo più facile per ottenere un sì onorevole intento. Io le dedico una mia Commedia, e siccome so di essere sì fortunato, ch’Ella delle opere mie si compiace, fino a dichiararsi, che poco amante degli spettacoli a queste sole interviene, mi lusingo che grata le possa essere questa mia umile e rispettosa offerta. Ma min ciò non consiste la speranza mia di piacerle; questa è fondata piuttosto sul carattere della Commedia ch’io le presento; in cui ingegnato mi sono di spargere alcuni semi di buona Filosofia, ch’è il miglior latte, di cui si nutre l’animo di V. E.

Ella vedrà nella mia Selvaggia una Fanciulla incolta, che reggendosi coi soli principi della natura, ama l’onesto, e preferisce la Virtù ad ogni bene. Vedrà Delmira suscettibile degli umani affetti, ma rigorosa ne’ suoi doveri; la sentirà parlare con quel linguaggio, con cui parlerebbero le Donne tutte, se non fossero dal mal esempio sedotte, poiché Natura è madre comune, nè può da per sè sola corrompere i cuori umani. Scorgerà Ella in quest’eroina del nuovo Mondo le belle Virtù, che sono all'E. V. più care, tanto nel di Lei animo perfezionate, quant’ella al docile temperamento ha potuto aggiugnere lo studio e l’educazione. Ella ebbe un Padre, che vive rispettabile ancora ed amato nel cuore di chi lo ha conosciuto. Era ella la delizia dell’Uomo grande, che compiacevasi istillare nel seno della Figliuola le cognizioni migliori, e godea di vederle sì bene impresse, e coltivate, e feconde. L’inesorabile morte troncò a mezzo il corso la di Lui vita, e rendono invidiabile il suo destino le belle lacrime di una tenera Figlia, sì dolcemente espresse in soavissimi carmi. Ella fra gli altri doni ha quello della più succosa ed ammirabile Poesia. Non lasciasi trasportare dalla facilità del verso, [p. 503 modifica]dalla fecondità della rima ad empiere i fogli d’inezie, come pur troppo a’ giorni nostri succede; ma in qualunque piacevole o serio argomento, sa preferire i sentimenti più veri e più forti, adornandoli di chiare e vive espressioni, che invitano alla riflessione e al diletto. Pare a Lei di saper pochissimo, dicendo: non ho studiato. Ma appunto perch’Ella crede di saper poco, sa più di quelli che pensano saper molto. Un picciolo cervelluccio, occupato per la maggior parte di cose frivole e vane, se arriva ad apprendere qualche cosa di buono, si sente pieno, crede di saper tutto, crede che non si possa saper di più. Ma chi ha il cervello esteso, ricco di cellule, che s’aprono solamente all’urto di belle immagini, empiendole a poco a poco di cognizioni e di scienze, sa che ve ne restano ancor di vuote; che vi è materia al mondo per occuparle, e va dicendo: so poco; non ho studiato. Ma di che intende Ella di lamentarsi, dolendosi di non avere studiato? Forse di non avere perduto i primi armi della tenera adolescenza nelle scolastiche applicazioni, atte a tormentare piuttosto che ad erudire? Pare a Lei poco studio quello dei buoni libri su i quali consuma tante ore del giorno? Le sembra non istudiare, parlando, e conversando con genti dotte, di spirito, e di talento? Ha Ella studiato poco in cosa paterna, sotto la scuola di un Genitore si illuminato? Eh, sì, Eccellenza, Ella ha studiato moltissimo, ed ha imparato più che non crede. Lascio le cognizioni scientifiche, colle quali si è sollevata al di sopra del di Lei sesso, ed alla maggior parte del nostro. Non parlerò delle matematiche, delle quali è istrutta; no dell’Istoria, di cui è esattamente informata, nè tampoco farò parola della Poesia che coltiva, delle varie lingue che intende, e legge, e traduce, nè del buon gusto con cui sa scegliere i migliori fonti della letteratura. Prova ch’Ella ha studiato molto è l’abito ch’Ella ha fatto di pensar bene, e di mantenersi tranquilla in qualunque malagevole circostanza. Non anderò più innanzi; il rispetto m’impone silenzio, e mi ristringo a dire ch’Ella conosce il Mondo, e lo sa prendere come viene. Sfido tutte le Scuole, se sanno insegnare di più, e di meglio. Accordo per altro, che non si arriva a far buon uso di ciò che [p. 504 modifica]si è appreso, senza la disposizione di un temperamento felice. Ella lo ha sortito felicissimo dalla natura. Giovane, bella, Nobile, spiritosa e vivace, sa contener tutto ciò fra i limiti di una moderazione e di un contegno particolare. In Lei non trovasi nè vanità, nè orgoglio, nè prosunzione. Il suo tratto ha una dolcezza che incanta, ma un incantesimo che provien dell’ammirazione, si arresta fra i confini del rispetto e dell’amicizia. Ella è affabile, gioconda, amena, ma guai a chi si meritasse il suo sdegno2. La sua Virtù veglia alla custodia di tutte le di Lei amabili qualità, e quanto sa farsi amare, altrettanto saprebbe far arrossire. Vegga un’immagine di sì bel costume nella mia virtuosa Selvaggia, e si consoli veggendo il merito ricompensato, ed aggradisca un dono che sarebbe degno di Lei, se avessi io meglio saputo vestir di grazie un così nobile ed interessante argomento. Se tutte le opere mie hanno l’originario difetto della mano inesperta, approvi almeno il pensiere 3 che mi son preso di scegliere quella che più delle altre le dee piacere, che vale a dire una Commedia fondata, comunque siasi, sulla base della Virtù, dell’onore, e della costanza. Nell’atto di presentare quest’umile tributo del mio rispetto, ho l’onore di protestarmi ossequiosamente

Di Vostra Eccellenza

Umiliss. Devotiss. Obbligatiss. Servidore
Carlo Goldoni.




Note

  1. La predente lettera di dedica uscì in testa alla Bella Selvaggia nella prima stampa della commedia, cioè nel tomo VII del Nuovo Teatro Comico dell’Avv. Carlo Goldoni ecc., edito a Venezia, presso F. Pitteri, nel 1761, benché fin dal ’59 approvato dai revisori.
  2. Tornano qui opportune queste parole di Carlo Gozzi sulla Dolfin: “Il di lei temperamento andava soggetto a degli sdegni contro a chi la offendeva, o contro a chi a lei pareva che la offendesse; ma non ho mai veduto un animo più facile del suo ad essere spogliato dallo sdegno, e da essere riguadagnato da quell’offensore, reale o ideale, che non fosse cervicoso e superbo nel non curar le sue collere”: v. P. Molmenti, Carlo Gozzi inedito, estratto dal Giornale Storico della lett. it. vol. LXXXVII, 1926, pag. 23.
  3. Così scrive il Goldoni.