La chioma di Berenice (1803)/A Gio. Battista Niccolini

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A Gio. Battista Niccolini

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Gaio Valerio Catullo - La chioma di Berenice (I secolo a.C.)
Traduzione di Ugo Foscolo (1803)
A Gio. Battista Niccolini
La chioma di Berenice (1803) Argomento

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A GIOVAN BATTISTA NICCOLINI

fiorentino

Ho tentato di porre in tutto il suo lume il poema di Callimaco per la chioma di Berenice, e mando a te il mio lavoro come premio della tua devozione a’ poeti greci, e come nuovo testimonio della nostra amicizia. Veramente questa impresa presume maggiori studi di quelli che la fortuna e la giovinezza passata fino ad ora fra le armi e l’esilio, mi possono aver conceduto. Pure, se confronterai questo commento e la mia traduzione con quelle degli altri, non avrai, spero, a vergognare per l’amico tuo. E se tu trovassi ch’io possa essere superato da chi verrá, non troverai certamente ch’io non abbia avanzato chi mi ha preceduto. Però, dove io avessi mancato, [p. 4 modifica]

altri più dotto e più curioso di siffatti studi supplisca; ch’io, per me, ho decretato di usare dell’ingegno più a fare da me che a mortificarlo sulle opere altrui. Nè mi sarei accinto a farla da commentatore se in questa infelice stagione non avessi bisogno di distrarre come per medicina la mente ed il cuore dagli argomenti pericolosi1, a’ quali attendo per istituto. Così Catullo sebbene per la tristezza allontanato dalle vergini Muse, tentava nondimeno l’obblio della sua sciagura, traducendo per Ortalo questo medesimo poemetto2. E me pure confortò la brevità di questi versi; e mi strinse la loro meravigliosa bellezza. Non credo che l’antichità ci abbia mandata poesia lirica che li sorpassi, e niuna abbiano le età nostre che li pareggi. Però, dopo averli illustrati, [p. 5 modifica]come io so, mandandoli a te, intendo di mandarli, senza lusinga di gloria, a tutti i giovinetti tuoi pari, come tentativo del metodo di studiare i classici, sole fonti di scritti immortali.

Posterius graviore sono tibi musa loquetur
nostra: dabunt cum securos mihi tempora fructus3.

Se non che de’ nostri studi, come di tutte le mortali cose, tocca a decidere più alla fortuna che a noi. Onde accogli frattanto questo piccolo dono, e vivi memore dell’amico tuo, com’io vivo sempre pieno di te.
Milano, 30 luglio 1803.


UGO FOSCOLO.

  1. Lucrezio, lib. i, vers. 42.
  2. Nella dedica ad Ortalo. Carm. lxiv.
  3. Virg. in Culice, vers. 9.