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La gabbella de la carne salata

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Giuseppe Gioachino Belli

1835 Indice:Sonetti romaneschi IV.djvu sonetti letteratura La gabbella de la carne salata Intestazione 4 maggio 2024 75% Da definire

La medichessa Er fistino de la Bbanca Romana
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835

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LA GABBELLA DE LA CARNE SALATA.

     Cqua er Governo nun vò mmette1 ggiudizzio,
Perché de noi nun je ne preme un’acca.
Cqua er male nostro nun è mmal de bbiacca,2
E sse3 va de galoppo ar priscipizzio.

     Un vizzio suo è cche, ar pijjà, ss’attacca
A li ferri infocati: e un antro4 vizzio,
Che ffórzi5 fa ppiù ppeggio preggiudizzio,
È cche nun paga, o vvò ppagà a la stracca.

     Un presciutto tre ggiuli de dogana!6
E nun era un’idea meno bbisbetica
De maggnasse7 la grasscia sana sana?8

     La Reverenna Cammera Apopretica9
Nun pò annà avanti un’antra sittimana.
Fa ttroppe tirannezze: è ttroppa eretica.

18 gennaio 1835.

Note

  1. Non vuol mettere.
  2. Non è mal da poco.
  3. Si.
  4. Un altro.
  5. Forse.
  6. Il dazio è di due baiocchi a libra. [Tre ggiuli: trenta baiocchi; poco più d’una lira e mezzo delle nostre.]
  7. Di mangiarsi.
  8. [La grasscia, qui vale: “il prosciutto stesso.„ Sana sana: intera intera. In fiorentino, sano per “intero„ non vive che nella locuzione: di sana pianta.]
  9. [La Reverenda Camera Apostolica, che amministrava molto male le finanze dello Stato, e che qui, per ischerno, è detta Apoplettica.]