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La ggiustizzia ingiusta

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Giuseppe Gioachino Belli

1834 Indice:Sonetti romaneschi III.djvu sonetti letteratura La ggiustizzia ingiusta Intestazione 19 gennaio 2025 75% Da definire

Er madrimonio de Scefoletto Io
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834

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LA GGIUSTIZZIA INGIUSTA.

     Nonziggnora: sta vorta,[1] sora Nina,[2]
Fate quìvico[3] voi. Sentite er fatto,
E vvederete poi ch’è un c....-matto,
Che mmerita d’annà a la Palazzina.[4]

     La cosa sta accusì: jjer’a mmatina
Monziggnore me fesce ammazzà er gatto,[5]
Perch’era ladro, e annava quatto quatto
A rrubbajje la carne de cuscina.

     Nu’ lo sapeva lui ch’er gatto mio
Pativa de quer debbole, com’hanno
Tutti li gatti ch’ha ccreat’Iddio?

     Mentre de ladri cqua cce n’è un riduno,[6]
Che rrubbeno quadrini tutto l’anno,
E nnun je disce mai ggnente ggnisuno.

8 aprile 1834.

Note

  1. Questa volta.
  2. Signora Caterina.
  3. Equivoco.
  4. Lo spedale, o, meglio, la carcere de’ pazzi.
  5. [Fece ammazzare il mio gatto.]
  6. Radunamento.