La miseria di Napoli/Parte II - La ricchezza dei poveri/Capitolo V. Ospizio dei Santi Pietro e Gennaro Extra-Moenia, e il Collegio di San Vincenzo Ferreri

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Parte II - La ricchezza dei poveri - Capitolo V. Ospizio dei Santi Pietro e Gennaro Extra-Moenia, e il Collegio di San Vincenzo Ferreri

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Parte II - La ricchezza dei poveri - Capitolo V. Ospizio dei Santi Pietro e Gennaro Extra-Moenia, e il Collegio di San Vincenzo Ferreri
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CAPITOLO QUINTO.

Ospizio dei Santi Pietro e Gennaro Extra-Moenia,
e il Collegio di San Vincenzo Ferreri.


Le riflessioni suggeriteci dall’Alunnato dell’Annunziata confermo pienamente la visita fatta a questi due Stabilimenti, che come il Brefotrofio soggiacquero a quelle riforme che un’intelligente filantropia ha consigliate, guidate e praticate; nè più in là esse possono spingersi, essendo pervenute all’ostacolo insormontabile del rispetto alla volontà dei fondatori,» feticismo sanzionato dalla Legge famosa del 1862 sulle Opere pie.

L’Ospizio, conosciuto sotto il nome di San Gennaro dei Poveri, sulle colline di Capodimonte, è una fabbrica vasta e splendida, sana e amena, tanto che [p. 109 modifica]ci nasce il desiderio di saperlo dedicato a quei poveri tisici condannati a languire e a spegnersi in quel l’orrenda grotta, in quel luogo di dolore che si chiama l’Ospedale degl’Incurabili. Oggi invece serve di ricovero a oblate, a vecchi, a vecchie, a donzelle e a fanciulle.

È vero che l’energico direttore cavaliere Pietro Pezzullo, la cui Relazione sul riordinamento delle Opere pie merita di esser consultata da tutti i riformatori, conseguente al proprio convincimento della necessità che cessi l’Oblatismo, fece quanto per lui si poteva per la segregazione «di tutti gli elementi vecchi destinati a perire, e che costituiscono l’anacronismo dell’epoca presente, da quelli giovani e capaci di essere menati in una vita più conforme alla civiltà dei tempi.»

Egli contino le oblate all’ultimo piano, forse per facilitar loro la contemplazione dei cieli, e intanto separare le giovani generazioni dal loro deleterio contatto. — Abolì i luridi dormitorii, e costrinse i vecchi, ancor abili al lavoro, a pulirsi alquanto e tenere nette le stanze, in cui non ci son più di due letti; obbligo ognuno che avea un mestiere di esercitarlo a pro dell’Ospizio. Difatti la bella gradinata nuova, i ristauri ed i lavori necessarii per separare le ragazze di differente età, sono fatti con poca spesa dagli ospiti. — Nè troviamo a ridire contro quel bizzarro costume delle associazioni funebri. È un gusto come un altro, volersi seguito alla tomba da vecchi decrepiti pagati un tanto a testa secondo che eglino portano o no la bandiera. Non è più assurdo che il costume inglese di fare [p. 110 modifica]seguire il feretro da uomini vestiti a lutto, con passo lento e fisonomie atteggiate a dolore, benchè questi a desolati pagati» non conoscano nemmeno l’estinto. Meno, assurdo degl’Irlandesi che pagano più chi più urla e piange, e poi finiscono a gozzovigliare e ubbriacarsi in casa del morto. — Per i poveri vecchi di San Gennaro è un esercizio ginnastico, un mestiere che frutta 72,000 lire all’anno, un terzo della meschina rendita annua che somma in tutto a 175,000 lire, — Parmi veramente notevole che con si poca somma si mantenga una famiglia di 800 persone con decoro e sufficiente nutrimento, permettendo a ciascheduno di aggiungere qualche cosa alla parca mensa col guadagno del proprio lavoro.

Ben inteso, non vi s’incontra un battaglione d’impiegati come all’Albergo dei Poveri, ma solo dieci persone con stipendio complessivo annuo di lire 13,000. Medico e chirurgo con 240 ciascheduno, un sagrestano con 500, un aiutante confessore con 300, e un assistente all’infermeria con 306 e l’abitazione gratuita.

Ma mentre si va estinguendo l’Oblatismo, mentre l’assistenza dovuta a’ vecchi e alle vecchie inferme diventò decorosa, qui come altrove si crea o si ali menta una nuova piaga coll’Alunnato.

Qui si ricevono alunne gratuite e a pagamento: le prime, orfane di entrambi i genitori, o di un solo, o di padre inabile al lavoro; e anche fanciulle aventi entrambi i genitori, purchè la povertà loro sia accertata sopra informazione del Governo.

Le alunne, con pagamento di lire 20 mensuali, [p. 111 modifica]e con diritto di entrata di lire 50 per provvedere al corredo, sono trattate come le gratuite.

Mi mancò l’opportunità di assistere all’esame formale delle alunne, ma da quel che mi riesci fatto di osservare, l’istruzione parmi buona: la impartiscono maestre patentate e approvate dal Consiglio scolastico, circoscritta alle classi elementari, più il canto corale. Veramente eccellenti sono: la scuola di cucire con e senza macchina, i molti telai da cui escono tele di lana e filo e cotone finissime, tovaglie e tovagliuoli di squisiti disegni molto ricercati, e che fruttano copiosamente allo Stabilimento. Buona la scuola di sarta, e in genere le arti e mestieri sono cose di fatto e non di mera apparenza. La Direttrice ha uno stipendio di 900 lire, la Vice-Direttrice di 500, le tre maestre di 360. ciascuna, coll’intiero trattamento e con l’obbligo di pernottarvi. Sufficiente Regolamento. C’è un po’ di ginnastica alternata allo studio e al lavoro; la preghiera giornaliera non deve durare più di mezz’ora, è più di due non devono le sacre funzioni nei giorni festivi, e ogni festa le alunne debbono uscire per passeggiare, e così il giovedì quando non evvi lezione di canto corale.

L’Alunnato di San Gennaro, guardato nell’insieme, non ha difetti come scuola - convitto per ragazze povere fino a 15 o 16 anni, età in cui tutte le figlie di operai o contadini si guadagnano la vita col rispettivo mestiere o nelle faccende domestiche. Invece tutte le alunne possono rimanere nell’Ospizio fino all’età di 25 anni, benchè l’escirne prima sia facoltativo. E quando non trovino collocamento fuori [p. 112 modifica]dell’Ospizio, compiti i 25 anni, passano nella classe delle ricoverate.

Ora per le alunne povere sembrami assai preferibile il collocamento presso famiglie oneste, come ho avvertito per le a figlie della Madonna;» ma ammesso che il Convitto debba stabilire l’età da 16 o tutto al più da 20 anni per il loro collocamento in qualità di serve o di sarte, di filatrici, di tessitrici o con altro mestiere, bramerei la classe delle ricoverate abolita del tutto. Il creare una classe, per cui lo Stato o un Istituto di beneficenza deve provvedere lavoro se può, tetto e cibo in ogni caso, dinota accrescere il numero degli oziosi che non troveranno mai impiego stabile, finchè l’asilo rimarrà loro aperto.

Inoltre opino che l’Ospizio di San Gennaro debba esser limitato a un solo scopo: od ospedale per i poveri infermi, o casa di ricovero per i poveri vecchi inabili al lavoro, compresevi le esequie che pare vengano diminuendo di lucro dopo l’istituzione della sepoltura civile e gli appalti funebri del Municipio; o Educandati-Convitti; e in tal caso questi hanno da esistere per le fanciulle povere fino all’età di sedici o venti anni.

Nè qui il più inveterato idolatra «della volontà dei fondatori» può addurre alcuna obbiezione, dacchè se fu fondato l’Ospizio in nome di tutta la cittadinanza per raccogliere i poveri nel locale eretto sopra le antiche catacombe ad uso di convento, esso fu trasformato successivamente in caserma e in lazzeretto; e i fondi odierni derivano da varii donatori senza obbligo, espresso; mentre certi suoi beni, come il Feudo [p. 113 modifica]di Selvalonga, passarono in mano privata, senza che siasi rinvenuto modo di consultare il donatore.

La Provincia ha dunque libera la mano, e può operare senza ferire il più superstizioso adoratore della volontà dei morti.

Il Collegio di San Vincenzo Ferreri riformato, di cui parlerò, offre per la sua storia e nel suo insieme tutti gli elementi per lo studio dell’Oblatismo non solo, ma per quello dei resultati, a cui conduce il sistema di tenere in ozio le donne, dette alunne, dopo una certa età.

A tal segno erano giunti gli scandali, gl’intrighi, gli abusi di questo Pio Luogo, che dopo le informazioni prese da una Commissione d’inchiesta fu nominato un Commissario regio, che operava con grande energia.

In questo Ospizio, fondato per le orfane derelitte in sulla via pubblica, il Commissario rinvenne oblate vecchie, donne d’ogni età, e povere fanciulle sottomesse ai capricci o ai maltrattamenti delle oblate, le quali oltre i centesimi 50 che ricevevano dal luogo, lucravano sul lavoro delle fanciulle obbligate di cucire guanti dalla mattina alla sera, ed a cui nemmeno si permetteva di frequentare le due classi elementari aperte nel 1862. Il Commissario cominciò a separare le fanciulle dalle vecchie, ad aprire scuole di lettere, di disegno e di canto; nominò una Direttrice, e ristrinse le vecchie alunne al piano superiore, stabilendo un refettorio comune, un vestire decente, e un po’ di disciplina fra le alunne.

Le oblate misero la rivoluzione in casa; tali [p. 114 modifica]furono le scene, tale il linguaggio osceno, da mettere ribrezzo. Con lusinghe e minacce ottennero che le fanciulle invece di studiare voltassero le spalle alle maestre, e recitassero orazioni ad alla voce. Nella classe di disegno, oblale e fanciulle intonarono la seguente pia preghiera: «Dio! fate che chi viene su» queste panche si rompa le gambe.»

Finalmente aspersero di acqua ragia il letto della Direttrice, che dovette chiudersi in camera.

Qui s’esaurì la pazienza del Commissario, il quale caccio dieci oblate e disperse le altre fra i conventi di Regina Paradisi e San Gennaro. Ma bisogno pagare 10 lire al mese per l’alloggio e 50 centesimi al giorno di pensione.

Anche le vecchie donzelle alunne guardarono di mal occhio questi cambiamenti. Ognuna aveva il proprio confessore, ora invece ce ne sono pochi per tutte. Esse abitano in luride stanze, col fornello sotto il letto, colla roba da mangiare nella camera, gelose l’una dell’altra, pettegole, oziose. - Avvicinandole vi baciano le mani, poi di dietro vi mandano maledizioni da far fremere.

E queste parasite, che passano il centinaio, debbono esser mantenute fino alla morte, e così occupano il posto di tante orfanelle, che avrebbero il diritto di entrare nell’Istituto.

Per quelle che ci sono, le cose non vanno male. Sventuratamente la scelta della prima Direttrice laica non fu felice: faceva la camorrista, come dicono i Napoletani ormai per qualunque abuso di potere o per estorsioni. E il Commissario regio, invece [p. 115 modifica]di ricordarsi delle tante buone istitutrici che escono dalle Scuole normali e che fecero buona prova di sè nel Convitto femminile, corre difilato ad Ivrea per cercarvi Suore, e ad esse è affidato il Collegio. — Per suore fanno bene. La Direttrice è un’energica Milanese, che le vecchie alunne hanno in santo timore, benchè ella cerchi di urtare i loro pregiudizii il meno possibile, e dirige la Casa egregiamente. Le scuole di cucire, di stirare e specialmente di rammendare sono efficacissime — e utilissima quella del disegno applicato ai lavori femminili, condotta dal professore Torno. Ma tutte le ragazze hanno quell’aria dimessa, e tutt’altro che giovanile, delle santocchie, e gli esercizii spirituali prendono troppo il posto della ginnastica. C’è questo di buono, che contrariamente al consiglio del Commissario regio, si decise che le alunne escano dal Collegio a 21 anno al più tardi. — Visto che ogni allieva partecipa dei guadagni risultanti dai proprii lavori, e che i premii dannosi in denaro, ognuna esce dallo Stabilimento con un libretto della Cassa di Risparmio per cominciare la propria carriera nel mondo.

Con poche modificazioni, e sotto direzione laica, il Collegio di San Vincenzo Ferreri potrebbe trasformarsi in eccellente convitto per le fanciulle abbandonate, fino a 16 anni; sempre però riducendo il numero a quelle, alle quali non viene dato di trovare collocamento in qualche famiglia onesta fino dalla tenera età. Ben inteso non prolungando mai oltre l’età prefissa il soggiorno delle medesime nel Collegio.