La pace (Ferretti)

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Luigi Ferretti

Luigi Morandi Indice:Ferretti - Centoventi sonetti in dialetto romanesco.pdf La pace Intestazione 1 febbraio 2023 75% Da definire

Er padrone novo Su li scalini de la chiesa
Questo testo fa parte della raccolta Centoventi sonetti in dialetto romanesco


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XI.

LA PACE.


     Com’è stato? Ecco qua: propio ar momento
Ch’entravo a visità le quarantora
Lì a la Minerba,1 ecco che me sento
Chiamà da quela sgrinfia2 de mi’ nora.

     Io, pe’ prudenza, entro subbito drento;
E lei appresso! Ch’avréssi fatto allora
Ar posto mio? Io pianto er Sagramento
E, sempre pe’ prudenza, esco de fora;

     E lei appresso! In quer punto me pija
Un nonsocché, ch’er sangue ce l’avémo
Tutti drent’a le vene, e allora, fija ...!

     Basta, s’è mess’ in mezzo un pizzardone,3
Cià fatt’arifà pace, e accusì semo
Rientrate assieme a la binidizzione.



  1. La Minerva, cioè la Chiesa di Santa Maria sopra Minerva, detta così, perchè costruita sull’area d’un tempio dedicato a quella dea.
  2. Sgrinfia è propriamente l’amorosa; ma significa pure, come in questo luogo, «donna facile a innamorarsi.» C’è anche il verbo sgrinſià, che vale amoreggiare, o meglio, per dirla con una parola nuova e degna di far fortuna, amorazzare.
  3. Chiamano, per ischerno, pizzardoni, le benemerite guardie municipali, perchè portano un bel cappello a navicella, che somiglia a una pizzarda. A Firenze, quando le guardie portavano un cappello a tuba piuttosto grande, le chiamavano i cappelloni.