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La sborgna

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Giuseppe Gioachino Belli

1832 Indice:Sonetti romaneschi II.djvu sonetti letteratura La sborgna Intestazione 10 gennaio 2025 75% Da definire

Er Cimiterio in fiocchi Sicu t'era tin principio nunche e ppeggio
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832

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LA SBORGNA.[1]

     Sta piccola cacona,[1] eh Ggiuacchino?
E ste cotte[1] che cqui pporti ar Curato?
Oggi propio pòi dì ccotto sporpato[2]
Da li capelli all’uggne[3] der detino.

     Nun ce so’ gguai:[4] come se trova vino
Da èsse fascirmente incanalato,[5]
Tu tte sce vòi inummidì er palato,
Sin che cce n’è una goccia in magazzino.

     Bbravo! perchè sei omo da particce[6]
Co’ ddu’ cotte pe’ ggiorno: e cquesto è er modo
De falle mantiené ’ggnisempre gricce.[7]

     Cusì una tira l’antra, e tte sce lodo:
Che ssempr’è bbene fòr de le pellicce[1]
De lassà un filo, pe’ ppoi facce er nodo.

Roma, 11 dicembre 1832.

Note

  1. 1,0 1,1 1,2 1,3 Questi vocaboli, e altri, sono in Roma sinonimi di ubbriacature. Nelle pellicce e cotte è poi un equivoco, su cui i Romaneschi si estendono in fizzanti allusioni.
  2. Spolpato.
  3. Unghie.
  4. Non v’è rimedio: non v’è da dire.
  5. Quel vino dicesi che incanala, il quale è tonnarello, cioè “dolcigno.„
  6. [Partirci.] Da avventurarsi, da procedere, ecc.
  7. [Ogni sempre (sempre) crespe.]