La scotennatrice/XVII. Un assalto inaspettato
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XVII.
Un assalto inaspettato.
Tutti si erano fermati, guardandosi ansiosamente intorno, temendo che da un istante all’altro dovesse succedere qualche terribile disastro così comune nelle miniere, specialmente in quelle da anni abbandonate nelle quali il grisou può accumularsi in quantità enormi.
Harry teneva la lampada di sicurezza alzala e guardava la vôlta dell’immenso scavo, agitandola da destra a sinistra.
— Sempre fumo — disse finalmente. — Eppure io sento il grisou. Perchè non scoppia? Ecco un mistero che io non riesco a delucidare.
«Fuoco e gas insieme, l’uno più terribile dell’altro! Si direbbe che si sono alleati in attesa di fare nuove vittime.
— Corpo di una bombarda!... — esclamò Turner. — Si direbbe che noi camminiamo in mezzo ad un magazzino di polveri!...
— È proprio così, mister — disse Harry. — Tutto intorno a noi vi è della polvere pronta a scoppiare e mandarci in aria fracassati.
— Non vedo nè barili, nè casse.
— Si tratta d’un gas che quando scoppia è ben più terribile delle polveri.
— Dove si trova?
— Si è accumulato verso la vòlta. Che una scintilla sfugga dalla galleria ove il carbone arde e noi salteremo tutti.
— Brutto affare — disse il campione degli uccisori d’uomini. — Abbiamo salvate le capigliature per scoppiare come bombe.
«Se esco vivo di qui vi garantisco che lascio per sempre la prateria e mi ritiro nelle campagne marilandesi.
«Almeno là invece di palle raccoglierò delle mele.
— Harry — disse John. — Non rimarremo qui eternamente, spero. Se vi fossero degli alberghi con delle buone bottiglie, non me ne importerebbe, ma che io sappia non c’è stato mai un mago capace di convertire il carbone in sanguinanti salsicciotti di bisonte.
— Vorrei prima sapere da quale galleria esce questo fumo — disse lo scorridore. — Se prendessimo proprio quella, la nostra marcia non finirebbe bene.
— Che ve ne siano molte di gallerie?
— Certo, John.
— Succeda quello che si vuole, andiamo a cercarne una. Ho lo stomaco assolutamente vuoto io, e qui dentro non vedo la possibilità di riempirlo.
«Finchè abbiamo un po’ di forza camminiamo.
— Proviamo — disse Harry, il quale pareva che avesse presa una decisione.
— Finalmente — disse Turner. — Se si aspettava un po’ i miei piedi mettevano le radici come i fagiuoli e mi tramutavano in un albero più o meno carbonizzato.
Come si vede il buon umore non faceva difetto a quei quattro diavoli, quantunque la loro situazione non accennasse ancora a migliorare, anzi!
Harry, dopo d’aver lanciato un ultimo sguardo al fumo che radeva sempre lentamente e poco fitto la vòlta che in quel luogo era alta parecchi metri, si era messo risolutamente in marcia per esplorare le gallerie che dovevano trovarsi all’estremità di quell’ampia sala.
Varie linee di rotaie si spiegavano a ventaglio, dirigendosi tutte verso il fondo della miniera, segno evidente che laggiù dovevano trovarsi dei passaggi.
Il grisou non le aveva sempre risparmiate. Di quando in quando delle sbarre contorte indicavano la violenza dello scoppio.
Dappertutto poi vi erano carrelli rovesciati, dispersi fra grandi ammassi di carbone che i minatori non avevano avuto il tempo di caricare.
Percorsi cinque o seicento metri, procedendo fra una vera selva di enormi colonne di carbone che fortunatamente avevano resistito alla tromba di fuoco, impedendo così che la vòlta crollasse, i quattro avventurieri si trovarono improvvisamente dinanzi, ad una tenebrosa apertura, sormontata da una tavola di legno su cui si vedeva dipinto in bianco un gran 7.
— Ecco un numero che ci porterà fortuna — disse Turner. — Speriamo di trovare qui dentro le sette vacche grasse dei Faraoni, purchè invece non diamo la testa dentro le sette piaghe dell’Egitto.
«Esce il fumo?
— No — rispose Harry.
— Tutte le gallerie hanno uno sbocco?
— Tutte.
— Allora andiamo a cercare il sole e l’aria pura.
— E delle costolette — aggiunse John.
— Che prenderai con la tua barba tagliata a becco? — chiese Harry.
— Tu credi di aver sempre un rifle tra le mani.
— Mangeremo uova di uccelli. I tacchini selvatici abbondano sui Laramie.
— Aspetta prima che siamo fuori.
— Io spero che tu, minatore d’un tempo, ci leverai da questo inferno. Corpo d’un caribou!... È un po’ di tempo che la ci va male e le nostre disgrazie dovrebbero essere già terminate.
«Si va dentro quella gola tenebrosa? Anch’io, come Turner, sento che i miei piedi minacciano di mettere fuori delle radici.
Harry, dopo di essersi ben accertato che da quella galleria non usciva nessun filo di fumo, s’avanzò coraggiosamente e di buon passo.
Il grisou aveva risparmiato quella parte della miniera poichè i carrelli si trovavano ancora sulle rotaie, pieni di carbone, e le impalcature delle volte non apparivano danneggiate.
Una corrente d’aria abbastanza fresca ed abbastanza pura s’ingolfava entro quel passaggio. Proveniva da qualche pozzo o da qualche vasta apertura scavata a fior di terra?
I quattro avventurieri cominciavano già a rallegrarsi, sicurissimi di rivedere in breve il sole, quando uno scoppio spaventevole scosse l’intera miniera.
— A terra!... — urlò Harry. — Riparate gli occhi!...
Si trovavano in quel momento dietro a quattro vagoncini, carichi di minerale, i quali potevano offrire un’ottima difesa.
Successe un brevissimo silenzio, poi un altro scoppio, non meno formidabile del primo avvenne, ripercuotendosi, con una intensità paurosa, terrificante, dentro la lunga galleria.
Un istante dopo una vera tromba di fuoco si rovesciava sotto le vòlte schiantando le impalcature e rovesciando i carrelli con grande fragore.
Passò con una fuga infernale, rapida come un lampo, empiendo di luce la galleria e scomparve detonando a più riprese.
— Non alzatevi!... — urlò Harry. — Il gas vi avvelenerebbe.
— Bruciamo!...
— Strappatevi le vesti di dosso.
Le casacche, quantunque di pelle di daino, avevano preso fuoco e minacciavano di arrostire i disgraziati.
Senza alzare la testa per non respirare il grisou che tendeva a sollevarsi, si tolsero di dosso le vesti, strappandole colle unghie brano a brano, non tenendo che gli alti stivali i quali, essendo di cuoio assai spesso, erano sfuggiti alla terribile fiammata.
Per cinque o sei minuti se ne stettero tranquilli, tenendo sempre la bocca contro il suolo, poi Harry si provò a respirare.
— È risalito — disse. — Non vi è alcun pericolo.
— Ma noi siamo cotti — disse Turner. — Pare che dei fornai abbiano preparato del pane e che stiano abbrustolendolo.
«Corpo d’una granata!... Bella vita quella dei minatori!...
— Ed io sono già bruciacchiato — disse Giorgio. — Se tardavo un po’, facevo la fine di quei poveri bisonti.
— Al diavolo le miniere!... — urlò John. — Io ne ho abbastanza!... Torniamo nella prateria!...
— Se potremo uscire — rispose Harry.
— Come!... Passeremo come è passato quell’uragano di fuoco. Se non è ritornato vuol dire che qualche buco lo ha trovato per andarsene a passeggiare sulla montagna.
— Purchè non abbia rovinato la galleria dietro di sè.
— Non ci vorrebbe altro!... Chiusi di dietro e chiusi dinanzi, non rimarrebbe che di sdraiarci su questi ammassi di carbone ed attendere pazientemente la morte.
— Che allegria!... — esclamò Turner.
Si era alzato, quando d’improvviso i suoi compagni lo videro spiccare un salto e poi lo udirono mandare un grido.
— Che cosa avete, mister? — chiese Harry.
— Qualche bestia qui!... — esclamarono i tre scorridori.
— E che denti acuti che aveva!... Deve avermi strappato anche un pezzo di mutande.
— Ah!... Scherzate — disse John. — Voi volete...
Non finì la frase poichè a sua volta spiccò un salto e lanciò una bestemmia.
Quasi nell’istesso tempo Giorgio si gettava violentemente da un lato.
Harry aveva abbassata subito la lanterna.
— Scappate!... — urlò subito. — Gambe!... Gambe!... Migliaia di topi si rovesciano su di noi.
— E che? — gridò John, impadronendosi d’una traversa di legno strappata alle impalcature. — Noi scappare dinanzi a dei topi? Non sono già degli orsi grigi per far correre quattro uomini!...
— Parrebbe anche a me — disse Turner, il quale si era pure armato d’un grosso pezzo di legno.
Giorgio strappò dalla vòlta una larga tavola di pino e pel primo affrontò l’orda che si rovesciava attraverso alla galleria, saltellando.
Non si trattava già di dover sostenere l’attacco di poche famiglie di roditori. Erano delle vere falangi quelle che si avanzavano e probabilmente affamate.
Da quali tane mostruose, nascoste nelle profondità del sottosuolo, uscivano quei terribili mostriciattoli non meno temibili delle grosse fiere pel loro numero, per la moltitudine dei loro denti e per la loro audacia?
Probabilmente il grisou aveva diroccata una parte della miniera, sfondando qualche parete dietro la quale nidificavano chissà da quanti anni quei roditori.
Spaventati, si erano dati alla fuga ed emigravano per cercarsi certamente un asilo più sicuro.
Disgraziatamente avevano imboccata la galleria dove si trovavano i quattro avventurieri e si preparavano a spolparli a dovere, come già dovevano aver divorate le carni dei poveri minatori che erano caduti durante il primo disastro.
Harry, che aveva già conosciuto ben da vicino quei pericolosi abitanti delle miniere, e che sapeva che cosa pensare della loro voracità, aveva nuovamente gridato ai suoi compagni:
— Fuggite!... Non potete lottare!... Salvate i vostri polpacci.
— Non siamo nè ragazzi nè femmine — rispose John. — Sarebbe ridicolo che dei cacciatori come noi dovessero scappare senza dare battaglia a tutta questa insolente marmaglia.
«Sotto, Turner!... Picchia, Giorgio!...
Il fratello di Harry, che come abbiamo detto, si era munito d’una larga tavola strappata all’impalcatura, diede per primo un furioso attacco schiacciandone parecchie dozzine d’un colpo solo.
Turner e l’indian-agent entrarono a loro volta in azione, bastonando rabbiosamente a destra ed a sinistra.
I topi volavano in aria colle budelle pendenti e le gambe rotte, sbatacchiando contro le pareti della galleria, ma nuove orde si spingevano innanzi con un coraggio che impressionava.
Mentre delle legioni si scagliavano sui compagni sfracellati divorandoli con una rapidità prodigiosa, altre si gettavano addosso agli uomini spiccando dei grandi salti.
Non si trattava di topi comuni, bensì di grossi roditori che potevano gareggiare benissimo, per mole, coi famosi topi norvegiani che sono i più feroci e che formano la disperazione di tutti gli equipaggi dei velieri, ed anche talvolta di quelli degli steamers.
I colpi di traversa ed i colpi di tavola facevano dei grandi vuoti, poichè anche Harry era accorso in aiuto dei compagni, brandendo un grosso randello, però i ranghi si restringevano sempre con rapidità prodigiosa e nuove migliaia di combattenti, aizzati dall’odore del sangue ed ansiosi di prendere parte a quell’orgia di carne, si rovesciavano all’assalto, empiendo l’aria di strida acutissime.
— Corpo d’una bombarda!... — urlava Turner, il quale si vedeva costretto, di quando in quando, a dare indietro, poichè si sentiva cadere dei topi perfino in pieno viso. — Che non la si finisca più!... Giù legnate, corpo di centomila bisonti!...
— Picchia!... Schiaccia!... — urlava John, il quale spazzava il suolo dinanzi a sè per vederlo, un momento dopo, nuovamente coperto di roditori.
— Sotto, fratello!... — gridava Giorgio, la cui tavola grondava sangue ed era incrostata alla lettera di code e di peli.
Vani sforzi!... Il grosso accorreva in aiuto dell’avanguardia, in gran parte uccisa o sgominata.
Erano nuove migliaia di combattenti che muovevano compatti all’assalto dei polpacci dei quattro avventurieri.
Turner, scorgendo alla luce della lampada che fortunatamente bruciava sempre e che per un vero miracolo era sfuggita a tutti quei colpi di bastone, quelle nuove orde che s’avanzavano, si sentì venir meno il coraggio di continuare quella strana lotta che apparentemente sembrava ridicola, mentre invece poteva finire in uno spaventoso dramma.
— Se volete salvare i vostri corpi, alzate i tacchi!... — gridò.
— Si suona la ritirata — disse Turner — e proprio al momento opportuno.
«Corpo d’una balena!... Se volessimo resistere, ne avremmo fino a domani.
«Quattro legnate ancora, camerati, e poi viriamo di bordo, come dicono i marinai.
— E lesti — aggiunse John, il quale si era pure accorto dell’avanzarsi del grosso. — Gambe!... Gambe!... Anda!...
A colpi di traversa ammazzò un centinaio di assalitori, poi raggiunse Harry, mentre Giorgio con la sua tavola, ne massacrava almeno duecento.
Scappavano tutti, come se avessero il diavolo alle calcagna, gareggiando fra di loro.
I topi accortisi che quelle polpe stavano loro per sfuggire, si erano messi vigorosamente in caccia, spiccando dei salti straordinariamente lunghi.
Di quando in quando alcuni, più lesti degli altri, andavano a cadere sulle spalle dei fuggiaschi, ma non avevano il tempo di rimanere aggrappati, poichè uno scapaccione sapientemente e molto opportunamente dato, li faceva saltare molto lontani con poche probabilità di rimettersi in gambe.
La corsa, sempre rapidissima, dei quattro avventurieri durava da un quarto d’ora, quando Harry, che teneva la testa, alzando la lampada e segnalando gli ostacoli che s’incontravano sotto la galleria, mandò un urlo di disperazione.
— La via è chiusa!... Siamo perduti!...
— Perchè chiusa? — chiese Turner che giungeva a corsa disperata.
— Il grisou ha fatto crollare le vòlte.
— Morte e dannazione!... E ci lasceremo mangiare vivi da quegli immondi roditori?
— Ah, no!... Forse siamo salvi.
— Che cosa avete scoperto? L’America?
— Meglio ancora!...
— Dite dunque!...
— Seguitemi!...
Si era slanciato verso la parete di destra ed aveva mostrata a Turner una impalcatura piantata su quattro pali, non più alta di tre metri dal suolo e che la tromba di fuoco, per un caso miracoloso, aveva risparmiata.
— Lassù!... — gridò. — Lesti!... I topi ci sono addosso!...
— Conservate le vostre armi!... — gridò Turner. — Anche lassù avremo da fare!...
Si arrampicarono lestamente su per i pali ed aiutarono John e Giorgio a raggiungerli.
Harry innanzi tutto mise al sicuro la Lampada, affinchè non corresse il pericolo di rovesciarsi o di spezzarsi, perdita gravissima specialmente in quel momento, poi afferrò il suo randello.
L’impalcatura non aveva che due metri di lunghezza su appena mezzo di larghezza, tuttavia poteva bastare per quattro uomini, lasciando anche una certa libertà di mosse.
Per di più le tavole avevano uno spessore tale da escludere qualsiasi pericolo che cadessero sotto il peso.
Certo doveva aver servito per praticare qualche mina nella vòlta allo scopo di aprire in quel luogo qualche pozzo verticale per dare maggior aria alla galleria.
— Fra tante disgrazie una qualche buona stella ci protegge sempre ― disse Turner. — Se non avessimo trovato questo rifugio, fra qualche ora dei nostri corpi non sarebbero rimaste che le ossa e forse nemmeno quelle.
«Ah!... Ecco i furfanti che giungono, saltando come piccoli kanguri. Picchiate sodo, camerati, e non li lasciate giungere fino a noi.
I piccoli roditori, rabbiosi di non aver potuto aggrapparsi alle gambe dei fuggiaschi, arrivavano infatti con mille strida, sospingendosi e saltandosi addosso gli uni agli altri.
Le prime file formate dai grossi topi grigi dai lunghi baffi irti, andarono a spezzarsi contro i pali dell’impalcatura, accavalcandosi disordinatamente e mordendosi ferocemente.
Per un momento i quattro avventurieri credettero di vederli riprendere la corsa, dopo aver riorganizzati i loro ranghi, invece s’avvidero subito del nuovo pericolo che li minacciava.
Sette od otto grossi topi, i comandanti forse della nuova avanguardia, diedero pei primi la scalata alla impalcatura, arrampicandosi lestamente su per i pali ed attirando l’attenzione dei loro compagni con delle strida acutissime.
— Ah, briganti!... — gridò Turner. — Ci hanno scoperti!...
— Ognuno difenda il suo palo!... — disse John.
Le legnate cominciarono a grandinare con una furia incredibile, pestando per bene i grossi topi che guidavano la carica.
Non potendo gli assalitori che spingersi in alto pochi per volta, la difesa non era difficile, però poteva prolungarsi indefinitamente ed esaurire completamente le forze dei difensori.
Alcuni assalitori di quando in quando tentavano di giungere sull’impalcatura, spiccando dei grandi salti, ma ricadevano senza aver raggiunto lo scopo, ed i loro compagni, quasi per punirli della loro poca agilità, appena a terra li facevano a pezzi e li divoravano ferocemente.
La difesa continuava da ben dieci minuti con grande strage degli assalitori, i quali cadevano a gruppi colle teste ed i dorsi rotti, quando l’avanguardia abbastanza sazia, poichè tutti i morti ed i feriti seguivano l’egual sorte, di venire lì per lì divorati, si decise a riprendere le mosse.
Era tempo, poichè i quattro avventurieri non ne potevano più.
— Corpo d’una bombarda!... — esclamò Turner, asciugandosi il sudore che gli bagnava il volto. — Non avrei mai creduto che a me toccasse un giorno di dover fare della scherma col bastone contro dei topi!... E voi, John?
— Di aver da fare con tutte le belve dei deserti e delle praterie americane sì, ma con queste bestioline delle quali non mi ero fino a quest’ora occupato, no davvero. Ed il grosso che ci dia pure un attacco?
— Io credo di no — rispose Harry. — Seguirà senz’altro l’avanguardia.
«Cerchiamo di non farci scorgere, e tu, Giorgio, spegni per un momento la lanterna.
Lo scorridore obbedì, poi tutti si stesero sulle due tavole e si misero in ascolto.
Si udiva distintamente il fruscìo prodotto da quelle migliaia e migliaia di zampette e di code, saltellanti e striscianti sul pavimento sonoro della galleria.
— Corpo d’una balena — mormorò Turner. — Non ho mai avuto tanta paura quando ho affrontato Wiley ed ho sopportato il suo fuoco per dieci minuti prima di riuscire ad ucciderlo.
Quel fruscìo che agghiacciava il sangue ai quattro avventurieri, durò ben più di un’ora, poi a poco a poco si perdette in lontananza finchè cessò del tutto.
Le poderose falangi dei roditori erano passate sotto l’impalcatura, senza tentare l’assalto, seguendo l’avanguardia, poi erano scomparse forse dentro qualche nuovo squarcio del terreno per formarsi una nuova città sotterranea.
Per maggior precauzione i quattro amici attesero qualche tempo ancora, temendo l’arrivo di qualche retroguardia, poi riaccesa la lampada discesero, ansiosi anche loro di cambiare aria e domicilio.
Ne avevano perfino di troppo di quella miniera, e poi la fame cominciava a tenagliare atrocemente i loro stomachi, non avendo più preso nulla dopo l’ultimo pasto offerto loro da Mocassino Rosso.
Persuasi ormai di non correre più alcun pericolo, ripresero la faticosa marcia fra ammassi di carbone, contro i quali incespicavano ad ogni passo, e fra rottami di impalcature che la furia del grisou aveva strappate dalle vòlte.
Le strida dei topi erano completamente cessate, ed un profondo silenzio regnava nella tenebrosa galleria, rotto solo dallo stropiccìo dei piedi dei quattro avventurieri, stropiccìo molto discreto poichè la paura di attirare l’attenzione di quei terribili roditori li faceva camminare quasi sollevati.
Ogni venti o trenta passi però si arrestavano per tendere gli orecchi. Temevano sempre un ritorno offensivo dei piccoli mostri.
Marciavano da una buona ora entro quell’interminabile galleria, quando Harry, che guidava il drappello, mandò un grido di disperazione.
— La galleria è franata!... Siamo perduti!...
John, Turner e Giorgio si erano precipitati innanzi, in preda ad una vivissima angoscia.
Dinanzi a loro, un enorme cumulo di rottami, caduto dalle vòlte, si era ammonticchiato, non lasciando che un solo pertugio, appena sufficiente a lasciar passare un gatto, ed attraverso il quale filtrava splendido un raggio di luce.
Erano giunti alla bocca della galleria, all’uscita della miniera, ma il perverso destino aveva proprio in quel punto eretto un tale ostacolo che solamente dei minatori e ben muniti di picconi e di pale, avrebbero potuto atterrare e con un lavoro penosissimo e lunghissimo.
— Ecco la fine — disse Turner, rompendo il gran silenzio che regnava nella galleria. — Qui morrà il campione degli uccisori d’uomini.
«Mi dispiace solo di non avere un buon rifle per puntarmelo sotto il mento e farmi saltare le cervella. Almeno abbrevierei le mie sofferenze.
«Che cosa dite voi, camerati?
Nessuno rispose. Si erano lasciati cadere al suolo, col capo stretto fra le mani, oppressi da una cupa disperazione.
Turner si tolse da una tasca la pipa, la caricò cogli ultimi rimasugli di tabacco che ancora possedeva, aprì la lampada e l’accese, borbottando:
— Se vi è ancora del grisou, niente di meglio. Almeno salteremo tutti in aria e le vòlte ci schiacceranno ben bene.
«Non si può sempre raggiungere i cent’anni, specialmente per chi abita la prateria, che diamine!...
E si mise a fumare tranquillamente, approfittando degli ultimi sprazzi di luce che mandava ancora la morente lampada.
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