La sesta crociata, ovvero l'istoria della santa vita e delle grandi cavallerie di re Luigi IX di Francia/Parte prima/Capitolo III

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Capitolo III.

Qui conta di Maestro Roberto di Sorbona.


Avvenne un’altra fiata che per lo grande rinòmo ch’elli udì di Maestro Roberto di Sorbona d’esser prod’uomo, egli lo fece venire a lui e bere e mangiare a sua tavola1. Ora eravamo un tal dì egli ed io beendo e mangiando alla tavola del detto Signore Re, e parlavamo consiglio a cheto l’uno all’altro2. Il che vedendo il buon Re ci riprese in dicendo: Voi fate male di consigliarvi qui, parlate alto affinchè i vostri compagni non dubitino che voi parliate d’essi in male; se in mangiando di compagnia voi avete a parlare alcuna cosa che sia piacente a dirsi, sì allora parlate alto che ciascuno vi intenda, o se non, tacetevi.

Quando il buon Re era in gioia, elli mi faceva questioni, presente Maestro Roberto, talché e’ mi domandò una fiata: Siniscalco, or mi dite la ragione per la quale avviene che prode uomo val meglio che giovane uomo3. Allora cominciò briga e disputazione in tra Maestro Roberto e me. E quando noi avemmo lungamente dibattuta e disputata la questione, il buon Re rendette la sentenza, e disse così: Maestro Roberto, io vorrei bene avere [p. 10 modifica]il nome di produomo, ma ch’e’ fusse buon produomo, ed il rimanente vi dimorasse, perchè produomo o probuomo è sì gran cosa e sì buona, che anche solo nel motto riempie tutta la bocca. Ed al contrario diceva il buon Signore Re che mala cosa era l’altrui prendere, poiché il rendere era sì grieve che solamente a nomarlo scortecciava la bocca, e ciò pe’ due r-r che vi sono, li quali vi stanno a significanza delli rastri dello avversario, lo quale tuttodì attira a sè ed arronciglia coloro che vorrebbono rendere lo avere od il mobile altrui; ed in così elli seduce usurieri e rapitori, e li ismuove di donare in fin di vita alla Chiesa loro usure e rapine per Dio, ciò ch’e’ dovrebbono invece non donare ma rendere, e ben sanno a cui. Ed istando sovra questo proposito, comandò che io dicessi di sua parte allo re Tebaldo di Navarra suo genero, ch’elli si prendesse guardia di ciò ch’e’ faceva, e ch’elli non ingombrasse sua anima, credendo poi esserne quieto pe’ gran danari ch’elli donava e lasciava al Munistero de’ Fratelli Predicatori di Provino; con ciò sia che il saggio uomo intanto ch’e’ vive, deggia fare tutto in così che far dee buon esecutore di testamento, ciò è primieramente e avanti altra ovra restituire e ristabilire i torti e’ gravami fatti ad altrui dal trapassato, e solo del residuo avere proprio di quel morto fare le elemosine ai poverelli di Dio: così come il Diritto scritto lo insegna4. [p. 11 modifica] Il santo Re fu un giorno di Pentecoste a Corbello accompagnato da ben trecento cavalieri, ove noi eravamo Maestro Roberto da Sorbona ed io. Ed il re appresso desinare si discese alla rinchiostra lasciando la cappella, e andò parlare al Conte di Brettagna, di chi Dio abbia l’anima, padre del Duca che è al presente. E davanti tutti gli altri mi prese il detto Maestro Roberto al mantello, e mi domandò, alla presenza del Re e di tutta la nobile compagnia: Ditemi, per vostro senno, se il Re si sedesse in questo chiostro, e voi andaste sedere in suo banco più alto di lui, sarestene voi a biasmare? Al che io risposi che: sì veramente. Or dunque, riprese egli, siete voi bene a biasmare, quando voi siete più riccamente vestito di mantello che ’l Re nostro Signore. Per che di tratto io gli dissi; Maestro Roberto, Maestro Roberto, io non son mica a biasmare, salvo l’onore del Re e di voi; poi che l’abito ch’io porto, tale che lo vedete, me l’hanno lasciato mio padre e mia madre, e non l’ho io punto fatto fare di mia autorità. Ma il contrario, è di voi, donde siete ben forte a biasimare e riprendere, dacché voi, che siete figliuolo di villano e di villana, avete lasciato l’abito di vostro padre e di vostra madre, e vi siete vestito di più fino cammellino5 che ’l Re non è. Ed allora io presi il panno del suo sorcotto e di quello del Re, e giuntili l’uno presso l’altro, seguitai: or riguardate s’io ho detto il vero. Ed allora il buon Re imprese a difendere [p. 12 modifica]Maestro Roberto di parole, ed a covrirgli suo onore di tutto suo podere in mostrando la grande umiltà che era in lui e com’egli era pietoso a ciascuno. Appresso queste cose il Re si trasse, ed appellò Monsignor Filippo padre del Re vivente, ed il Re Tebaldo suoi figliuoli6 ed assisosi all’uscio della Cappella, mise la mano a terra e disse ai suddetti figliuoli: Sedetevi qui presso di me ch’uomo non vi vegga. Ah! Sire, dissono quelli, perdonateci, se vi piace, ma egli non ci appartiene di sedere si presso di voi. Ed egli allora, rivolto a me: Siniscalco, sedetevi qui. Ed io tosto il feci così da presso che la mia robba toccava la sua. Ciò fatto, li fece assidere accanto a me, e allora soggiunse: Gran male avete fatto, quando voi che siete miei figliuoli, non avete fatto da prima ciò ch’io vi ho comandato: or guardatevi che giammai egli non vi avvenga. Ed essi risposero, che non più. Ed elli allora mi va a dire che ci aveva appellati per confessarsi di ciò che a torto aveva difeso e mantenuto Maestro Roberto contro di me; ma diss’egli, io lo feci perchè il vidi così isbaìto che aveva assai mestieri di chi ’l soccorresse ed atasse: essere bensì vero che si dee vestire onestamente ad esserne o meglio amato da sua donna, o più pregiato dai minori, ma non così che ’l vestirsi e il portarsi ecceda misura di proprio stato: doversi insomma l’uomo mostrar fuora di tal maniera che vecchiezza non dica: tu troppo [p. 13 modifica]fai, nè giovinezza: fai poco, siccome fu avvertito d’innanzi.

  1. Questo Maestro Roberto, che morì intorno il 1270, fondò in Parigi il Collegio che dal suo nome venne detto di Sorbona.
  2. Parlar consiglio od a consiglio, vale in credenza, ed a modo di chi consiglia segretamente.
  3. Qui prode uomo, non vale soltanto uomo prode o valente di sua persona, ma uomo religioso, prudente e valente di suo intendimento, insomma probo-uomo; probus vir. V. du Cange alla voce Probi homines.
  4. «Non probatur largitas, si quod alteri largitur, alteri extorqueat, si injuste quaerat, et juste dispensandum putet.» S. Ambrogio. l. 1. de Offic. cap. 30.
  5. Stoffa fatta di pelo di cammello, e che più grossolana dicevasi cammellotto.
  6. Al Re Santo successe il figliuolo Filippo l’ardito, a questi Filippo il Bello, a cui Luigi il Caparbio. Inquanto a Re Tebaldo di Navarra, esso era genero, non figliuolo di San Luigi, avendone sposato la figliuola Isabella.