La sesta crociata, ovvero l'istoria della santa vita e delle grandi cavallerie di re Luigi IX di Francia/Parte seconda/Capitolo LXIII

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Capitolo LXIII

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Capitolo LXIII.

Come ’l buon Re si reggesse dopo ’l suo ritorno di Terra Santa, e come fusse troppo grande amadore di pace.


Ora vi dirò io dello stato del Re, e come egli si mantenne d’ora in avanti ch’e’ fu venuto d’oltremare. Sappiate dunque che dappoi non volle [p. 248 modifica]unqua portare ne’ suoi abiti nè vaio minuto, nè picciol grigio, nè iscarlatto, nè staffe e speroni dorati. Le sue robbe erano di cammelino o di perso, e le pellicce e i soppanni delle sue mantelline erano di coniglio o di lepre. Nella bocca sua fu assai sobrio nè divisò giammai che gli si apprestassero vivande deliziose e diverse, ma prendeva paciosamente ciò che gli venia messo dinanzi. Il suo vino attemperava d’acqua secondo la forza d’esso vino, e beveva in calice di cristallo. Comunemente quando e’ mangiava aveva dietro di sè i poveri, che facea pascere del suo servito, e poi appresso donare di suo danaro. Levate le tavole, aveva i suoi Preti che gli rendevano le grazie a Dio. E quando qualche gran personaggio istrano mangiava con lui, egli era loro di molto buona ed amorevole compagnia. Della saggezza sua poi vi dirò io ch’elli era tenuto pel più savio uomo di tutto suo Consiglio; e che quando gli arrivasse cosa a che bisognasse rispondere necessariamente senza rattento, giammai non attendeva egli il Consiglio suo, ma rispondeva di tratto allorchè erano richieste celeritade e drittura. Appresso il buon Re San Luigi procacciò tanto ch’egli fece venire a lui in Francia il Re d’Inghilterra, colla Reina e’ figliuoli per far pace ed accordo intra loro. Alla qual pace fare, erano assai contrarie le genti di suo Consiglio, e gli dicevano: Sire, noi siamo grandemente meravigliati comente voi vogliate consentire a bailire e lasciare al Re d’Inghilterra sì gran parte di vostre terre, che voi e’ predecessori vostri avete acquistate sovra di lui per [p. 249 modifica]li suoi misfatti: donde egli ci sembra che non ne siate punto bene avvertito, e che grado nè grazia non ve ne saprà egli. A ciò il Re rispondeva, ch’egli sapeva bene che il Re d’Inghilterra ed il suo predecessore avevano giustamente ed a buon diritto perdute le terre ch’egli teneva, e che non intendeva render loro alcuna cosa al che fare fosse egli tenuto; ma facevalo solamente per amore, pace ed unione avere, nodrire ed intertenere intra essi, e’ figliuoli loro che erano insieme cugini germani. E soggiungeva il Re: io penso che, ciò facendo, farò ovra molto buona e prosperosa, perchè in primo luogo ne acquisterò ferma pace, ed in appresso io ne lo farò mio uomo ligio e di fede, visto che sin qui non è egli ancora entrato in mio omaggio. E già il Re San Luigi fu l’uomo del mondo che più si travagliò a fare e mettere pace e concordia tra’ suoi soggetti, e per ispeciale intra li Principi e Signori di suo Reame e dei vicini, siccome fu intra il Conte di Chalone mio zio ed il Conte di Borgogna suo figliuolo che avevano guerra insieme, allorchè fummo al ritorno d’oltre mare. E per la pace fare intra il padre e ’l figliuolo inviò egli alquante genti di suo Consiglio sino in Borgogna al suo proprio costo, e finalmente tanto fece, che per suo mezzo la pace dei due personaggi fu ferma. Similmente per suo procaccio fu fatta pace intra il secondo Re Tebaldo di Navarra ed i Conti di Chalone e di Borgogna che avevano dura guerra insiememente l’uno contro gli altri, e vi inviò del pari delle genti di suo Consiglio che ne fecero lo accordo e appaciaronli. [p. 250 modifica]

Appresso quella pace cominciò un’altra gran guerra tra il Conte Tebaldo di Bar ed il Conte Errico di Lucemburgo, il quale aveva la sorella di lui a donna. E questi si combatterono l’un l’altro a mano a mano disotto Pigny. Ed il Conte di Bar prese quello di Lucemburgo, ed appresso guadagnò il castello di Ligny che è ad esso Conte di Lucemburgo a cagione della moglie. Per la qual guerra condurre a pace il Re c’inviò Monsignor Perrone il Ciambellano, che era l’uomo del mondo in chi ’l Re credeva il più, e ciò alle sue spese; e tanto ci si travagliò il Re che la pace loro fu fatta. Le genti del suo gran Consiglio lo riprendevano alcuna fiata per ciò ch’egli prendeva così gran pena ad appaciare gli strani, e rappresentavangli ch’e’ facea male quando non li lasciava guerreggiare, perchè egli ne sarebbe più ridottato, e gli appuntamenti si farebbero meglio appresso. A ciò loro rispondeva il Re e diceva: ch’essi bene nol consigliavano, perchè, soggiungeva, se i Principi e i gran Signori che son vicini del mio Reame, vedessero ch’io li lasciassi guerreggiare gli uni agli altri, potrebbono dire tra loro che ’l Re di Francia per sua malizia ed ingratitudine li lascia così consumare, e quindi contrarne odio, e così far giura insieme d’incorrermi sopra; donde io ne potrei soffrir male e danno nel mio Reame, e di vantaggio incontrare l’ira di Dio, il quale dice: benedetto sia colui che s’isforza di mettere unione e concordia tra i discordanti. E bene sappiate che per la bontà che i Borgognoni ed i Lorenesi vedevano nella persona del Re, e per [p. 251 modifica]la gran pena ch’elli avea preso in metterli ad unione, essi l’amavano tanto e così l’obbedivano ch’e’ furono tutti contenti di venir piatire davanti a lui intorno le discordie ch’essi avevano gli uni in verso gli altri. Ed io li vidi venire più volte per ciò a Parigi, a Reims, a Meluno ed ovunque là ove fosse il buon Re.