La vita militare/Quel giorno

Da Wikisource.
Quel giorno

../Carmela ../La sentinella IncludiIntestazione 17 novembre 2019 75% Da definire

Carmela La sentinella

[p. 215 modifica]

QUEL GIORNO.


— A voi, — diceva una volta una signorina a un uffiziale reduce dalla guerra; — ditemelo voi che cosa proprio si sente, che cosa veramente si prova in quei momenti terribili. E siate schietto, ve ne prego. Voi altri militari, quando parlate della guerra, ne spacciate delle grosse, e trovate chi le beve; ma io non son di questo numero, ve ne avverto. Ditemi la verità, nulla più che la verità, e senza tanto rettoricume, chè di descrizioni di battaglie, sui libri, ne ho già lette anche troppe, e son tutte calcate sullo stesso disegno.

— Dire, dire, gli è presto detto; così senza prepararmici? Datemi almeno tempo a raccogliere e ordinare le mie rimembranze, se no vi farò un guazzabuglio senza capo nè coda.

— No, signorino; preparativi no. Io non voglio una dissertazione di filosofia, e tanto meno una pagina di storia militare. Ditemi su, alla buona, come vien viene, tutto quello che avete visto; animo, non vi fate pregare; parlate.

— Lo volete assolutamente?

— Parlate.

— Parlerò; ma badate: io non dirò una parola di più di quanto ho veduto; se il racconto vi divertirà poco, non sarà tutta colpa mia. [p. 216 modifica]

— Siate schietto, e non cercate più in là; cominciate.

— Comincio, e prima di tutto.... un’idea del terreno. Attenta. Poniamo che questa sia la catena delle Alpi: quel contrafforte che si stacca....

— Della topografia? Oh per carità!

— Non ne volete? Mi spiegherò in altro modo; sarà meglio. Poniamo di essere in mezzo alla campagna, all’aperto, di mattina, un bel giorno d’estate, limpido e tranquillo. Poniamo che a cominciar di qua, sotto i nostri piedi, il terreno si vada dolcemente sollevando e salga e salga e salga fino a formare una bella collina, larga, alta, a curve regolari, di cui la cresta si disegni là sull’orizzonte, a un quarto d’ora, a una mezz’ora di strada da noi; una bella collina verde, sparsa fino a mezzo il declive di siepi, d’alberi e di lunghi filari di viti; solcata da fossi, percorsa in tutti i sensi da sentieri e da muricciuoli di ciottoli ammonticchiati, come si usano per segnare i confini delle terre; qui un tratto di terreno tutto coperto di erbicelle e di piante; là smosso, rossastro, ingombro di sassi; qui un tratto facile, quasi piano; là un tratto subitamente ripido e nudo. L’avete presente? La vedete?

— La vedo.

— Bene. Supponete ancora un’altra cosa. Supponete che una buona parte della collina, dalla cresta in giù, sia affatto sgombra d’alberi e di case, rasa, netta, e vi batta il sole, così che vi si scorga distintamente ogni solco, ogni arboscello, ogni persona; se persone vi fossero. Una persona la si vegga, supponiamo, alta così, tanto da distinguere s’ella è un uomo o una donna. Ridete? Vi dico questo per darvi un’idea della distanza.

— Capisco.

— E dunque? Ora.... volgetevi indietro. Suppo[p. 217 modifica]nete, qui, là, a destra, a sinistra, lontano, dietro gli alberi, dietro i cespugli, in mezzo alle viti, nei fossi, ritti, seduti, coricati, chi col capo scoperto, chi coi panni sbottonati, chi col fucile a terra, chi col fucile a traverso le ginocchia, taciti, seri, molti soldati; — trecento, supponiamo, o quattrocento; — più ancora; — un battaglione, via. Benchè divisi e sparpagliati serbano tuttavia una certa apparenza d’ordine di colonna. Gli ufficiali stanno in crocchio lì dinanzi, e parlano sommessamente fra loro, a brevi parole, a monosillabi, a cenni; di quando in quando volgon gli occhi lassù, e intorno, e indietro. Ma più lungamente lassù; pare che tutti attendano qualche cosa di là; tutti gli sguardi sono diretti a quella cima; a momenti deve comparire qualche cosa da quella parte. E difatti, guardate là a sinistra, sulla cresta, lassù dove c’è quel folto di cipressi; la vedete quella macchia nera, lunga, che si muove, che s’avanza adagio adagio, e somiglia uno di quegli sprazzi d’ombra che i nuvoletti isolati disegnano sul terreno passando dinanzi al sole? Guardate, guardate come si fa innanzi e come si allarga! Quella è una colonna di soldati: quanti, non è vero? A noi pare che procedano molto a rilento; ma gli è per effetto della lontananza; in realtà, essi vanno a passo spedito, e come spedito! Guardate dove son già. Vedete quel balenìo che corre rapidamente dall’un capo all’altro della colonna e par che ne accompagni l’ondeggiamento? È il balenìo delle baionette; hanno il fucile in spalla; si veggono già più distinti di prima. Guardate un po’ la gente che abbiamo dietro, adesso. Tutti muti, tutti immobili, le bocche semiaperte, gli occhi fissi a quella schiera, a quelle baionette; ne seguono tutti i passi, ne notano tulle le oscillazioni; non si sente un alito, non si vede un cenno; son tutti di marmo. All’improvviso una voce [p. 218 modifica]grida: — Là, là dall’altra parte. — Tutti si volgono dall’altra parte. E difatti, guardate lassù, a destra, sulla sommità, dove c’è quella casuccia; guardate che cosa viene. Un’altra schiera più larga, più profonda, più formidabile, irta anch’essa di baionette sfolgoranti, s’avanza in direzione opposta alla prima, serrata, rapida, risoluta. Volgetevi indietro: che mormorìo!

Quanti saranno? — Un reggimento. — No, due battaglioni. — O uno. — No, no, due. — Tre. — Sembrano bersaglieri. — Sono bersaglieri. — È linea. — Bersaglieri. — Ma no. — Ma sì; si vedono i pennacchi. — Si fermano. — Ti è parso. — Sì, son fermi, ti dico. — Ma no, non vedi che si muovono? —

Intanto il terreno, fra quelle due schiere, scemava. Noi lo misuravamo, trepidando, di momento in momento. Lo sguardo correva senza posa da questa schiera a quella, da quella a questa, rapido come il pensiero, avido, teso; tutta l’anima era negli occhi; tutta l’anima era lassù. E il terreno framezzo diminuiva, diminuiva; e le due schiere erano molto vicine, e camminavano rapide rapide e già un po’ disordinate e confuse; e noi sempre cogli occhi dilatati, immobili, inchiodati là; il cuore batteva, batteva; il respiro era sospeso.

Tutt’ad un tratto, quasi ad un tempo, una vivida luce balenò sopra quelle due schiere, calò, si spense: avevano abbassato le baionette; subito dopo, di corsa. Un urlo, che dovette essere formidabile, giunse fioco fioco fino a noi.

Rispondemmo con un fremito.

Eccole, sono a pochi passi, stanno per urtarsi, si sono urtate: una di esse cede, si allarga, indietreggia, si rompe, si sparpaglia a destra, a sinistra...; è in fuga.

Un nuovo grido, un grido di gioia, ci giunse; e questa volta rispondemmo anche noi. Il nostro grido, [p. 219 modifica]da tanto tempo preparato nelle viscere, ma compresso, soffocato, strozzato, venne su, si sprigionò, eruppe, dal più profondo dell’anima, selvaggiamente lungo ed acuto.

La schiera vincitrice sostò un istante, poi riprese l’andare, incalzò i fuggenti, si allontanò dietro a loro, si fe’ piccina piccina, si fe’ un punto nero, disparve.

In quel punto una voce alta e vibrata risuonò in mezzo a noi: — A voi altri adesso! Al posto! —

Era la voce del nostro maggiore.

Provate a lasciar cadere un pezzo di carta in fiamme sopra uno di quei formicai larghi e fitti, che lontani un passo vi sembrano immobili, e rendono l’immagine d’una macchiaccia nera, di cui non si sa a primo aspetto distinguere la natura. La piccola turba atterrita si sconvolge in tutti i punti vertiginosamente, si getta in furia ai varchi sotterranei. Avventurose le prime! Le altre si serrano, si urtano, si accavallano; quel varco è chiuso? presto ad un altro; anche questo? via, ad un terzo; chiuso anch’esso? di nuovo al primo. E poi che la più parte si sono cacciate alla rinfusa nel covo, molte, sfortunate! errano ancora disperate di qua, di là, alla cieca, in cerca d’uno scampo, da un buco ad un altro, già più morte che vive, finchè trovano anch’esse un po’ di posto al sicuro, benchè un po’ tardi e forse a prezzo di qualche scottatura.

A parte il terrore, così accadde al sonar di quella voce fra quei soldati.

In un lampo tutti su, tutti in armi; gli ordini si ricomposero precipitosamente; un gran fermento, un gran bisbiglio, un gran serra-serra; poi quiete. Qualcuno corse ancora qua e là in cerca del suo posto; chi lo trovò, vi si spinse; chi nol trovò, a forza di gomiti, sel fece: tutti al posto. [p. 220 modifica]

Guardatela là quella moltitudine poc’anzi sparpagliata, giacente, cogli abiti aperti, colle cinture sciolte, colle armi a terra, guardatela là, in un lampo, ritta, schierata, immobile, muta, e nei sembianti ilare e calma. Guardateli nel viso, e mi direte che quella è gente che vedrà le spalle del nemico, o morrà. Guardate la bandiera; è immobile; il braccio che la regge non trema. Guardate bene quei soldati che le fanno attorno una siepe di baionette: sono spaventosi! Vi sono degli occhi che somigliano folgori.

— Avanti! — tuona la nota voce.

Un moto subitaneo in tutta la colonna, un fremito, un sussurro; poi quiete. — Avanti! — ripetono i capitani.

Avanti dunque, su, alla collina. La compagnia ch’è alla testa indugia un istante dinanzi ad una prima siepicella che le fa inciampo; le compagnie che seguono le si accalcano dietro; la colonna pesante si serra, oscilla, ondeggia dall’un capo all’altro sull’ineguale terreno; poi si rompe, si allarga, si restringe, si allunga, si ricompone, torna ad accalcarsi con vece continua, a subiti impeti, a subite fermate, a passi ineguali, a sbalzelloni. Chi è alla coda ora è balzato indietro dallo zaino di chi precede, che lo urta nel petto; ora su chi gli è avanti si precipita improvvisamente e lo spinge in su barcolloni; chi è alle ali, sbattuto di qua e di là a fiancate, a colpi di gomito, a urti di zaino, va su serpeggiando e vacillando, a capo basso e a gambe larghe. Qui una siepe: su le gambe, alti i fucili. Lì un fosso: svelti, è passato. Qua un rialzo di terra: animo, sopra, senza scomporsi. Là un intreccio di rami che scendono sul viso: via colla mano, giù le teste. Una vite fa intoppo: giù una sciabolata, è a terra, avanti. Erbe, arbusti, siepi, viti, solchi, sentieri, tutto si sforma, tutto cade, tutto sparisce sotto quell’onda, sotto quel peso, sotto [p. 221 modifica]quella pesta precipitosa, sotto quella moltitudine scatenata. Qua il terreno si fa erto d’un tratto e sassoso: il piede scivola, molti cadono; su coi gomiti, su, forza, in piedi, avanti. I più si aiutano colle mani, col calcio del fucile, colle ginocchia; i tronchi, le zolle, le pietre, le radici, tutto serve di presa alla mano convulsa; la turba s’arrampica, striscia, s’abbarbica, qui densa, là rada, scompigliata, sparsa; ma tenace, ma risoluta, ma rabbiosa. E intanto le forze vengono meno, e il sole ci saetta, ci arrovella, e qui, dentro il petto, si brucia.... Non monta; coraggio; un’occhiata in su a veder quanto resta: — poco. — Un’occhiata indietro: — una lunga striscia di caduti tendono le braccia; molti tentano di rialzarsi; indarno; ricadono. — Ci siamo, quasi; ci avranno già scorti; a momenti.... Oh! — Un sibilo, lungo, acuto, stridente, rabbioso passò sulle teste della colonna. Un lieve grido, un profondo fremito, tutti a terra. — Su quelle teste! — tuona la nota voce; quando si sente il fischio è passata — Tutti in piedi; ci siamo; ci han veduti; serriamoci; giù le baionette, svelto il passo: sotto.1 — Un altro sibilo più lungo, più sottile, più mordente, più vicino, più spaventoso: tutti a terra. — Su perdio! figliuoli! — sempre quella voce; — guardatela in faccia la morte. Niente paura. — Un altro fischio; un altro; tutti illesi; siamo al sicuro; eccoci sulla vetta; alto; aspettiamo.

Tutti girano l’occhio intorno meravigliati: che pianura immensa, stupenda! Il cielo, com’era, purissimo ne concedeva allo sguardo le lontananze estreme. Da un lato, lontano lontano, monti e dietro monti ed altri ancora, alti, azzurri, chiari; dall’altro lato pianura, sempre pianura. Tutta quella superficie verde appariva [p. 222 modifica]solcata qua e là da lunghe e sottili strisce bianche, che s’intersecavano in molti punti e si perdevano fra gli alberi lontani, sollevando in certi tratti grossi nuvoli di polvere che apparivano, percossi dal sole, candidissimi, e si allungavano lentamente nella direzione delle vie; quelle strisce bianche erano le vie che avevamo fatto il mattino; quei nuvoli rivelavano l’avanzarsi di alcune colonne italiane. Poche casuccie qua e là, mezzo nascoste fra gli alberi, com’avessero paura, e non volessero vedere che cosa accadeva lassù. Di sotto poi, proprio sotto, spettatrice avanzata e silenziosa, Villafranca. Dall’altra parte, verso i nemici, certe macchie scure in mezzo al verde dei campi ed uno sfolgorìo interrotto di baionette, che ora si avanzavano, ora sostavano, ora accennavano a destra, ora a sinistra, quasi fossero incerte sul dove dirigersi e procedessero circospette. Più presso a noi, sempre sul piano, cinque, parevano, o quattro cannoni austriaci che faceano un trarre continuato e lento. Dalla parte opposta, e proprio ai piedi del nostro colle, tiravano continuatamente come i primi, ma più a rilento, altrettanti cannoni dei nostri. Dietro a noi, alle falde d’una collina vicina, si vedeva un denso fumo bianco e crepitava un rapido fuoco di fila; era l’ala estrema d’un’altra divisione. Null’altro vedemmo, o, almeno, null’altro mi ricordo d’aver veduto. Stavamo là ad aspettare, contemplando quello spettacolo meraviglioso.

Nei momenti di profonda concitazione, quando ci freme dentro la mente, qualche affetto supremo, spesse volte, quasi inconsapevole di ciò che segue nel cuore, si distrae a poco a poco da se stessa, e vaga e si abbandona dietro le immagini e i pensieri più fanciulleschi e più strani, come se quella che scorre fosse un’ora della vita consueta, un’ora oziosa e tranquilla. [p. 223 modifica]Così, scorgendo un campanile lontano, io pensai: — È domenica. Quella gente là stamane si è vestita a festa, è uscita gaiamente per le vie, e poi è andata in chiesa, e poi ha sbrigate le sue faccende come tutte le altre volte, queta, contenta.... È un giorno come un altro per loro. Chi sa se sapranno che cosa accade qui! Eppure là in mezzo v’hanno delle madri che hanno il figlio soldato.... — E internandomi in questa immaginazione, io vedeva tutte quelle donne, in chiesa, ginocchioni, raccolte, preganti, e ne spiava i volti. — Quella là; sì, quella là è la madre di un soldato. — E ad ogni colpo di cannone la vedevo impallidire e tremare....

Tutto ad un tratto, un sergente che mi stava seduto accanto, si levò in piedi, mutò alcuni passi colla testa alta, il volto sorridente e gli occhi diretti lontano, verso i monti; poi tese il braccio, puntò l’indice verso là, sostò un istante, guardò attorno ai compagni, e: — Figliuoli! gridò con voce alta e chiara, venite qua. — Molti si levarono in piedi e gli corsero attorno. — Guardate, egli soggiunse, tenendo sempre il braccio teso e l’indice appuntato. Le vedete quelle torri laggiù lontano, e quelle case? — Dove? dove? — domandarono molti altri sopraggiungendo a passi concitati. — Là, là, guardate dove segno io. — Vedo, disse l’uno. — Anch’io. — Anch’io. — Vediamo tutti. — Ebbene?

— Ebbene! — egli rispose con voce sonora e tremante: — quella là è Verona!

— Verona! Verona! — gridarono tutti, battendo palma a palma; la voce si propagò; tutto il battaglione, in un minuto, fu lì. Tutti colla faccia volta da quella parte e colle braccia tese verso quelle torri, colla bocca aperta a quel grido, guardavan là come si guarda.... Siete mai stata molto tempo senza veder vostra madre? Se foste ad aspettarla all’arrivo, avrete teso lo sguardo avida[p. 224 modifica]mente lungo la via per cui doveva arrivare, e quando in fondo a quella via, lontano lontano, avrete scorto un punto nero e un nuvoletto bianco di fumo e vi avrà percosso l’orecchio uno squillo di corno, signora, che cosa avete sentito nel cuore? Ciò che sentivamo noi là, beando gli occhi su quelle torri sospirate... gridando quel caro nome....

La signorina ebbe un fremito.

— Erano lassù tutti e quattro i battaglioni del reggimento — continuò l’ufficiale. All’improvviso, si sente un alto grido, tutti i soldati balzano in piedi, gli ufficiali comandano: — Al posto!, — le compagnie si riformano, e tutti zitti. Un altro grido, e tutti gli ufficiali ripetono: — Baionette in canna. — E tutti e quattro i battaglioni inastano le baionette, e poi di nuovo silenzio. — Cosa c’è? Cos’è stato? — tutti si domandano. Sopraggiunge l’aiutante del colonnello a cavallo, s’avvicina al nostro maggiore e gli dice qualcosa nell’orecchio. — Avanti! — il maggiore grida. Il battaglione si muove, oltrepassa la sommità del monte, scende la china dalla parte del nemico. Tutti que’ di dentro, io fra i quali, allungano il collo e protendono il capo a destra e a sinistra per veder dove si va; ma non si riesce a veder nulla; la prima compagnia ingombra la vista. Mi volto indietro, e vedo gli altri battaglioni che ci seguono da lontano a lento passo. Tutto ad un tratto, trovandosi l’ultima compagnia sopra un rialzo di terreno, intravvedo in lontananza, tramezzo agli alberi, un movimento, un luccichìo.... Nel punto istesso sento un terribile scoppio, e acutissimi fischi a destra, a sinistra, ai piedi, sul capo, e grida strazianti a pochi passi da me, e lontano una gran nuvola di fumo bianco, e poi un grido poderoso: — Attacco alla baionetta! — Il battaglione disordinato e confuso si slancia avanti a passo [p. 225 modifica]di carica. Un altro grido: — Savoia! — Il battaglione prorompe in un urlo altissimo e si slancia di corsa; non si vede altro che fumo; un altro scoppio; altri fischi; avanti, avanti.... Alto! la tromba ha suonato l’alto. Dove siamo? Dov’è il nemico? Che cosa si fa? Oh che fumo! Il battaglione è tutto sparpagliato. Ecco una casa. Par che partano delle fucilate da quella casa. — Attacco alla baionetta! — s’ode gridare confusamente in mezzo alle schioppettate; il battaglione si slancia avanti; dove si va? per dove si passa? Non si vede nulla. Ah! ecco una porta; dentro in furia a baionetta calata; un cortile, i nemici, una bandiera; animo, addosso. Intorno alla bandiera c’è un baluardo di petti, irto di baionette immobili. I primi, sopraffatti, s’accasciano; sugli altri, saldi come colonne, la furia assalitrice si arresta, e qui comincia un tempestare precipitoso di colpi che si sentono e non si vedono; le baionette s’incrociano e si urtano risonando acuto; scricchiolano i fucili spezzati; urli orrendi soffocati nella strozza, e gemiti tronchi che assecondano i conati dei colpi; le armi si drizzano, la mischia si chiude, i combattenti vengono a corto; si forma un gruppo confuso degli uni e degli altri, stretti, pigiati, faccia contro faccia; impugnano le baionette, si afferrano alla gola, incrocicchiano le braccia e le gambe, si avvinghiano e si divincolano, cadono, risorgono, pallidi, ansanti, co’ denti serrati, le teste scoperte e sanguinose; l’uno sente dell’altro il frequente e infuocato anelito sul viso; ad ogni tratto una faccia illividisce e un capo si arrovescia all’indietro colle pupille stravolte; il terreno è coperto di caduti; il gruppo attorno alla bandiera è rimpicciolito; l’alfiere ha toccato una baionettata nel petto. — A te! — grida con voce morente; un altro ha afferrato la bandiera. Intanto si combatte da tutte le parti della casa. Si sentono grida lamente[p. 226 modifica]voli dall’interno delle stanze; si sentono tremare i solai sotto il peso dei passi precipitosi, e porte scrosciare e spezzarsi sotto i colpi de’ fucili. Gli assaliti errano disperatamente di qua e di là, si rimpiattano nei cammini, dietro ai mobili, dietro le porte; gli assalitori sopraggiungono ululando, si sparpagliano, frugano, fiutano, li scoprono, li snidano, li trascinano, rigando di sangue i pavimenti e le scale; i vinti non si arrendono, i prigioni si rivoltano, si svincolano, si gettano alle finestre e si precipitano nel cortile, o son baionettati nella schiena e restano cadaveri sui davanzali; altri cerca scampo pei tetti, altri ferito e grondante di sangue si trascina carponi fuor della mischia. I difensori della bandiera sono agli estremi. — Arrendetevi! — gridano i nostri. — No! no! — essi rispondono con voce soffocata; — morte! morte! — Ad un tratto si sente un altissimo grido che fa rintronare la casa, e nello stesso punto balza fuori della mischia un soldato colla bandiera nemica nel pugno, la fronte alta e splendida, lacero e sanguinoso. — Viva! — ripetono cento grida da tutte le parti della casa. S’ode uno squillo di tromba. — Cosa? Che è stato? Ritirata? Come? Perchè? È impossibile! Zitti! — Un altro squillo di tromba e un grido tonante del maggiore: — Ritirata! — Ritirata? noi? adesso? ma proprio? Ah! è impossibile! è impossibile! — Siamo fuori della casa, il maggiore indica la direzione della strada, gli altri battaglioni sono già in moto. — Dio eterno! ci ritiriamo! Capitano! capitano, in nome del Cielo, perchè ci ritiriamo? — Il capitano senza dir nulla, si volta dalla parte del nemico e stende il braccio verso la pianura come per accennare qualche cosa. Guardo.... Era una colonna nemica che s’avanzava alle nostre spalle, lunga, sterminata, perdentesi nella lontananza della campagna: rimasi di sasso. [p. 227 modifica]

— Ma capitano! capitano! e gli altri corpi? le altre divisioni? dove sono? che cosa fanno? perchè non vengono?

— Mah! — egli rispose stringendosi nelle spalle.

— Ma dunque noi abbiamo perduto! — io gridai con accento disperato.

— Pare. —

Io guardai intorno i miei soldati, guardai di nuovo la colonna austriaca, guardai Villafranca, guardai quella stupenda pianura lombarda, quel bel cielo, quei bei monti. — Oh povero mio paese! — esclamai, giungendo le mani.... e piansi come un bambino.

La signorina chinò la fronte sulla palma della mano e pensò.


Note

  1. Sotto, in linguaggio militare, significa «serrate» ossia fatevi innanzi così da stringer bene le file.