Le Baccanti/Terzo stasimo

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Terzo stasimo

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Euripide - Le Baccanti (406 a.C./405 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1928)
Terzo stasimo
Terzo episodio Quarto episodio
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i corifea
Strofe
Or quando nella tènebra
notturna il pie’ mio candido
agiterò nel bacchico tripudio,
la cervice crollando all’ètra rorido,
come cerbiatta che del prato allegrasi
fra le verdi delizie,
poi che la truce caccia
ha sfuggita, e l’insidia
delle ben tese reti? Col suo sibilo
il cacciatore l’impeto
dei cani aizza invan sulla sua traccia:
ch’essa, pari ad un turbine,
via per i prati lanciasi
lunghesso il fiume; e nelle solitudini
ove uom non giunge, posa,
e tra i virgulti della selva ombrosa.

Che è saggezza? E qual fu mai dai Superi
dono piú insigne agli uomini largito,
che la man dei nemici
tener sulle cervici?
E quanto è bello a noi sempre è gradito.

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ii corifea
Antistrofe
Tardo, ma non fallibile
giunge il poter dei Superi,
e castiga i mortali che si piegano
reverenti ad empiezza, e dalla stolida
mente sviati, i Numi non rispettano.
I Numi che con vario
accorgimento ascondono
del tempo il lento incedere,
e l’empio nella rete infine colgono.
Mai nulla che travalichi
le antiche leggi non si brami o investighi;
e bene è cosa agevole
reputare che il massimo
potere abbian gli Dei, quali essi siano,
e quel che per natura
sembra prescritto, e da gran tempo dura.

Che è saggezza? E qual mai fu dai Superi
dono piú insigne agli uomini largito
che la man dei nemici
tener sulle cervici?
E quanto è bello a noi sempre è gradito.

Epodo
Beato chi sfuggí l’onda del pelago,
e giunse al porto; e chi gli affanni supera,
beato. Per fortuna e per dovizia
altri altrimenti vince gli altri. Innumere
speranze in cuor s’annidano

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ad innumere genti. E alcuni ad esito
giungono fortunato, altri falliscono.
Ma chi felice vive del fuggevole
giorno, beato io reputo.