Le Meteore

Da Wikisource.
Gabriello Chiabrera

XVII secolo Indice:Opere (Chiabrera).djvu Poemetti Letteratura Le Meteore Intestazione 7 settembre 2023 75% Da definire

Il Chirone Delle Stelle
Questo testo fa parte della raccolta Poemetti di Gabriello Chiabrera
[p. 222 modifica]

VII

LE METEORE

ALLA SERENISSIMA ARCIDUCHESSA

MARIA MADDALENA D’AUSTRIA

GRAN DUCHESSA DI TOSCANA

     Perchè tal volta negli aerei campi
Fuoco s’accenda, e vi trascorra, e come
Di diversi color tinte le nubi
Mostrinsi in alto, ed onde mova il vento,
5Onde le piogge, in su novella cetra
Di raccontar nuovo desire io sento.
Non vulgar canto; e che al tuo cor gentile
Giunga gradito, io non lo spero a torto,
O stella d’Austria, e dell’amabil Arno
10Degna Regina, e del mio Re conforto.
Ma queste ascose, e rare colte intese
Cose dal vulgo, onde averem parole
Da sporle sì, che ne divenga udendo
Dell’Italica gente il cor giocondo?
15Ed onde mai piglio principio? Il Sole
Su rote accese raggirando il mondo,
Tragge dal seno immenso della terra
Vapore in alto, or acquidoso, ed ora
Caldo ed asciutto; e qui rammento altrui,
20Che dal Fabbricator dell’Universo
Si diede all’aria il natural suo luogo:
Sicchè di sotto ave la terra e l’acqua,
E sopra intorno le si volge il fuoco.
Or di quest’aria la volubil massa
25In tre distinte region si pârte:
Una è suprema, e perchè a lei si appressa
Il fuoco ardente, ella mai sempre è calda;
Nè men perchè dal Sole, e dalle stelle
Focosa qualità le si comparte,
30L’altra s’adima, ed al terren s’accosta;
E quando il Sol dirittamente il batte
Ne i mesi ardenti, ella però si accende;
Ma quando poscia la dorata faccia
Egli allontana ne i gelati mesi,
35Vinta da quel rigore ella s’agghiaccia.
L’altra, che in mezzo a queste due riponsi
Discosto dalla terra, unqua non sente
Di suo calore; e pur lontana sempre
Dall’elemento eccelso delle fiamme,
40E più dal Sol, non può venire ardente;
Sicchè ognora di gel son le sue tempre.
In questo campo, e così fatto, ognora
Sue prove fa ciò che la terra spira,
E ciò, che co’ suoi raggi il Sol ne tragge:

[p. 223 modifica]

45Che se il vapore è secco, e tanto ascende,
Che giugner possa alle supreme piagge,
In sembianze diverse egli s’accende;
E quinci appar piramidal figura
All’altrui sguardo; o pur egual colonna
50Di pura luce fiammeggiar nell’alto,
O trascorrere stella in ciel sereno;
Nè men fassi veder fulgida immago
Di capra, che si move a salto a salto;
Talor di fuoco vi s’imprime un drago,
55Che in sè stesso in più nodi si raggira,
E l’ali spande: ed anco avvien tal volta,
Che orribile cometa ivi si mira.
Ella con lunga chioma arde e rosseggia,
E la semplice turba al ciel rivolta
60Il ciglio inarca, e nel suo cor predice
Rio cordoglio di morte a qualche reggia;
O Marte struggitor di gioventute
Scoterà l’asta; o, funestando i campi,
Morte precorrerà fame infelice:
65Così duolsi la plebe. O fortunato
L’uom saggio, al cui valor non sconosciute
Son dell’alte opre le cagion segrete.
Ei non s’affligge indarno, indarno oppresso
Ei non si scorge da vulgar spavento;
70Ma saldo stassi, e nell’immobil petto
Serba per ogni tempo il cuore armato.
Fortunato non men chi sul Permesso
Ha l’alme Muse d’ascoltar diletto:
Elle con bocca di purparee rose
75Sogliono raccontar dell’Universo
A’ servi suoi le meraviglie ascose
Su bella cetra adamantina, ed essi
Cantanle poscia inghirlandati i crini
A re scettrati in glorïosa sede,
80Dalla cui nobil man larga dell’oro
Sogliono riportar degna mercede.
Veggiamo ancor ciò che la terra esala
Sovente aver d’aridità gran forza,
E mentre che nell’alto ei si sospinge,
85Rompe gelida nube il suo viaggio:
Ella in sè lo rinvolve e lo ristringe,
E lo rinserra; ed ei quasi sdegnoso
Suolsi infiammar per lo sofferto oltraggio;
E si fa forte, e finalmente squarcia
90L’orrido grembo della nube oscura,
E di qui fansi udir baleni e tuoni:
Ma se il chiuso vapor tanto s’indura,
Ch’ei venga pietra, egli quaggiù s’avventa
Solforeggiando, e tra sì fiero ardore,
95Che ciascun’alma di spavento ingombra:
Le rupi scosse se ne vanno in schegge,
Ascondonsi le belve, ardono i boschi;
E chiude gli occhi di sè stesso in forse
Il pastorel, che si riposa all’ombra.
100Or prendo a dir, che dalla terra un fumo
Suol sollevarsi, ed è sottile e secco;
E giunto a’ regni, ove più l’aria è fredda,
Da i vapor freddi è ricacciato a basso,
E contro a loro, a contrastar converso,
105Calar si sdegna, e nel pugnar non lasso
Entro l’aria quaggiù corre a traverso.
Onde il Sol cade ed onde ei sorge ed onde
Splender veggiamo i gelidi Trioni,
Ed onde il basso polo a noi s’asconde;
110Da quel sentir, che trasvolando ei varca
Ogni un di lor sua qualitate acquista.
Qui narreremo noi bionda Talia
Riposti canti, ond’io rallegri il petto
Alla gran Donna della cetra mia.
115Fama è, che Astrea colla rosata Aurora
Generassero i venti, ampia famiglia;
Ma furon quattro i più possenti e fieri,
Zefiro, Argesto, ed Aquilone e Noto:
Zefiro crespo i crin, gli occhi lucente,
120Ambo le guance di rosata neve
Lasciava d’ogni Ninfa il cor ardente:
Ma fra tutti que’ pregi e quegli ardori,
Che disperdesse Najade, o Napea,
Ei fu di ghiaccio, ed infiammossi al fine
125Per la beltà della leggiadra Clori,
Di cui poco ritrosa a’ suoi desiri
Dopo breve sospir sposo divenne.
Costei cara a Giunone e cara a Teti,
E cara a Berecintia, arte sapea
130Per dolce tranquillar l’onde marine,
E sapea il suolo seminar di fiori,
E le nubi sgombrar dall’aria intorno.
Tanta virtù dalla consorte appresc
Zefiro accorto, ed alla vita umana
135Suol di sì cari pregi esser cortese:
Ei rasserena i cieli, adorna i prati,
Dell’immenso Oceáno i campi spiana,
E se la belva orribile Nemea
Vibra dall’arso ciel raggi infocati,
140Ei, soccorrendo a’ nostri spirti afflitti,
Ne rinfresca le vene, e ne ricrea:
Allor tra’ marmi delle logge aurate,
E nei giardin dell’ammirabil Pitti
Col carissimo Re muovi, o Regina,
145A far soggiorno, e del bel vento quivi
Senti l’aure volar mormoratrici,
E ristorata tu ritorni al peso
Dell’alma Reggia, e del superno scettro,
Onde i popoli tuoi fansi felici.
150Ma ritorniamo ai tralasciato canto:
Se giammai per l’autunno, o quando aprile
Ringiovenisce l’anno, il Sol cadendo
Alza alla bassa region dell’aria
Un umido vapor raro e sottile,
155Ei se s’addensa per la notte oscura
Con picciol freddo, quando avvien che cada,
Ingemma l’erbe di minute stille,
E sì fatto vapor detto è rugiada:
Ma se l’ombra notturna unqua lo stringe
160Con acerba freddezza ad indurarsi,
Di bel candore usa vestir le piagge,
E brina da ciascun suole appellarsi.
Or l’occulta cagion, perchè discenda
Pioggia, gragnuola, indi candor di neve
165Altrui sia noto: un vaporoso umore
Lascia il terreno, e su per l’alto poggia,
Ove il mezzo dell’aria è più gelato;
Ivi s’addensa, o divien nube, e poi
Che il Sol co’ raggi suoi ben lo dirada
170In gocciole disperso egli sen piove:
Ma se incontra lassuso aspro rigore,
Ogni stilla rassoda anzi che cada;
E per tale cagion piomba gragnuola.
Ah ch’ella frange i pampini talora,
175Onde batte la fronte, e si contrista
Il villanel, cui la vendemmia invola:

[p. 224 modifica]

Ma se rigor non fortemente acerbo
Stringe per l’aria il vaporoso umore,
Neve diviene, che dispersa e lieve
180In falde candidissime discende.
In così fatto giel fiammeggia Amore,
Là dove Teti la Liguria bagna,
Che ivi ogni bella col fedel contende
A spessi colpi di compressa neve;
185E tra’ risi dolcissimi, e tra’ sguardi
Insidioso Amor la mira prende,
E nel mezzo dei petti avventa i dardi,
Scherzo gentil; ma via maggior diletto
S’ha dalla neve, ove in prigion si serba
190A far ne’ caldi mesi amabil verno.
E chi non gioirà, quando egli bea
In gelido cristallo il buon Falerno?
E sotto il Sirio la verace ambrosia,
Che sull’Arno real detta è Verdea?
195Fia che altri chieda omai, perché la nube
Varia si tinge, a cui darò risposta
Per cotal guisa: se vapor si leva
Umido e denso sì, che il Sol possente
Non sia co’ raggi a penetrarvi dentro,
200La nube è negra; e se vapor sottile
A’ bei raggi d’Apollo si dispiega,
Ella biancheggia; e se disponsi a piova,
E si risolve, il fiammeggiar di Febo
Fa sì, che a’ nostri sguardi ella verdeggia;
205Ma se percosso dall’etereo lume
Si solleva vapor di varie tempre,
Apparir come d’ostro ha per costume:
Quinci d’intorno alla notturna lampa
Fassi corona; e quinci alcuna volta
210Il Sole in aria un altro Sole stampa;
E quindi avvien che il popolo rimiri
L’Arco, ch’ei suole nominar Baleno:
Ma fra le Muse in sull’Aonie rive
Chiamasi figlia di Taumante, ed Iri,
215Pompa del cielo, e d’ogni cor terreno
Saldo conforto in rimembrare in segno,
Che il mondo mai sotto piovosi abissi
Non perirà per lo divin disdegno:
Che per altro pensando a nostre colpe,
220A’ nostri falli tanto gravi, e tanti,
Paventarne ogni dì fora ben degno.
E dove corse mai l’antica etade,
Che in male oprar noi non passiamo avanti?
Quali raffrena il core empj desiri?
225E dove ardita non si pon la mano?
Non si disprezza ognor l’etereo regno,
E sottosopra non si pon l’umano?
O fortunato e ben sicuro il mondo
Da rio flagel, se nella bella Flora,
230Per sè stesso emendar, fissasse il guardo:
Qui l’alto nome del gran Dio s’adora,
La gente s’ama, e al suo Signor s’inchina,
Ed egli a noi bear non è mai tardo:
Egli dall’alma regïon divina
235In saldo seggio ha richiamato Astrea;
Sicchè sotto i suoi scettri acerbo orgoglio
Non minaccia d’oltraggio umil fortuna;
Ne mai la bionda Cerere sofferse
Rimirar di sue spiche alma digiuna.
240Santissimo Battista, onde s’asperse
Della bell’acqua il Redentore, eccelsa
Reina delle stelle, a cui s’accende
Mai sempre odor di venerati incensi,
Udite i nostri prieghi, e conservate
245Il regio stame della nobil vita,
A cui la vita di cotanti attiensi.