Le Mille ed una Notti/Storia d'Alì il Gioielliere, e di suo figlio Hassan

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Storia d'Alì il Gioielliere, e di suo figlio Hassan

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Storia d'Alì il Gioielliere, e di suo figlio Hassan
Storia di Sittal-Badur e d'Ibn-al-Mansur Teveddud, ossia la Dotta Schiava

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NOTTE DCIII

STORIA

D’ALI’ IL GIOIELLIERE, E DI SUO FIGLIO HASSAN.

— Un gioielliere immensamente ricco, chiamato Hassan, dimorava un tempo nella città del Cairo. Consacrate tutte le sue cure all’educazione dell’unico suo figliuolo, nomato Alì, e trovandosi al letto di morte, fece chiamare il giovane per dargli buoni consigli. — Figlio,» gli disse, «questo mondo cangia di continuo, e nondimeno rimane sempre il medesimo. Tutto ciò ch’ebbe l’esistenza divien preda della morte; sento ch’ella si avvicina, e desidererei, per tuo bene, che tu seguissi gli ultimi precetti del padre tuo. Io ti lascio ricchezze immense, e tu puoi spendere ogni giorno cinquecento pezze d’oro senza tema di veder esaurita la tua fortuna. Ma, figlio, non bandire giammai il timore di Dio e del suo Profeta. Sii benefico, frequenta le persone dabbene, fuggi i cattivi compagni, l’avarizia e la prodigalità, e non maltrattare la tua sposa incinta. Per me, prego Dio di non mandarti avversità prima del giorno in cui gli piacerà di chiamarti appiè del suo trono. — [p. 310 modifica]

«Il giovane, durante quel discorso, struggeasi in lagrime. Lo strinse il padre un’altra volta al seno, e spirò. Tutta la casa risuonò di gemiti; se ne lavò il cadavere, e in affidato alla terra con tutte le solite cerimonie. Alì poi rimase quaranta giorni chiuso nella sua camera, leggendo il Corano, senza vedere alcuno.

«Un giorno, venuti a visitarlo parecchi giovani, figli di mercatanti e suoi compagni d’infanzia, l’indussero ad uscire con loro, burlandosi del suo dolore, e cercando di volgere in ridicolo la di lui tristezza. — Monta sulla mula,» gli dissero, «e vieni con noi ai giardini.» Si lasciò trascinare dalle reiterate istanze, e passò parte del giorno a bere ed intertenersi con loro. All’indomani, tornati a vederlo, ei li accompagnò come il giorno precedente; e non mancando la moglie di ricordargli gli ultimi consigli del padre, soprattutto quello di non frequentare cattiva compagnia: — Sono persone illibate,» rispose, «figli d’onesti mercatanti: amano, è vero, l’allegria ed i piaceri; ma ciò non toglie d’essere galantuomo. —

«Passati in tal guisa parecchi giorni, gli amici di Alì così gli dissero: — Ora tocca a te a trattar noi; non vorrai certo fare un’eccezione per te solo.» Bastarono tali parole per gettare il giovane Alì in pazzissime spese, che doveano alla fine cagionarne la ruina. Erano ogni giorno sollazzi e divertimenti cui assistevano donne di dubbi costumi; gite sulle sponde del Nilo, oppure nella deliziosa isola di Ronda, che il Nilo stesso forma rimpetto al Cairo. Per circa tre anni menò Alì un tal genere di vita, nel corso de’ quali scialaquò tutta l’eredità del padre: il denaro, le gioie, le case, i giardini, tutto vendette, persino la casa nella quale abitava.

«Trovatosi così in miseria, non sapeva Alì come nutrire due figliuoli gemelli, un bambino ed una [p. 311 modifica] fanciulletta. — Ecco,» gli disse la moglie, «il frutto che raccogliesti per non aver seguiti i consigli del padre tuo. Non ti aveva predetto anch’io che le cose andrebbero a terminare così? Adesso va dunque almeno a cercare da’ tuoi compagni di crapula un po’ di pane pe’ tuoi figli.» Andò Alì di casa in casa; ma fu pagato di scuse dove non si vide scacciato con male parole, e tornò com’era andato, colle mani vuote. Quel contrattempo afflisse vivamente la moglie, che recossi in persona ad implorar soccorso dalle vicine, tra cui trovò una persona generosa, la quale colmolla di tante liberalità, che ne avrebbe potuto vivere un anno intiero. — Sia lodato Iddio!» sclamò Alì; «ma ciò non può durar sempre; bisogna ch’io vada a trovare i mezzi d’assicurarmi l’esistenza.» Allontanandosi, senza sapere egli medesimo cosa dovesse fare, nè dove andasse, giunse a Bulak, ch’è il porto del Cairo, e quivi s’imbarcò sopra un giarmè pronto a partire per Damietta. Giunto in quella città, trovò un antico amico di suo padre che stava per recarsi a Bagdad; laonde montato con lui a bordo d’un vascello che faceva vela per la Siria, si unì alla caravana che da Damasco andava a Bagdad.

«Era appena ad una giornata di cammino da quella città, allorchè fu assalita da una banda di masnadieri, i quali saccheggiarono i viaggiatori; ciascuno salvossi come potè, ed Alì fuggì verso Bagdad, ove giunse precisamente nel punto che chiudeansi le porte, e pregò le guardie di concedergli un asilo per quella notte, al che aderirono volentieri. Dopo aver loro raccontata la sua avventura, coricossi e dormì sino a giorno, e quindi vestitosi, pregò uno de’ guardiani di condurlo da un cospicuo mercatante di Bagdad, antico amico di suo padre. Questo mercante, al quale si presentò come il gioielliere Alì figlio di Hassan, l’accolse con molta festa, e lo [p. 312 modifica] sollecitò a scegliere una delle sue case per dimora; Alì fu condotto in una bella via ove trovavansi tre case, colle porte e gelosie chiuse; che appartenevano al negoziante. — Potete scegliere,» gli disse allora la sua guida, «fra queste due superbe case. — E perchè ne eccettuate la terza? — Perchè è abitata da spettri e da spiriti malefici, che uccidono tutti quelli che sono abbastanza arditi di passarvi la notte.» Alì, il quale altro non desiderava se non di vedere il termine della sua esistenza, lo pregò di dargli quella casa, e vi si stabilì ad onta degli storni del padrone per dissuader dall’insano disegno. Acconciatovisi comodamente, e fatte le sue abluzioni coll’acqua d’un pozzo che trovavasi in mezzo alla corte, uno schiavo venne a portargli da cena ed i lumi, e levata la mensa, se ne andò, augurandogli d’uscir felicemente da quell’avventura. Alì prese una face, e salì la scala per vedere gli appartamenti del piano superiore; vi trovò una magnifica sala, colla soffitta d’oro ed il pavimento di marmo, e preparatosi il letto, accese un’altra candela, e si mise a leggere il Corano. Ne aveva già recitato alcune surate, quando d’improvviso s’intese chiamare da una voce forte: — Alì, figliuolo d’Hassan, vieni abbasso. — Vieni qua tu,» rispose Alì. Appena aveva pronunziate tali parole, cominciò a piover oro da tutte le parti, sicchè ne fu in breve piena la sala. Allora egli prese il Corano, e disse: — Io ti scongiuro, spirito invisibile, in nome di Dio, di dirmi cosa significa tutto ciò che veggo. — Quest’oro,» rispose la medesima vece, «è incantato, e da gran tempo era destinato a te. Le parole che udisti, io le ho rivolte a tutti quelli che qui dormivano; ma nessuno chiamandosi Alì, erano colti dallo spavento, ed io li metteva a morte. Per nessun altro ordine fuorchè per quello che desti di qui venire io stesso, riconobbi che eri il padrone del tesoro che ti mostrai. Nell’Yemen [p. 313 modifica] trovasi nascosto un altro tesoro molto più considerevole, che ti è parimenti destinato. Ora rendimi la libertà, e permetti d’andarmene. — Per Allah, non ti metterò in libertà, se prima non m’avrai fatto padrone del tesoro dell’Yemen. — Sono a condurti, ma giurami che allora mi lascerai libero. — Lo giuro, ma ho da chiederti un altro servigio. — Parla. — Ho mia moglie ed i figliuoli al Cairo, e desidero che me li conduca qui. — Il tuo desiderio sarà esaudito, e faranno il viaggio con tutto comodo; ti domando solo tre giorni di licenza. — Vanne,» disse Alì.

«Quindi si pose ad ammucchiar l’oro, e riempirne sacchi che trovò già pronti, e passò tutta la notte a portarli in un sotterraneo aperto, e del quale si pose la chiave in tasca.

«Alla mattina, venuto lo schiavo del padrone di quella casa a bussare alla porta, e maravigliando tutto al vedere Alì sano e salvo, corse ad annunziarne le nuove al suo signore, il quale ne provò estrema gioia, e recossi egli medesimo a felicitare l’ospite e chiedergli se nulla avesse veduto. — No,» rispose Alì; «ho passato tutta la notte a leggere il Corano, e codesta lettura avrà senza dubbio tenuti lontani gli spiriti maligni che si compiacciono di tormentare gli ospiti vostri. —

«Dopo tre giorni ricomparve il genio del tesoro, e disse ad Alì d’andar incontro a sua moglie ed a’ figliuoli, che trovavansi alle porte di Bagdad, come v’erano in fatti, montati in una magnifica lettiga, e vestiti di ricchi abiti presi nel tesoro dell’Yemen. Avendo Alì invitato tutti i mercatanti a venire con lui incontro alla sua famiglia, recaronsi ad un giardino situato all’ingresso della città e sull’orlo della strada del Cairo, per attenderne l’arrivo. In breve, furon visti alzarsi nell’aria nembi di polvere, sollevati [p. 314 modifica] da una caravana di muli e di camelli che avvicinavasi, guidata da gran numero di persone, il conduttore della quale, inoltratosi solo verso il giovane, si scusò pel ritardo di quattro giorni cui era stato costretto dal timore di essere attaccato dai ladroni. Alì erasi burlato dei mercatanti di Bagdad, facendosi credere un ricco negoziante che veniva con una caravana, di cui non aveva udito parlare dal momento che l’assalto de’ masnadieri avean costretto a cercar salvezza nella fuga; ed il genio del tesoro operava così per sostenere l’asserto di Alì, poichè muli, mulattieri, camelli e conduttori erano tanti geni. I mercanti e le mogli loro rimasero estatici di meraviglia, vedendo tante ricchezze, e seguirono la caravana sino alla casa d’Alì, dove fermossi. Gli uomini rimasero negli appartamenti inferiori, le donne salirono ai piani superiori, e tutti furono ricevuti coi massimi contrassegni d’onore, e trattati coi cibi più dilicati, spargendo dovunque, secondo l’uso, l’essenza di rose ed i profumi. Gli uomini e le donne fecero anch’essi, da parte propria, molti presenti ad Alì ed a sua moglie; e da tutte le parti arrivarono schiavi carichi di bacili pieni di frutta, di vasi di fiori, di essenze preziose e di ricche stoffe. Alì congedò quindi i condottieri delle bestie, che trovaronsi padroni d’andare dove più loro piaceva, e ne furono pieni d’allegrezza. Chiese poi alla moglie come fosse venuta, ed essa gli narrò di essere stata, durante il sonno, portata via, trovandosi, allo svegliarsi, in mezzo a quella caravana carica di tante ricchezze. Prese quindi le chiavi delle casse, le aprì, e rimase stupefatto vedendo l’immensa quantità d’oro, di gioie, e le rarissime stoffe ond’erano piene. Raccontato poscia alla moglie ciò ch’era a lui medesimo accaduto, lo mostrò il sotterraneo ove aveva nascosto il primo tesoro. — Dio sia lodato!» sclamò essa; «ecco i frutti delle benedizioni di [p. 315 modifica] tuo padre; segui ora i suoi consigli, e rinunzia al genere di vita che conducesti co’ tuoi compagni di stravizzo.» Lo giuro Alì, e tenne una condotta del tutto opposta alla precedente; collocate in ampi magazzini tutte le sue ricchezze di stoffe e pietre preziose, si mise ad esercitare in Bagdad il commercio. Il re che dominava allora in quella città, avendo udito parlare di lui, desidero vederlo; Alì recossi dunque alla corte, preceduto da quattro schiavi, ciascuno de’ quali portava un gran bacile di porfido rosso pieno di diamanti di gran valore. L’accolse il re con bontà, e vedendo quelle rarità che superavano quanto egli possedeva in tal genere, colmollo di elogi, e l’assicuro del suo favore. Fatto poi chiamare il suo gran visir e di grandi della corte: — Che pensate,» chiese loro, «del merito di chi trovasi in istato di fare simili presenti? — Non può essere che un uomo del merito più raro,» rispose il gran visir. — Anch’io sono di questo parere,» ripigliò il re; «ed è per questo che ho risoluto di farlo mio genero, giacchè mia moglie e la mia figliuola troveremo il suo merito grande quanto voi medesimi, che siete fonte di sapienza.» E mandò i quattro bacili rossi alla regina. — Da chi riceveste questi regali, potente ed illustre principe?» chiese al re la consorte. — Mi sono stati offerti,» rispos’egli, «da Alì il gioielliere, uno de’ più ricchi mercatanti di Bagdad e del mondo intero. Ma, luce degli occhi miei, ei non deve superarci in generosità. Dobbiamo offrirgli in contraccambio una gemma che non ha l’eguale, una perla unica nella sua specie. Questa gemma senza pari, questa perla unica, è la principessa nostra figliuola. Moglie, che ne dite? I visiri hanno già proclamato il raro merito di quest’uomo; è amabilissimo e degno della nostra figlia. —

«Alla domane, il re convocò il consiglio di stato, [p. 316 modifica] dove chiamò pure tutti i mercatanti di Bagdad per essere testimoni dell’onore che far voleva al loro corpo, e si fece pur venire il primo cadì per compilare il contratto di matrimonio della principessa col kovagia Alì del Cairo. — Come!» sclamò questi; «un mercante può diventare genero d’un re? — Tu non sei più mercante,» rispose il monarca; «io ti elego visir ed intimo mio consigliere. — Sire, un’altra parola. — Parla, visir, parla senza timore. — Io sono già ammogliato da quindici anni, ed ho un figlio che ne ha quattordici; vorrebbe vostra maestà far passare al figlio il favore che si degni concedere al padre? — Ciò non mi sembra impossibile; fa venire tuo figlio. Come si chiama? — Hassan. — Hassan! è un bel nome pel figliuolo d’un visir. Si faccia venire. —

«Presentò Alì il figliuolo, che sedusse tutti i cuori per la bellezza e l’amabilità delle sue maniere. Applaudirono la regina e la principessa al nuovo cambio, e le nozze furono celebrate per un intero mese colla massima magnificenza. Il re fece costruire accanto al suo due palazzi, uno pei nuovi sposi, l’altro pel visir.

«Così vissero vari anni, godendo di felicità perfetta: ma in capo a tal termine, il re fu assalito da una malattia pericolosa, e non avendo figliuoli, pensò a darsi un successore. Radunò pertanto il consiglio per udirne in proposito il parere; ed i visiri, conoscean il desiderio, e che d’altronde amavano la principessa ed il suo sposo, accennarono Hassan come erede della corona. — Ah!» disse il re, «è forse per compiacermi che parlate così; ma bando ed ogni adulazione: fatemi sapere la vera vostra opinione. — Noi parliamo sinceramente,» risposero i visiri. — Ebbene,» continuò il re, «radunate gli emiri, i governatori, i cadì, gli imani, e mandatemi qui mio [p. 317 modifica] genero.» Adunata l’assemblea, egli offrì la corona ad Hassan, figliuolo di Alì, che per modestia volle ricusar tal onore; ma il re, ed anche suo padre e tutti i grandi dell’impero, lo supplicarono ad accettarla, ed egli si arrese alle loro istanze. Fu stipulato l’atto che stabiliva i diritti di Hassan al trono; quindi tutta la corte gli prestò giuramento di fedeltà, e suo padre fu il primo a baciargli la mano.

«Tre giorni dopo tali formalità, il re mancò ai vivi, egli si fecero magnifici funerali, vestendo la corte a lutto per quaranta giorni.

«Hassan, figlio di Alì, ascese al trono come se vi fosse chiamato dal diritto di nascita: si fece amare da’ popoli, e regnò in seno alla pace ed all’abbondanza, innalzando il padre alla dignità di visir, ed ebbe tre figliuoli che regnarono dopo di lui.

«Lode a Dio onnipotente che concede, secondo il suo volere, ricchezza e potenza, e colma di benefizi i benefici!»