Le Ricordanze (Rapisardi 1872)/Parte prima/A gentile operaia

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A GENTILE OPERAIA.




     Al sottil refe intenta,
Passi, ingegnosa giovinetta, i giorni
De la tua nova vita,
Nè april coi fior t’invita.
Nè il brumoso dicembre ti sgomenta;
Pari ad industre formichetta, a cui
Da l’ardente stagion non vien paura,
E provvida e contenta
De l’avvenir si cura.

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Assisa al limitare
     Del polito tugurio, a cui giammai
Non volse aurea fortuna i passi infidi,
Canti, lavori e ridi,
E tua bellezza e il mondo e altrui non sai.
Io, quando al tuo pudico
Sguardo, lo sguardo mio pensoso intendo,
A te mi volgo e dico:
     Tienti, fanciulla, i giorni
Di tua contenta poverezza onesta,
Tienti l’ago veloce e il fil sottile,
Tienti il povero sajo e la modesta
Casa, ov’han pace ed innocenza albergo!
Che ben provvide il ciel, s’altro tesoro,
Fuor che di gemme e d’oro,
Non diede a cui felici il volgo appella,
E la soave e bella
Serenità del cor diede al lavoro.

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     A me, più che le folte
D’eletta gioventù sale festanti,
Ove sacre al piacere ardon le danze,
Cara è la pace del tuo tetto umìle;
Più che tazze spumanti
Di splendidi banchetti
M’è dolce il pan che su povero desco
Divide in sulla sera
Il pio lavoratore ai figlioletti;
Più che beltade altera
Di cocchi aurati e d’opulente vesti,
M’è sacra al cor l’intera
Laboriosa tua vita gentile;
Più che gemma orgogliosa
Amo l’ingenua rosa.
     Al par di te son’io
Operaio, o fanciulla; a me le fila
De l’inconcussa cetra,

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Come a te l’ago e il fil, permise Iddio.
Sovr’essa io l’ingegnosa
Tela distendo degli affetti miei,
E il sottile dei carmi arduo lavoro
A le sue corde affido.
Ma come l’onda che si rompe al lido,
S’agita nel mio cor l’anima inquieta,
Chè di serena e lieta
Tranquillità non diemmi il ciel tesoro,
E fo molle di pianto il mio lavoro.
     O gentile operaia, a te di lunghe
Albe si vesta il cielo,
E a lunga giovinezza Iddio ti serbi!
Negl’ignorati, acerbi
Casi, onde afflitta è ognor la vita mia,
Te chiamerò soventi
Ad allegrar miei solitari giorni;
Nè di pallido volto o di languenti

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Occhi, o di piè leggero
A’ vorticosi balli
Te loderò, ma d’almo e di sincero
Volto e di core allegro,
D’umile stato e di solerzia onesta,
Onde la madre e il genitor cadenti
Paga di tue modeste opre sostenti.