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Le campane

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Giuseppe Gioachino Belli

1834 Indice:Sonetti romaneschi III.djvu sonetti letteratura Le campane Intestazione 29 marzo 2025 75% Da definire

Li cavajjeri Le serpe
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834

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LE CAMPANE.

     Le campàn[1] de le cchiese, sor Grigorio,
So’[2] dde metall’infuso[3] e bbattezzate,
E vve fanno bbellissime sonate
A cchi ha cquadrini da pagà er mortorio.

     Nun c’è ddiasilla, o pprego, o rrisponsorio[4]
Che, ar modo che le cose so’ aggiustate,
Pozzi mejjo d’un par de scampanate
Delibberà[5] cchi ppena in purgatorio.

     Da la condanna ch’er bon Dio je diede,
Je se ne scala[6] un anno pe’ oggni tòcco,[7]
E ggiacubbino sia chi nnun ce crede.

     E ppe’ cquesto quassù,[8] cchi nnunè ssciocco,
Ner morì llassa l’obbrigo a l’erede
Che jje ne facci dà ttanti a bbajocco.

21 aprile 1834.

Note

  1. Campane. Questa apocope non si creda già qui usata per servire al verso. Niuna mai di queste riprovevoli figure, o licenze poetiche abbiam noi adoperata, ma tutto sempre e ingenuamente espresso secondochè purgato suole uscire dalla bocca dei nostri modelli. Di tanto ci rendemmo responsabili nella prefazione, e tanto abbiamo scrupolosamente eseguito.
  2. Sono.
  3. Metallo fuso.
  4. La diessilla, il devoto prego e il responsorio sono la merce che vendono i ciechi alle porte delle chiese, in suffragio delle anime sante del purgatorio.
  5. [Deliberare, per “liberare.„]
  6. [Gli se ne scema.]
  7. [Di campana.]
  8. [Su questa terra. Rispetto al purgatorio, che sta giù.]