Le feste di San Giovanni in Firenze/Parte terza/Capitolo I

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§ I


Giovan Gastone nel 1737, passando all’altra vita lasciò libero il regno a Francesco di Lorena suo successore; ma questo dopo appena un anno fii chiamato a succedere a Carlo l nell’impero d’Austria, e la Toscana così trovossi ad esser governata da una Reggenza, cioè da un Consiglio che fu presieduto prima dal Principe di Craon, poi dal Conte Emanuele Richecourt, e finalmente dal Maresciallo Botta Adorno, qual Reggenza durò 26 anni.

Nel corso di questo tempo continuarono le feste di San Giovanni, come pure continuò la cerimonia dei tributi e degli omaggi sulla Piazza della Signoria. In tale circostanza si poneva sotto la Loggia il ritratto del Sovrano, e sotto il trono la sedia vuota, mentre in altra sedia stava il Presidente del Consiglio della Reggenza.

L’Auditore delle Riformagioni si presentava in abito senatorio con lucco nero e abito rosso; al medesimo spettava il dare tutti gli ordini sì di questa come delle altre [p. 50 modifica]funzioni, ed il pubblico banditore che dovea fare l'appello dei Paliotti, saliva sopra n piccolo pulpito posto al pilastro dell’arco di mezzo a sinistra del trono.

Questi Paliotti che dovevano essere passati in rassegna sì ponevano tutti in ordinanza nella strada degli Ufizi verso Palazzo Vecchio, e quando uscivano chiamati movevansi e passavano davanti alla Loggia. Facevano poi per la piazza molte girate, per il che accadeva spesso del tumulto, e quelli che portavano i Paliotti si davano sulla testa con l’asta dei medesimi; per il che seguiva che molti per non toccarne fuggivano senza andare ad offerta a S. Giovanni. Onde ovviare a ciò la Reggenza nel 1747, fece dare ordini che tutti i Paliotti, Marchesati, ecc. dopo essersi rassegnati passassero di sotto la volta delle Tratte per la via dei Pulci e dei Lamberteschi, e per Por S. Maria volgendo in Vacchereccia per ivi aspettare la chiamata, passassero a due a due avanti al trono, seguitando di poi similmente in coppia fino a San Giovanni. Dietro ad essi seguiva il carro della Zecca e il carro di S. Giovanni, tirato da tre cavalli, sopra i quali stavano tre fanciulli con cappello con piume, indi venivano i barheri che dovevano correre il giorno, con staffieri con ricca livrea e candela che offrivano poi a S. Giovanni. Dopo veniva uno squadrone della Guardia svizzera e due compagnie della Giandarmeria che faceva il servizio della guardia a cavallo, poichè tanto la Guardia alemanna quanto i Cavalleggieri spagnuoli, che come si è accennato erano stati fatti venire in Firenze da Cosimo I nel 1541, pochi mesi dopo la morte di Giovan Gastone erano stati licenziati da Francesco di Lorena, il quale aveva fatto venire nel 1735, la detta Guardia svizzera e Giandarmeria. Dopo seguivano i Magistrati, e quindi si univa pure il Rappresentante la Reggenza, e dietro ad essi la truppa con bandiere e mili[p. 51 modifica]tari istrumenti; e tutto questo corteggio prendeva dietro Palazzo Vecchio, da S. Firenze, per via dei Librai, Canto dei Pazzi, e Piazza di S. Giovanni, ove giunto dopo una breve orazione al Tempio, restava terminata la festa partendo ciascuno per proprio conto.

Nel 1765, venuto a morte Francesco di Lorena, gli successe nell’impero il figlio Giuseppe II, ed in Toscana, cessata la Reggenza, venne Granduca l’altro figlio Pietro Leopoldo, principe filosofo e sommo legislatore.

È da notarsi che in questo tempo nella vigilia di San Giovanni, soleva sulla Piazza del Palazzo Pitti far bella comparsa una macchina illuminata parte a cera e parte a olio; con numerosa orchestra, come pure la via dello Sdrucciolo illuminata a guisa della luminara di Pisa. Anche la nazione ebrea concorreva alla festa con l’illuminazione di un arco trionfale.

Pietro Leopoldo, che spesso dimorava alla villa del Poggio Imperiale, la mattina del 24 giugno scendeva insieme con la consorte per il grande stradone, esso a cavallo e l’altra in muta; e giunti alla Porta Romana venivano salutati con 101 colpo di cannone, e dalla Porta Eomana recavansi alla Piazza del Granduca. Precedeva un battistrada vestito di scarlatto e guarnizione d’oro, quindi cento Dragoni a cavallo ed altri ufiziali, e poi la servitù, lacchè e staffieri in grande uniforme; dopo i Paggi d’onore vestiti di velluto di color rosso e galloni d’oro, quindi altri drappelli dei Trombettieri della Guardia a cavallo. Annunziato da questo corteggio compariva il Granduca sopra un cavallo spagnolo, con abito ricamato d’oro, cappello gemmato, ed i finimenti pure del cavallo, la sella e gualdrappa erano ornati e dorati. Dietro ad esso veniva il corpo della Guardia nobile a cavallo, quale era stata formata da Pietro [p. 52 modifica]Leopoldo di giovani delle primarie case Toscane; questa Guardia era stata formata nell’anno 1766, in luogo della Guardia svizzera e Giandarmeria a cavallo, che Pietro Leopoldo aveva congedata nel 1765. Il primo comandante di questa Guardia fu il conte Antonio di Tourn. Questa Guardia aveva F uniforme di panno scarlatto con paramano, sottoveste e calzoni color bleu, con gallone d’argento e cappello a punte con penna bianca, cinturone d’argento, carabina, pistole e spada con fodero inargentato e lama incisa e dorata. La bardatura dei cavalli ornata di borchie e fibbie d’argento, e le selle coperte di velluto celeste.

Oltre la muta di gala, fiancheggiata da due cavallerizzi, e da due Paggi a cavallo, dove era la Granduchessa, seguivano altre quattro mute con le Dame accompagnate ciascuna da due staffieri.

In ultimo veniva la Banda militare e una compagnia di Granatieri.

In tal guisa arrivava il corteggio sulla Piazza del Granduca, ove erano già disposti i soldati a piedi e a cavallo, i feudatari e carri, gli stendardi, le bandiere e i trionfi.

Il Granduca salutato dallo sparo delle artiglierie della fortezze, andava ad assidersi sotto la Loggia in una sedia d’argento, situata sotto il trono nell’arco di mezzo. Aveva a destra le cariche di Corte, i Consiglieri di Stato e i Ciamberlani; a sinistra i Magistrati della città. La Granduchessa e le Dame salivano sul terrazzino al primo piano di Palazzo Vecchio.

Lettosi dal pubblico banditore l’Editto che intimava ai sudditi e vassalli del Granducato l’obbligo della recognizione e presentazione del Censo, si avanzavano a mano a mano i chiamati, e dopo esser passati innanzi alla Loggia [p. 53 modifica]proseguivano fino alla Piazza di S. Giovanni. Seguivano pure le offerte dello Stato Senese, secondo le usanze già descritte sotto il Principato de’ Medici; e quindi veniva la carretta tirata da tre cavalli con giovanetti vestiti all’antica, che sostenevano la bandiera di S. Giovanni; a questa tenevano dietro i barberi che dovevano correre il giorno, accompagnati da barbereschi vestiti di livree di gala dei respettivi loro padroni portando anch’essi un’offerta di cera.

Tutto questo corteggio s’incamminava di poi alla Piazza di S. Giovanni seguito dal Granduca, dalle cariche di Corte e dai Magistrati, dietro ai quali veniva la Guardia nobile, la Banda militare ed i Granatieri.

Schieravasi tutto questo apparato intorno al tempio di S. Giovanni e lungo i lati del Duomo, mentre la Corte entrava nel tempio offrendo un tributo di cera; quindi il Granduca risalito a cavallo, col medesimo ordine e magnificenza con la quale era venuto dalla Porta Romana, si recava al Palazzo Pitti.

Circa un’ora dopo il mezzogiorno veniva accordato al pubblico l’ingresso nel Palazzo, onde vedesse gli appartamenti ove erano imbandite le mense reali.

Nelle ore pomeridiane aveva luogo il corso e il consueto palio de’ barberi, e la sera vedovasi illuminata la via dello Sdrucciolo in faccia al Palazzo Pitti.