Le rime di M. Francesco Petrarca/Sonetto CLXXVIII

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Sonetto CLXXVII Canzone XXXVI

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SONETTO CLXXVIII.


G
Razie ch’a pochi 'l ciel largo destina:

     Rara vertù, non già d’umana gente:
     Sotto biondi capei canuta mente;
     4E ’n umil donna alta beltà divina:
Leggiadria singulare, e pellegrina;
     E ’l cantar che nell’anima si sente;
     L’andar celeste; e ’l vago spirto ardente,
     8Ch’ogni dur rompe, ed ogni altezza inchina:
E que’ belli occhi, che i cor’ fanno smalti,
     Possenti a rischiarar abisso, e notti,
     11E torre l’alme a’ corpi, e darle altrui;
Col dir pien d’intelletti dolci, e alti:
     Coi sospir soavemente rotti:
     14Da questi Magi trasformato fui.