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Le rivelazioni impunitarie di Costanza Vaccari-Diotallevi/Documenti/XI

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XI. — Domenico Catufi

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XI.

(Di carattere della Diotallevi.)

Domenico Catufi


nativo di Fabriano, pittore di ornato e prospettiva.

Fin da ragazzetto unitamente al suo fratello maggiore furono raccolti in casa dal coniugi Carlotta e Gaspero Falcietti, che a proprie spese li educarono e mantennero agli studi come presentemente proseguono a fare.

Amico di Achille Ansiglioni, del Professor Calamatta, di . . . . Mengarini . . . . . Fornari.

Frequenta il Caffè Nuovo e il biliardo di detto caffè.

Caposquadra, appartiene: alla setta fin^ dall’epoca delle prime guerre del 1859; ve lo ascrisse Achille Ansiglioni.

Addetto a propagare l’ordini del Comitato, opuscoli e libelli diffamatorii; a spiare le case sospette reazionarie; Collettore dell’obolo Cavour per parte di Achille Ansiglioni. I suoi dipendenti l’ignoro; suo superiore Achille Ansiglioni.

Unito all’Achille Ansiglioni e vari altri, che ignoro chi siano, decisero impostare il re di Napoli quando sortiva per dargli una invettiva.

Catufi ed Ansiglioni dovevano aspettarlo al portone della panetteria, e gli altri da piede alla scenta della [p. 135 modifica]panetteria, come di fatti fecero, non ricordo il giorno, ma fu nel mese di gennaio: il re sortiva, ma parve accorgersi di loro o la cosa fu naturale; si fermò e poi retrocedette, e per quel giorno non sortì più e l’altri giorni passò per il portone grande: loro cessarono di appostarlo avendo veduto ne’ susseguenti giorni passeggiarci varie pattuglie di gendarmi francesi.

Nel mese di gennaio si fece prestare la macchina di fotografia dalla Diotallevi, per riprodurre da un ritratto di una modella nuda e prendendo la testa da un ritratto della giovane regina Ve l’adattavano ritoccandolo sulla matrice e poi sulla copia. Il lavoro fu fatto ad insaputa dei Falcetti, padroni di casa, che credevano la macchina dovesse abbisognare alla proprietaria, onde riprodurre un disegno. Achille Ansiglioni si fece preparare tre o quattro cristalli da Francesco Gioia a Collodion secco, e dopo avere insieme al Catufi sul terrazzo della fabbrica Falcetti presa l’impressione, li portò a sviluppare dallo stesso Gioia; e con lui terminarono di farli, cioè stamparli, incollarli e ritoccarli. Il Catufi dall’Ansigiioni ebbe una copia per sorte di tutti li ritratti della regina.

Fu il Catufi unitamente all’Ansiglioni che la sera del fatto del Velluti si trovarono molto prossimi a questo, ed asseriscono non essere stato il Lucatelli, ma che essendovi un gruppo di giovani, due gendarmi, uno dei quali il Velluti gli andarono addosso con la spada sfoderata e che dopo breve zuffa cadde il Velluti e l’altro giandarme si ponesse in fuga: nel mentre si processava il Lucatelli, volevano far palese questa loro cognizione del fallo al tribunale, e l’Ansiglioni ne fece stendere un atto da un Avvocato che io non conosco. Ma poi furono consigliati a tacere dicendogli che il governo pontificio volendo nel Lucatelli una vittima di partito, non li avrebbe ascoltati non solo, ma avrebbero sofferto un qualche pena.

Fu il Catufi con un tal Mario muratore, del quale ignoro il casato, che la sera della Girandola di Pasqua 1861 con altri che non conosco, fischiarono la famiglia reale quando veniva via dalla Girandola passando per il Corso.