Le streghe del Tirolo/Ai lettori cortesi T. Dandolo

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Ai lettori cortesi T. Dandolo

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Le streghe del Tirolo I
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AI LETTORI CORTESI T. DANDOLO



Un giovin e amabile Gentiluomo tirolese con cui aveva contratta dimestichezza a Recoaro (ove facevamo insieme la cura delle acque, volgon ora da quindici anni) avendomi udito dire, che mi riescirebbe caro trovar materiali nuovi ed autentici di cui potermi valere a recar luce sul suggetto sempre bujo e sempre drammatico delle streghe, mi promise, pel nostro ritrovo colà della seguente state la comunicazione, a titolo di prestito, della filza degli atti d’un famoso processo del secolo decimosettimo che sapeva esistente negli archivii di Nogaredo, borgo che n’era stato il teatro. L’anno dopo ei mi portò infatti il prezioso manoscritto, autorizzandomi a servirmene a tutto mio agio; dopodichè gliene avrei fatta restituzione. Questa condizione non potè, sventuratamente, conseguire adempimento; il conte Marzani avendo cessato di vivere pochi mesi dopo quel nostro abboccamento.

Avendo io impreso a scrivere la Storia del Pensiero a’ tempi moderni, non senza, come di ragione, pigliar le mosse dall’antichità, mi bisognarono varii anni prima che mi trovassi arrivato al secolo delle streghe: in giugnervi finalmente, cavai dal ripostiglio il Processo Tirolese, del qual non aveva mai cessato di riguardarmi qual depositario responsabile; ed avendolo esaminato, terminai di con[p. 186 modifica] vincermi ch’era un’ottima ventura per me l’averlo a mia disposizione.

Ci ha là entro, effettivamente, un dramma interessante con intreccio, peripezia, e personaggi ben caratterizzati, assai passionati, che agiscono, e parlano con ispontaneità ed evidenza lungo la procedura, cui apron le ciance d’una vil femmina, e chiude la scimitarra del carnefice, che mozza la testa a numerose vittime.

A fianco de’ protagonisti, a’ quai teniam dietro un passo dopo l’altro nella via che li mena a tragicamente perire, ci ha una turba di attori secondari, che complicano nelle fogge più animate l’intreccio del dramma, sorvenendo ed eclissandosi, quasichè ad arte introdotti per iscaldar l’interesse ogniqualvolta si attiepidisce, per istimolare la curiosità mediante l’imprevvisto, per aumentare il terrore co’ paurosi inviluppi: un di cotesti attori secondari (la Filosofa) trapassa in carcere, e v’è lì un cenno, che ce la fa sospettar suicida; d’un altro (la Mercuria) non udiam più novelle; or ecco il suo nome ricomparire in fine, per caso, accompagnato dalla sigla sinistra che lo dinota morto; probabilmente fu giustiziato. I lamenti, le confessioni de’ martoriati dalla tortura, colti sul fatto dallo Scrivano rimpetto il cavalletto, e la corda, frammischiansi alle interrogazioni suggestive del Giudice; qua confessioni estorte dallo spavento, dal dolore; là un qualche rado niego coraggioso, perseverante. In mezzo alla narrativa confusa di fatti sovrannaturali e assurdi mi avvenne più d’una fiata di trovare il bandolo della matassa a rendermi conto delle fantasmagorie, di cui, fosse poi di buona o di mala fede, mi gratificavano quelle miserabili inquisite.

M’ imbattei in una successione d’incidenti opportunissimi a tener desta la immaginazione; per esempio una petizion d’avvocato, ridicola a forza d’esser tronfia in argomento umilissimo, seguìta dalla dichiarazione laconica del bargello che trovò morta in carcere una delle processate; [p. 187 modifica] la polizza del medico che visitò sottopanni le prigioniere, per vedere se avevan segni diabolici, e domanda due ducati per testa, non havuto riguardo alla difficoltà dell’affare; il confronto tra due di quelle femmine che si scaglian reciprocamente una tempesta d’ingiurie da disgradarne Mercato Vecchio, o Mergellina: alla difesa, in buon latino, dell’Avvocato patrocinatore, tien presso la sentenza in barocco italiano del Giudice processante; quella, che, resa sgombra dalle soverchie citazioni, avrebbe, per buona logica, grato suono anche oggidì; questa, che danna a morte, fondata sull’ allegazione di delitti immaginarii, per la maggior parte asseriti dalla più supina credulità.

Dal costituto trasmesso in copia da Castelnovo a Nogaredo, (dal qual comprendesi, che la denunzia cagion d’ogni male fu suggerita da izze donnesche) alla dichiarazione del Confessore delle giustiziate, che, a nome d’una di queste, rettifica un certo fatto appena ch’ella è morta (prime ed ultime pagine del volume) ci ha là entro, ripeterò, un dramma de’ più vivi, campo schiuso a studii sul cuore umano derelitto in balìa d’indomabili parossismi d’odio, di paura, di rabbia, manifestantisi per opera d’un meschinello di Cancelliere, che procede meccanicamente a metter in carta, con assai abbreviature, per economizzar tempo e fatica, ogni parola, ogni grido che sfugge alle labbra degli interrogati, de’ martoriati: v’ ebbe dì, per altro, in cui quella specie d’automa scrivente si trovò colto da turbamento per conto proprio, e ne diè segno con uno scarabocchio facilmente riscontrabile tuttodì sulla pagina che lo conserva, indizio d’un’agitazione che dall’anima s’era trasmessa alla mano.

Lo studio diligente che ho fatto di questo manoscritto mi ha collocato in grado di formarmi un concetto bastantemente chiaro della rete d’avvenimenti che vi giaciono ricordati, e d’inseguirvi la verità a traverso l’ingombro delle allegazioni contradditorie. [p. 188 modifica]È naturale ch’io abbia posto amore in questa mia fatica, il cui valor intrinseco, piccolo per sè, cresce a’ miei occhi, così a cagione delle sollecitudini che mi ha costate, come pel pregio innegabile del documento disaminato, contenente, a mio credere, il più integro e curioso tra’ processi di streghe ch’esistano: eppertanto gli è naturale altresì, che, senz’ aspettare la pubblicazione di quella parte della mia Storia del Pensiero, a cui questo frammento rannodasi, desso aspiri ad escir fuori, dotato com’ è d’una importanza sua propria, e d’una fisonomia speciale; tanto più che ha trovato un cantuccio in pronto qual appendice e contrapposto all’altro processo contemporaneo della Signora di Monza.

Ora che le Streghe Tirolesi son presso a sbucare per la prima volta del covo, che cosa mi resta a fare del prezioso manoscritto che le riguarda, tranne restituirlo a’ suoi legittimi proprietarii? La morte precoce del cortese prestatore, e i molti anni trascorsi tolgonmi sapere a chi debba dirigermi per questo intento: valga all’uopo la presente pubblicazione, acciò gli aventi diritto reclamino presso di me questa restituzione.

Mi sta a cuore che il Pubblico sia d’ avviso non essere menomamente da lamentare che la filza originale degli atti di questo processo sia uscita dal suo nascondiglio per fare sotto a’ miei auspicii una escursione nel mondo.




(1) La credenza nelle streghe è un degli errori superstiziosi che i moderni hanno ereditato dagli antichi. I mitologi raccontavano che la gelosa Giunone uccise a Lamia [p. 189 modifica] i figli che aveva avuti da Giove, e che la infelice madre, perduta la vista a forza di piangere, ottenne dal suo divino amante di potersi trasformare a proprio talento, e divenne il terrore delle puerpere, succhiando il sangue di lor bamboli, o rovinandoli con porgere lor le mammelle: Apulejo e Luciano attribuiscono simili malefizj alle Maghe Tessale: il Talmud accenna d’una Lilith che penseguita a morte i neonati.

Queste ubbie passarono al Medio Evo, somministrando materia a leggende, che maritano il terribile al comico, il misticismo all’empietà: legislatori e dottori le proscrissero, le respinsero; ma il volgo le accettò; e venner a confluire nel torbido mare delle Scienze Occulte.

Fu creduto che le streghe, sempre in movimento, s’adunavano in certi siti preferiti, in forma di gatti, di scimie, di gufi, per abbandonarvisi a strane orrende orgie: corse voce che là si mangiasser esecrabili carni, si commettesser inenarrabili oscenità, e vi si vilipendessero i riti cattolici con empie parodie.

Nel secolo XIV fu opinione comune, che i malvagi avevano trovato modo d’impetrare dal diavolo piaceri che non avrebbon osato chiedere a Dio; e ciò pel convenuto prezzo della lor anima.

Nel secolo XV le Scienze Occulte costituivano il ramo più ammirato e ricerco delle umane cognizioni: chiedevansi a zibaldoni magici e cabalistici la predizione, e la spiegazione d’ogni avvenimento: considerando i fenomeni naturali come altrettanti prodigii, piacque ricorrer alla negromanzia per modificarli o impedirli: un fanciullo preso da mal caduco, un adolescente che andava spegnendosi per etisìa, un subitano arricchimento, un temporale devastatore, una combustione spontanea, il mal d’amore, e la gelosia che lo martella, venivano posti nella categoria de’ malefizj; e si ricorrea, per isventarli, a patti col diavolo.

Dal momento che fu ammesso avervi modo di comunicare colle potenze infernali, le s’invocarono di frequente, [p. 190 modifica] e società segrete costituironsi, aventi un programma di voluttà proscritte, e di convegni nefandi, sotto la presidenza, e la invocazion di Satana.

Fermiamo alcun po’ la nostr’attenzione su queste deplorabili abberrazioni dello spirito umano: i fatti ricordati dal Processo Tirolese amano d’esser rischiarati dalle seguenti avvertenze.

Nel secondo libro della nostra Storia del pensiero (il Cristianesimo nascente) spendemmo un intero capitolo a ragionar delle ossessioni. L’impero esercitato dagli uomini sugli spiriti malvagi, e viceversa, non saprebb’essere posto in dubbio. Queste manifestazioni maravigliose, ripeterem qui, dovettero andar diminuendo in numero e vigorìa, a mano a mano che il regno di Dio si diffondea: non è però menomamente da credere che Dio abbia tolta al demonio facoltà d’intervertire, anche oggi, le leggi fisiche del creato; dicasi unicamente quel sinistro potere essere stato talmente circoscritto, che per poco nol diremmo abolito.

Ciò posto, riscontrando noi, ad ogni aprir di cronaca del Seicento, mentovati processi di stregheria, siam tirati a pensare che il fondo di tutti cotali spauracchi fosser chimere create da immaginazioni traviate, frutti di monomanìe favoreggiate da grossolane passioni, e da pregiudizii nodriti appo la ignara moltitudine dai mariuoli a cui profittavano.

Perchè il diavolo apparso in sembianza di becco, le trasformazioni delle streghe in gatti, i viaggi aerei a cavallo di bastoni, e simili prestigii diabolici non furon che sogni e allucinazioni, direm che la Chiesa mal si appose anatemizzando streghe e malifizii? Converrò che talvolta mandaronsi al rogo meschini cui fora stato più spediente chiudere nello spedale de’ pazzi: ma avvertiamo, che, nove fiate su dieci, i processati non erano tanto poveri di spirito quanto ribaldi, i quai, non solamente aveano conculcato re[p. 191 modifica] ligione e morale con sacrilegii e laidezze, ma che facevano professione d’ insidiare la salute, la vita de’ compatriotti, lor amministrando a tradimento polveri che cagionavan aborti e morte. ll Processo Tirolese ci rivelerà delitti, i quali, anche di presente, sarebbon bastati a provocare l’applicazione di condanne capitali.

Sedicenti filantropi sogliono pigliarsela col Clero Cattolico per le condanne di cui furon colpite le maliarde: chiunque professa reverenza alla verità si asterrà da siffatti rimproveri; perciocchè, se gli è innegabile che v’ebber sciagurati che perirono dell’ultimo supplizio non per altro che per essersi chiariti vaghi di negromanzia, gli è del pari provato che quelle fiere sentenze furono di solito portate da giudici secolari in nome di leggi allora vigenti: niun sarebbesi pensato tacciare di crudeltà una giurisprudenza che puniva a quel modo i maggiori (secondo il pensare d’allora) misfatti che un cittadino, e un cristiano deliberatamente commetteva.

In Germania, ove il misticismo è indigeno, gli stregoni abbondarono. Mohesen racconta che nell’Elettorato di Treveri, a’giorni dell’imperatore Massimiliano I, se ne processarono da seimilacinquecento; che nelle Fiandre nel 1459 se ne mandò a morte un gran numero; che a Ginevra se ne contarono di condannati cinquecento; che la Spagna e la Francia giacquer tutte sanguinose di lor supplizii. Pietro Crespet riferisce che sotto Francesco I si contavano nel regno centomila fattucchieri. Nicola Ramigio cancelliere del duca di Lorena si vanta d’aver sentenziate a morte novecento streghe in quattro anni: Enrico IV ne fe’ bruciare seicento nella sola provincia di Labourd; in Islesia nel 1631 ne periron dugento.

É fenomeno noto agli studiosi de' morbi morali della spezie umana, che certi delitti si moltiplicano in ragione del romore che fanno: talvolta s’ebbe ricorso a rimedii che difettavan di prudenza, ed accrescevano il male rinforzando [p. 192 modifica] la superstizione. Ad impedire, per esempio, che un Vampiro continuasse ad escire notturno dal suo sepolcro per sugger il sangue degli addormentati, il Magistrato Polacco era tenuto di farlo dissotterrare, e trafiggere d’un chiodo nel cuore: Montaigne ci assicura che i guasti causati dal Vampiro cessavano dopo questa operazione: gli era un dar vinta la causa al pregiudizio. Porta e Cardano opinano che le frizioni d’oppio esercitavano sul sistema cerebrale delle streghe un’azione efficace al punto di renderle pazze.

I Giureconsulti chiamati a dirigere i processi contro di esse, mossi probilmente da un senso di pudore, che li traeva a celare le abbominevoli rivelazioni che loro strappavano, addottarono la procedura segreta: ma da quel punto non v’ebbe coscienza che non potess’essere sconvolta da interrogatorii minacciosi, capziosi, frammisti di lunghe reclusioni, aggravati da spaventose torture: l’opinione pubblica fu tratta in errore da numerose e concordi confessioni, a cui veniva data la più grande pubblicità.

Manzoni asserì che un libro del fiammingo Delrio ha cagionato più morti d’uomini delle guerre d’Alessandro il Macedone; faceva allusione al volume intitolato Disquisitiones magicæ, diventato, infatti, il terrore delle streghe, e il manuale di lor giudici. Va diviso in sei parti: nella prima trattasi degli amuleti, dei vocaboli arcani, de’ numeri cabalistici e dell’alchimia: la seconda rivela i varii patti che si fanno col diavolo, e il tenore de’ congressi: nella terza si tien discorso de’ malefizii praticati con erbe, paglie, unguenti, ossi di morti: il quarto libro tratta dell’arte di tirar le carte, d’interpetrar i sogni, ecc.: i due ultimi libri sviluppano i doveri de’ confessori, difendono l’integrità del suggello sacramentale, e sostengono contro i protestanti l’uso delle reliquie, degli scapolari, dell’acqua benedetta, del suono delle campane, degli esorcismi, ecc.

Contro le proscrizionì legali promosse da Delrio si alzò il gesuita vesfaliano Federico Spee il qual avendo prestato [p. 193 modifica] il sagro suo ministero ad un gran numero di condannati per titolo di stregheria, andò convinto che perivan innocenti del delitto che motivava il loro supplizio. Il libro che pubblicò è un capolavoro di buon senso. Ci piace cavarne a sommi capi i procedimenti della inquisizione qual s’intentava agli accusati di stregheria.

La popolaresca superstizione venuta in sussidio d’invidie, di rivalità, di calunnie, risveglia dessa il primo sospetto di stregheria? tutti i malori, di cui è ricordato nella Bibbia, inflitti a popoli, a famiglie, a individui, ecco che provengono dai maliardi, e spetta al magistrato di rimediarvi. Il magistrato si commove a siffatte insinuazioni, ma non sa bene da qual parte cominciare, sendochè gli mancano le presunzioni, gl’ indizii: i romori addoppiano, e sarebbe imprudenza continuare a trascurarli: trattasi di rinvenire un pretesto qualunquesiasi per aprir l’inquisizione; conciossiachè se il magistrato locale s’indugiasse a decidersi, gli si potria facilmente mandare dal capo-luogo un inquisitore speciale, incaricato di procedere in sua vece; lo che mortifcherebbelo: d’altronde lo zelo che lo spinge ad agire è stimolato dell’importanza che sta per conseguire, non che dall’aspettazione di vantaggi onorarii e pecuniarii, che si accompagnano a simili delicate operazioni.

Ed ecco che povere femminucce, denunziate dalla voce pubblica, o diciam piuttosto da nemici, son menate prigione, impaniate in due dilemmi: o quella femmina imprigionata fu di mala vita, e le presunzioni stanno contro lei; o suoi diportamenti prestansi irreprensibili, e le streghe son di lor natura eminentemente ipocrite: l’arrestata si conturba forte? è la coscienza che la morde; sta quieta? le streghe fanno così per non destare sospetti. La vita dell’inquisita è minutamente ricerca: saria sventura che non avess’ella a presentare un qualche appiccagnolo: d’altronde non è cosa più facile del procacciarsi testimonii ad aggravio, che siano [p. 194 modifica] stupidamente malevoli: le semi-prove son trovate, e la tortura è autorizzata.

L’accusata dev’essere difesa, e le si dà un avvocato, che di solito non parla che per la forma, e senza convinzione e calore (il Processo Tirolese ci presenterà sotto questo rapporto una onorevole impensata eccezione), e lascia l’affare tal qual l’ha trovato.

Si comincia co’tratti di corda, ch'è la tortura detta leggera; s’ella basta a cavar confessioni, si dicon queste spontanee; altrimenti si procede a tormenti più squisiti: l’inquisita nemmen a questi si dà vinta? la si trattien prigioniera sinchè non cede; saria vergogna rilasciarla assolta; che se niente vale, siccome ogni pazienza ha un confine, la si manda ugualmente al supplizio.

Appena l’accusata è dichiarata rea, ch’è costretta a dichiarar i suoi complici, e se non ne ha, ad inventarne. Le denuncie si moltiplicano a piacere del giudice, del carnefice: si arriva al punto ch’è mestieri sostare: il tribunale potria temere che quell’esecrabile marea montante non lo sommergesse esso medesimo. Le denunziate fuggono? ciò le chiarisce colpevoli; si presentano coraggiose? è la interiore sinderesi che le caccia: anco se si rimandano ne resta una sinistra impressione, che loro costerà caro un giorno o l’altro.

« La nostra età, conchiude lo Spee, sta per diventare miserabilissima se non vi si rimedia... »

ll coraggioso Gesuita avea ragione lorchè si arrischiò a dire che conosceva un mezzo valevole ad annientare d’un colpo tutti i delitti di stregheria: non ardì rivelarlo, ma io credo che fosse quel mezzo medesimo, che un suo contemporaneo, l’illustre filosofo Malebranche, propose — cessare di processarli.

Note

  1. Queste pagine mi furon prestate in parte dalla Storia Universale di Cesare Cantù: contengono schiarimenti che non avrei creduto di poter ommettere senza correr risico che il rendiconto del Processo Tirolese avesse a riuscire in alcuna sua parte oscuro, in altra inverosimile.