Leonardo da Vinci/Capitolo 9 - Scuola di Leonardo

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Capitolo 9 - Scuola di Leonardo

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Capitolo 9 - Scuola di Leonardo
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CAPITOLO IX.


Scuola di Leonardo.


Leonardo da Vinci può essere considerato come il fondatore della Scuola Fiorentina, poichè fu il primo che diede alla pittura quel grado di sublimità che eccita l’ammirazione. Egli, composto a magnificenza, stabiliva sui fondamenti di un vasto sapere una maniera sublime, e perciò di molto diminuì il merito di alcuni suoi predecessori, i cui lavori sembravano avere il carattere dell’infanzia, mentre i suoi, robusti per arte e pieni d’ingegno, di [p. 36 modifica]scienza, e studiati sul vero, avevano tutta la forza dell’età virile. Sempre elegante e grandioso era il suo stile. Egli brilla per l’ottimo suo gusto nel disegno, e per l’espressione; conosceva a fondo l’anatomia, ma era men valente nel colorito; — però, il suo dipingere, anche da questo lato è bello. — Leonardo fu il primo che diede l’esempio ed il precetto de’ successi che l’istruzione assicura a coloro che professano la pittura.

Non basta l’ingegno naturale, fa d’uopo che sia adorno di varie cognizioni, che hanno rapporto con quella a cui uno vuole applicarsi. Relativamente alla poesia, madre delle arti belle, Orazio dice:

«Natura fieret laudabile carmen, an arte?
Quœsitum est. Ego nec studium sine divite vena,
Nec rude quid possit video ingenium. Alterius sic
Altera poscit opem res, et conspirat amice».

L’autore dell’Arte Poetica si ride di coloro che, prima di applicarsi alla poesia, non hanno abbellito il loro ingegno di quelle cognizioni che si richiedono:

«Ludere qui nescit, campestribus abstinet armis,
Indoctusque pilœ, disci, trochique quiescit,
Qui nescit, versus tamen audet fingere

Criticando poi i poetastri dei suoi tempi, aggiunge:

«Nunc satis est dixisse: Ego mira pöemata fingo

L’abito di produrre un lavoro conforme alle regole della bellezza chiamasi bella arte. Sono sette le belle arti: la Pittura, la Scultura, l’Intaglio, l’Architettura, la Musica, la Danza e, prima di tutte, la Poesia. Chi possiede una solida e distinta cognizione delle regole delle belle arti sa le belle lettere. Il nostro gran maestro solea dire ai suoi allievi: Quando l’artista è [p. 37 modifica]giovinetto, per arrivare alla perfezione della pittura, bisogna primieramente che avvezzi l’occhio alla massima esattezza, per mettere poi in pratica le regole dell’arte, e rappresentare tutte le cose; in secondo luogo è necessario che assuefaccia l’occhio al buono, per segregarlo dal cattivo, e per distinguere il bello dal buono, e il perfetto dal bello; il terzo requisito è che valuti le ragioni per cui una cosa è più bella di un’altra, e perchè sia di un certo modo, e non altrimenti, il che non si può acquistare senza buon talento e giudizio, nè senza certi studii, che in qualche maniera escono dai limiti della pittura (già accennati da noi), o almeno sono banditi da scuole pittoriche, ridotte a mestiere meccanico.

Gl'illustri fratelli Caracci studiarono le opere delle principali scuole, e si accinsero a provarsi in tutti gli stili, onde meglio esprimere l’ideale che in se avevano. Sorse, dalla fusione che fecero delle varie maniere e dagli studii dei grandi pittori che li precedettero, e dei pittori loro contemporanei, lo stile ed il carattere, che li immortalarono, e che formarono la loro scuola, la bella, la grandiosa, l’energica, la poetica scuola bolognese.

Leonardo diceva, che è facoltà del genio quella di trarre grande partito da un soggetto meschino, il quale sembra sterile alla generalità; — come è facoltà della mediocrità trarre una produzione debole, di niuno interesse, da un soggetto ricco e grandioso. Gli scrittori e gli artisti che più s’innalzarono al di sopra di coloro che percorrevano la medesima carriera, e che più s’illustrarono, lo dovettero in gran parte al dono della facoltà del genio, il quale tutto abbellisce, ingrandisce, magnifica, e sublima. Tutto questo fu osservato, ed il provò l’artista prediletto dalla natura e dall’arte.

Alquanto debole è il colorito di alcuni dipinti di Leonardo; quindi le sue carnagioni tendono al rossiccio. I critici osservano anche, ch’egli alcune volte termina il [p. 38 modifica]suo disegno in modo un po’ secco; gli rimproverano pure una soverchia servile esattezza nell’imitare la natura, sino ne’ minimi particolari. Ma osserveremo che molte opere de’ suoi allievi ad esso vennero attribuite e perciò si credette ch’egli fosse a quando a quando arido, secco e tagliente; però lo fa di rado, e sempre tale difetto venne compensato da infinite bellezze di disegno e da profonde cognizioni artistiche.

La scuola milanese non fece grandi progressi prima di Leonardo, il quale istituì un’Accademia sotto la protezione del governo nel 1492. Fu allora che scrisse il suo Trattato della Pittura il quale si stampò in Parigi nel 1651. Scrisse pure molte altre opere, le quali andarono smarrite quando Milano fu presa da Francesco I. E sempre la Francia contro l’Italia! Perchè?... Per invidia!

Una delle qualità caratteristiche di Leonardo era di saper trovare il giusto mezzo fra la pittura ove il, finito va sino al ricercato, e quella ove il naturale è troppo spoglio d’arte. Colui che impiegò anni nel ritratto della bella Lisa, moglie al fiorentino messer Francesco del Giocondo, mostrò nel dipinto del Cenacolo una maniera larga e ardita. È qui dovere di rimarcare, che nulla indica un genio più vasto, più padrone di sè, quanto questa facoltà di riprodurre con l’eguale facilità i grandi ed i piccoli particolari.

La Gioconda, signora italiana, andò in Francia con Leonardo da Vinci. Nonostante una piccola difformità e l’assoluta mancanza di sopraccigli, fa rinomatissima per la sua bellezza. Il ritratto che ne fece il grande pittore è uno dei più belli che si possano vedere; — fu comperato da Francesco I. Questo principe fece tale acquisto, dando a Leonardo l’enorme prezzo di 4,000 corone, equivalenti a 45,000 franchi. Questo dipinto trovasi nella galleria del Louvre. (Speriamo che le belve galliche della Comune non l’abbiano petrolizzato.) [p. 39 modifica]

Di mano dello stesso Leonardo è il cartone che ora abbiamo la fortuna di ammirare all’Esposizione di opere d’arte antica nel Palazzo di Brera, e che servì appunto al sommo maestro per eseguire il dipinto. Questo impareggiabile cartone proviene dalla celebre collezione del defunto cavaliere G. Vallardi, illustratore e raccoglitore delle opere del Vinci. Al Vallardi apparteneva pure il Codice Atlantico contenente circa quattrocento disegni di Leonardo, che la Pinacoteca del Louvre a Parigi oggidì va superba di possedere.

Come pittore, tutti sanno che Leonardo da Vinci è uno dei più grandi dell’Italia; riuniva disegno, espressione, colorito, invenzione, e tutto dipingeva maestrevolmente. Fu grande nel dipingere a fresco, come nel dipingere a olio.

Fra i migliori scolari del Vinci si resero celebri: Andrea Salaino, Bernardino Luini, Marco d’Oggionno, Cesare da Sesto, Giannantonio Boltrasio, e varj altri, degni del maestro.

Leonardo dipinse in Roma, in Firenze, in Milano, ma i suoi quadri si sono sparsi per tutta Europa. Il re di Francia possiede parecchi suoi lavori, e veggonsene alcuni anche nel Palais Royal, se i barbari di Parigi non li hanno distrutti con l’orrendo loro ritrovato. Spaventata, la civiltà fuggì dalle rive della Senna. Speriamo che presto vi ritornerà con il buon senso.