Lettere (Andreini)/Lettera XLV

Da Wikisource.
XLV. De i preghi amorosi.

../Lettera XLIV ../Lettera XLVI IncludiIntestazione 3 febbraio 2016 75% Da definire

Lettera XLIV Lettera XLVI
[p. 45r modifica]

De i preghi amorosi.


E
BEN costante l’anima mia, nel sopportar le pene d’amore: ma non è già faconda la lingua nel raccontarle; che se ciò fosse, per avventura v’havrei sin qui fatta pietosa de’ miei tormenti: ma, se non parla questa mia lingua, parlano questi occhi pieni di lagrime; e languidi mirando la cagione del pianto loro, mutamente, & humilmente chiedono quella pietà, che, se più tarda, non sarà à tempo. Se non volete esser pietosa del mio male, per condurmi al fin della vita, ditelo, ch’io, per me non ricuso il morire: ma sappia il Mondo, che la fierezza vostra, e non la colpa mia à morte mi condanna: che, se tanto egli sà, nella morte

[p. 45v modifica]consolerommi, sapendo di non meritarla. Misero me, la bellezza vostra fu ben quella, che destò in me il desiderio, il desiderio destò l’amore, e l’amore la doglia: ma non può già la doglia somministrarmi, come dovrebbe l’ardire, nè l’ardire può impetrarmi pietate, nè la pietà mercede. S’io fossi nato, così al parlare, come al penare, e s’io fossi così meritevole, come son’amante, havrei forse à quest’hora havuto, per ricompensa del mio servire alcun segno desiderato; ma nacqui alle fiamme, e non alle gioie. In oltre pensando alla bassezza de’ miei pochi meriti rimango confuso, e pieno di spavento. Mi sprona ben la fede, e vorrebbe farmi ardita; ma la consideratione, ponendomi avanti à gli occhi, l’altezza dello stato vostro, vuol ch’io tema. Così l’una mi dà speranza, e l’altra disperatione, e perche può molto più in me questa, che quella, mi convien, disperando salute, miseramente tacere, e tacendo sento, che perde il cuore ogni sua forza, s’indeboliscono gli spiriti, l’animo perde l’ardire, e la memoria di tutto si scorda, fuor che della vostra bellezza, e del mio dolore, ilquale può tanto in me, che, se non fosse, ch’io temo, che non s’oscuri lo splendore de’ vostri meriti, col tenebroso velo d’esser chiamata micidiale, vi prometto, che già da me stesso mi sarei tolto da i vivi. Hor’ s’io non muoio, per non darvi titolo di crudele, per qual cagione, non mi togliete voi da morte per acquistarvi nome di pietosa? Deh fatelo Signora mia, perche, se troppo tardate, sarete ben à tempo di pentirvi; ma non già di soccorrermi. Non [p. 46r modifica]v’accorgete, ch’io per li continui dispiaceri, appena spiro tant’aura vitale, ch’io mostri d’esser vivo? Io non desidero, se non quello, che si può concedere, senza pregiuditio dell’honor vostro, poiche non bramo, se non la gratia vostra, alla quale non vorrei, che fosse discaro, s’io vinto da soverchia passione, le hò fatto, con queste poche righe veder picciola parte di quell’infinito dolore, che sostiene l’infelice mia vita, e creda, che ’l desiderio interno stato sin’hora chiuso in guardia di segreti martiri, non hà potuto più star celato; onde, se vi sono stato molesto perdonate alla ragione, & alla necessità della doglia; e siate certa, ch’io hò più noia d’havervi noiata, che non havete havuto voi del mio noiarvi. In tanto vi bacio le mani, e prego il Sole de gli occhi vostri, che strugga il ghiaccio del vostro seno.