Lettere (Andreini)/Lettera XVII

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XVII. Della costanza delle Donne.

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XVII. Della costanza delle Donne.
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Della costanza delle Donne.


S
E per amarmi sopportate tante passioni, quante nella vostra lettera v’ingegnate di farmi credere, io porto ferma opinione, che odiandomi, siate per ricever consolatione grandissima. Raffrenate il desiderio vostro, poco honesto amante, e non m’accusate tanto di crudeltà, che tal nome alla mia

[p. 15r modifica]pudicitia non è proprio. A scrivervi solamente questa lettera, fò assai più di quello, che mi si conviene. Considerate, ch’io non son quella, che vi concede (come dite) poco: ma, che siete voi quegli, che desidera troppo: & è proprio di colui, che non si contenta del poco, il non haver mai tanto, che li paia à bastanza: ma la vostra insatiabilità farà sì, che interverrà à voi, come à quell’occhio ingordo, che volendo troppo affissarsi nella luce del Sole, per meglio vederla, non sol non la vede, e non la gode: ma ne rimane abbagliato, e quasi cieco. Non vi pare, che honesta donna habbia pur troppo conceduto ad un’amante, mentre s’è contentata d’accettar sue lettere? considerate, considerate, che la mia crudeltà (per dir come voi dite) vi da occasione degnissima di mostrar la prudenza, e la fortezza dell’animo vostro, vincendo voi medesimo. Lasciate la vana impresa, nella quale pazzamente siete entrato, non mi porgete più preghi, perche quanto più mi pregherete, tanto più mi farò sorda, ricordandomi, che chi hà la lingua pronta à i preghi, hà ’l cuore apparecchiato à gli inganni. Ditemi per vita vostra, chi poteva pregare, con più lusinghiero affetto, di quello, che mostrò Teseo crudele, verso la troppo credula Arianna? e pur la tradì, partendosi con Fedra, sua infedel sorella, lasciandola nel più tranquillo sonno, sopra lo sterilissimo scoglio, in preda à i Mostri della Terra, e del Mare, chi poteva, con più soavi, e con più affettuose parole mostrar l’eloquenza d’una appassionata lingua, di quello, che fece Giasone, con [p. 15v modifica]la troppo amante, e poco aveduta Medea? e pur alla fine, poco ricordevole de’ suoi giovevoli incanti, d’haverla fatta micidiale del fratello, e d’haverla renduta madre di doppia prole, per l’amor novello di Creusa, la ripudiò. Chi poteva con più heroica, e con più magnanima facondia narrar gli infelici avvenimenti di Fortuna, e con modo, in un’altero, & humile, chieder soccorso di quello, che fece assai più crudel, che pietoso Enea, all’infelice Regina, della novella Cartagine, il quale dopò essere stato pietosamente accolto dentro al Porto, dentro alla Cittate, dentro al Regno, dentro al letto, e dentro all’anima di lei, fece poi quel bell’atto di gratitudine, che si sà. Misera Didone, che fattasi moglie d’un bugiardo peregrin di Troia, avanzato alle fiamme, al ferro, & al sangue: ristorati gli incavati legni, fu pagata d’un’ingratissima fuga, & un tal huomo haverà il nome di pio? lascio tanti, e tant’altri, colpa di cui ancor sospirano, & ancor piangono le carte, per li quali essempi si può chiaramente conoscere, che Amor, e Pietate il più delle volte ingannano, chi troppo crede. Le Donne giuditiose, non altramente hanno da fuggir gli huomini di quello, che i Naviganti si facciano il canto micidial delle Sirene: cessate dunque di molestarmi. Benche si dica, ch’è molto meglio peccar in troppa mansuetudine, che ’n troppa crudeltà, io nondimeno in questo particolare son di contrario parere; e vi giuro, che s’i’ non havessi più riguardo à un certo che, e basta, che à quello, che voi meritate: forse, forse non mi sareste così molesto. [p. 16r modifica]Può esser, che siate amante (come dite) non facendo alcuna cosa, che in piacer mi torni? Sò pure, che sol perfetto amante vien riputato colui, che ama, e procura quelle cose, che piacciono alla donna amata. Potrei più tosto chiamarvi nemico, che amante, anzi che voglio pur alla scoperta chiamarvi nemico, come quegli, che altro non desidera, che distrugger la mia buona fama, & involarmi il pregio di pudicitia. Hor poiche dishonestamente m’amate, sovengavi, che la virtù dell’amor dishonesto consiste nel poco amare, se volete operar virtuosarnente amatemi dunque poco, che quanto meno m’amerete, tanto più mi farete servitio.