Lettere (Sarpi)/Vol. I/113

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CXIII. — Al signor De l’Isle Groslot

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CXIII. — Al signor De l’Isle Groslot
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CXIII. — Al signor De l’Isle Groslot.1


Al conto che io faccio, tutte le mie lettere sono capitate a V.S.; alla quale son stato senza scrivere alcuni spacci, per dubbio ch’Ella non fosse indisposta, e perciò dovesse ricever noia dal leggere e gravame dal rispondere; sì come poi, e per la passata e per questa delli 24 novembre, veggo ch’Ella è stata. Mi duole molto dell’infirmità sua passata, ma più delle reliquie che rimangono; per estirpar le [p. 368 modifica]quali, e a fortificar bene la parte offesa, io esorto V.S. che attendi con ogni spirito, poichè ciò si fa più facilmente innanzi che il male prenda piede e si abitui.

Delle mie lettere io son certo che nissuna si è perduta tra Parigi e qua, per aver avuto sempre avviso della ricevuta: di là da Parigi non credo vi possi incorrer alcun incontro cattivo.

Non dubito che li padri Gesuiti ricevino repulsa della cattedra,2 con tutta l’opposizione della Sorbona, dell’Università e ancora del Parlamento; ma io non so poi quanto debbi esser utile nè a loro nè alla Francia il suscitar le controversie che starebbono meglio sopite. Io mi maraviglio come siano in credito costì, dove fanno pubblicamente l’ufficio filosofico d’applicare activa passivis. Ho ben qualche volta pensato, che alcun loro fautore di costì lo faccia per farli perdere il credito; ma non lo veggo così imprudente negli altri suoi maneggi. Più tosto credo quel che V.S. dice, che sono adoperati per coprire qualche difetto; sì come qui da noi non vediamo se non persone manifestamente scellerate mostrarsi affezionate a quella parte.3

Monsieur Assellineau m’ha riferito l’incontro occorso al signor Badoverio; del quale però ne fui avvisato per lo spaccio innanzi da lui. Mi dispiace che non abbia avuto buona fortuna nelle azioni sue, dopo la morte di sua madre.

Faranno tanto li Spagnuoli, che disturberanno li [p. 369 modifica]moti di Cleves; che non vuol dire altro, se non fare che quelli Stati possino esser tirati in lungo con le arti. La partita del principe di Condé4 non so se sii spontanea o macchinata: so bene che già duoi mesi era scritta qui nelle Gazzette. Farà gran contrappeso al re, quando vogli meschiarsi in quegli affari un altro capo. Tentano per divertir la guerra da quelle regioni, e questo con eccitare un’altra guerra in Ungaria con Turchi: a che s’affaticano il nuncio e l’ambasciatore spagnuolo in Praga con tutte le forze; e per effettuarlo, hanno fatto trattar un ambasciator Turco, andato all’Imperatore, con ogni immaginabile barbarie. Non vogliono li Spagnuoli occuparsi in Africa, per poter meglio attendere a quello che loro importa; e a questo effetto di sicurare li Africani, manderanno il re di Fez a Milano.

Io non ho ricevuto il libro dell’Apocalipsi. Forse che il gentiluomo che lo doveva portare, non sarà giunto a Venezia, ma trattenutosi in Padova. Oggi saprò quel che sii di lui; e quando non sarà in alcuna di queste città, rimanderò per lo spaccio seguente la lettera a V.S. Per conto di mandar libri, ho scritto per lo passato a V.S., che è bene differire per alcuni rispetti.

Mi dispiace dar la nuova che a Roma hanno [p. 370 modifica]bandita la Istoria del signor de Thou.5 Non so se qui sarà ricevuta quella proibizione, o non; ma le cose tra il pontefice e la Repubblica passano con tanta quiete e concordia, che non si può dire maggiore; sì che non vi è vestigio delle controversie passate. Io resto pregando Dio che doni a V.S. intiera sanità, e le bacio la mano, e per nome ancora del signor Molino. Or ora ho inteso che il gentiluomo Inglese sarà in Venezia fra duoi giorni: adunque la lettera sarà ricuperata in quel tempo sicuramente.

Di Venezia, il 22 decembre 1609.




Note

  1. Dalla raccolta di Ginevra, pag. 210.
  2. Cioè la cattedra delle Controversie della religione, novamente fondata e ad essi conferita dal troppo illuso Enrico IV. Vedasi alla pag. 363 e ad altri luoghi.
  3. Ci contenteremo di dire a tal proposito, che ancora in questo l’andazzo non ci sembra sostanzialmente mutato.
  4. Il principe di Condé, primo tra i principi del sangue reale di Francia, era fuggito da quella corte (dicesi) per gelosia della moglie (Enrichetta di Montmorency), e rifugiatosi prima in Fiandra e quindi in Milano. (Vedi anche la Lettera CXV, pag. 380.) Si noti inoltre la novella menzione qui fattasi delle Gazzette, e si rivedano le preced. pag. 334 e 346, colle note a ciò relative.
  5. Vedi la nostra nota a pag. 383.