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Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/XXXI

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XXXI. Ad Anna Brighenti - A Pisa

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XXX XXXII
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XXXI.

AD ANNA BRIGHENTI

a Pisa

L'ultimo di dell’anno (1831)

               Nina mia,

Tu sei un fuochetto veramente singolare! tu strepiti e mi condanni perchè io non avevo cuore di sopportare con abbastanza di calma l’apparenza della vostra dimenticanza; perchè fremevo al solo pensiero che qualcuna di voi fosse caduta ammalata, ovvero le fosse accaduta qualche disgrazia; perchè non sapendo immaginare cosa potesse impedire che persone che mi sono eccessivamente care mi dessero quella consolazione ch’esse sanno bene che per me è la maggiore di tutte, quella di avere le loro lettere, pure non pensavo niente che fosse indegno di quelle care anime, e mi dolevo quasi più di me che di esse, poichè cercavo in me stessa il motivo di un così strano contegno, nè sapevo ritrovarvelo; chè, se mi avete una volta reputata degna di essere amata da voi, ora non ho demeritato certo del vostro amore, e voi continuate ad essere quelle care creature che siete sempre state.

Ma tu, Nina mia, hai fatto bene ad inquietarti, ed a scrivermi una lunga lettera. Oh, a questo prezzo io ti farei inquietar sempre. E se [p. 85 modifica]ti ho a dire la verità, io trovava te meno degna di scusa di tua sorella, chè le tue occupazioni sono minori delle sue senza dubbio, e con maggior facilità avresti potuto trovare il tempo di dirmi una parola.

Ma tu lo avevi fatto, o cara, ed il diavolo ha voluto che si perdesse quella lettera con sommo mio dolore, perchè la vostra bontà non mi aveva avvezzata ad un silenzio così lungo, ed io non mi ci sapevo adattare. La povera Marianna è stata dunque abbastanza male per tenervi in pena? Io già me l’immaginava che la troppa fatica non le avrebbe fatto bene, ed in quest’anno ha faticato troppo davvero. Ringraziamo Dio che ti guari presto, e che ora passi l’inverno in un clima delizioso. Oh quanto mai ve l’invidio, o care mie! In una situazione come quella io mi riconcilierei colla fortuna malgrado tutti i torti che ne ho ricevuto. Io spero che la cortesia della signora Nina vorrà usarmi la grazia di darmi dei dettagli su cotesto soggiorno, e come essa lo trova piccante, ma chi sa se questa lettera ha la fortuna di piacerle? ed essa mi ha promesso ed assicurato che non mi darà altre notizie se io non avrò la fortuna di darle più nel genio. Ah è molto bizzarra questa signorina.

Io non credevo che Ascoli fosse così orribile come lo descrivi.

Se il soggiorno di voi altri nelle Marche fosse stato meno lungo, avreste portato con voi un’idea di questo molto vantaggiosa intorno al suo clima, chè il nostro autunno è stato una vera primavera. Ma se il viaggio da Bologna a [p. 86 modifica]Fermo lo avete avuto delizioso, mi pare che non sia stato lo stesso di quest’ultimo: le avventure che mi racconti non sono deliziose certo. Quanto avrei avuto piacere che il vetturino vi avesse ribaltato (giacchè doveva farlo) vicino a qualcuna delle nostre possessioni, e vi avesse costretto a rifugiarvi presso quaiche nostro contadino. Oh allora sì che diveniva sacra per me quella casa, ed i contadini persone invidiate! Ma dimmi un poco, Nina mia, sei passata per Recanati?... anzi, se ci sei passata non me lo dire, per carità io ne fremerei.

Tu non vuoi ammettere le mie opinioni sul ritrattista— pazienza — ma perchè non dirmi una parola del Contino Emidio? Ah, Nina, tu sei furba assai, e fai tutto il racconto del secondogenito (che mi ha divertito assai), e di te non dici nulla, nulla affatto. E che credi che io non debba e non voglia sapere ancora i fatti tuoi? E dovrò aspettare che me li dica tua sorella quando potresti bene raccontarmi tutto sinceramente tu che hai più tempo di essa? Dunque io starò aspettando, e frattanto mi rallegro con la mia amica, che il suo amore questa volta è stato approvato da sua sorella.

Ma mi pare che questa sorella sia troppo capricciosa ed insolentella, perchè si arroga il diritto di approvare gli amori della sua sorella maggiore, dei quali questa è la prima volta che parla con rispetto. Oh Marianna mia, tu sei troppo buona: io vorrei che tenessi un poco più in soggezione quel cervellino di Nina che pretende di regolare i tuoi affetti, e non vuole che si parli punto dei suoi. [p. 87 modifica]

Avevo saputo che Tommasini era vivo, malgrado la sua lunga malattia. Giacomo lo ha veduto a Roma1, e la moglie mi ha scritto. Anzi, se alcuno dei tuoi è in relazione con essa, se gli occorre mai di scriverle, io vorrei che le diceste che io ho risposto nel momento che l’ho ricevuta, alla sua dei 9 Novembre, dalla quale ho veduto con dolore che si sono perdute tre sue lettere senza che io possa saperne il perchè. Se il caso volesse che anche la mia si fosse smarrita, io gradirei assai che la signora Tommasini sapesse che non è per colpa mia se essa non ha più sovente le mie nuove, le quali con gran bontà ed affezione mi raccomanda di darle. Tutto ciò nel solo caso, ripeto, che qualcuno dei tuoi dovesse scriverle, altrimenti sia per non detto.

Di a Marianna che mi faccia fare la conoscenza dei suoi compagni, della Lorenzani particolarmente, se è maritata o no, se è bella o no, se canta bene o no.

Salutami i tuoi genitori, e siccome in ogni tempo ed in ogni giorno dell’anno sono eguali i miei voti per il bene e la felicità della tua cara famiglia, così ora non ti dico ciò che per lo più ha l’aria di puro complimento.

Se mi vuoi bene, scrivimi presto.... ma già so che non me ne vuoi punto, e perciò addio, cattivella. Sii buona.

Alla cara Marianna, al mio pensiere dolcissimo io do un bacio con il maggiore affetto e con la più gran tenerezza.



  1. V. Epist. lett. 489