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Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/XXXII

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XXXII. A Marianna Brighenti - A Pisa

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XXXI XXXIII
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XXXII.

A MARIANNA BRIGHENTI

a Pisa

14 Gennaio (1832)

               Mia diletta Marianna

Si vede bene che i tuoi successi ti guastano; non si può più combattere con te; sei divenuta imperiosa, irriflessiva, stravagante: non sei capace di distinguere ciò che è possibile da ciò che non lo è: ad una lettera ricevuta il 25 a Recanati, chiedi risposta a Pisa il 28. Ah! se quei ragazzi che volevano portarti a braccio ti conoscessero bene, poveretta te! E poi, giusto vieni a gridarmi a proposito, in un tempo in cui tutto fuori di me, entro di me è agghiacciato, sangue, anima, mente, e quasi direi anche il cuore, se non sentissi che batte straordinariamente al sentire il tuo nome, al vedere i tuoi caratteri. Se sapessi quanta gioia m’ispira quando all’aprire la mia finestra appena levata, do un’occhiata intorno e vedo.... un piccolo vaso ad una finestra di rimpetto alla mia: quello è il segno che una tua lettera è arrivata e la tua ultima venne in tempo che il parapetto del mio giardino quasi cuopriva la finestra opposta, pure un palpito di gioia mi riscaldò; e per tutto quel giorno fui felice, anche malgrado i tuoi rimproveri ingiustissimi e crudeli, (sai, rileggo in questo [p. 89 modifica]istante quest’ultimo paragrafo, ed un riso inestinguibile mi assale, perchè vedo che ho spiegato benissimo che in quel giorno la neve sopra il parapetto lo poneva quasi a livello della finestra).

Ma tu non puoi pensare al nostro orribile stato, tu che godi sempre di si bel sole che io t’invidio con tutta la potenza dell’anima mia. E credimi pure che se io non valgo mai nulla, in questo tempo poi divengo meno del nulla, perdo ogni sentimento, meno quello del soffrire grandemente in questa stagione dolorosa, alla quale non vi è modo di avvezzarci, chè ogni anno cagiona un nuovo affanno, un tormento nuovo. E se un inverno rigido è fastidioso in una città brillante, immaginati cosa debba essere in un paese orribile come il mio, ove bisogna assaporarlo goccia per goccia, ed ove ogni momento strappa un sospiro. Hai fatto bene a scegliere il tuo albergo lungo l’Arno, del quale Giacomo mi ha fatto una descrizione incantevole, e di cui egli mi diceva che non potrà mai dimenticarsi1. Mi scrive però una signora di Pisa che costì quest’anno fa freddo grande e che vi ha nevicato abbastanza: e tu non te ne sei accorta? Sai chi è questa signora? È la moglie del prof. Regnoli; era la Lazzari di Pesaro, pronipote di mia nonna paterna, per conseguenza un poco anche mia parente, che è stata in monastero a Recanati, che mi vuol bene, e che mi scrive che vuole che vada a Pisa a star con essa. Sebbene sieno due o tre anni ch’essa è costi, pure non può accomodarsi con cotesta gente [p. 90 modifica]che non usa riguardi ai forestieri, e con cotesto paese ch'essa dice essere pieno di rospi. Dimmi se la conosci, e che te ne pare, perchè io posso dire di non conoscerla, avendola lasciata andar via di qua che non era ancor donna. Troppo presto vuoi che mi persuada che il tuo cuore resterà libero tutto questo Carnevale io ti auguro propriamente con tutta l'anima che tu seguiti per lungo tempo a mangiare come fai (e come faccio io in questo momento con un mostacciolo di Napoli) ma non credo che il tuo appetito ti durerà a lungo, chè coteste faccie possono bene umanizzarsi; e poi tu ecciti troppo entusiasmo, troppa vivacità di sentimenti e con il tuo canto e con la tua nobile condotta!

Basta, ne riparleremo da qui a poco, e se con me ne parli tu, me ne parlerà Nina, la quale sai? mi dice tutti i fatti tuoi, senza farmi punto motto dei suoi intrighi, che Dio sa quanti sono. Ah! quanto è cattiva quella ragazza! come mangia adesso? dalle un grosso bacio per me, e dille che mi scriva.

Da Roma mi si scrive essere stato esiliato un tenore, che doveva cantare colà, per canti patriottici fatti a Bologna. Se ciò è vero, vogliamo dire che sia Gentili? Forse ne avrai inteso dire qualche cosa, e se è lui, ci ho gusto, chè così sconterà tutte le stravaganze che ti ha fatto soffrire. Pare inevitabile che la morte della granduchessa debba accadere entro il carnevale, e me ne dispiace assai per te, che ogni anno in questo tempo hai da avere qualche traversia, l'anno passato la morte del papa, e quest'anno un'altra [p. 91 modifica]morte. Non sono ancora due mesi che è morta di questa medesima malattia a Pesaro una mia cugina Antici, che in questa estate era stata a Recanati per vedere di migliorare, e che poi parti lasciandoci sicuri dolorosamente di non vederla più.

E non più lontano di un anno fa essa era un colosso, di una statura, di un personale ch’io non le invidiavo davvero, ma che era il ritratto della floridezza e di una robustezza maschile. Vedi che è finita l’anarchia bolognese? essa ha durato un pezzo, ma veramente era ora di finirla, e tutti ne eravamo annoiati grandemente, e meravigliati di tanto ardore, di tanto acciecamento. Dicono che Bologna era divenuta una spelonca, che i mercanti non facevano più affari, che forestieri non ne venivano più, che gli alberghi eran chiusi, e che il malcontento era generale.

Prosegui nei tuoi trionfi, o mia diletta! essi ti compenseranno certamente delle fatiche che devi sostenere; formeranno il gaudio della tua famiglia, e dei tuoi amici, fra i quali contami per sempre e per tutta la vita... Ma, cosa dico? non è vero niente, no, non è vero tu non vuoi salu- tarmi, non vuoi abbracciarmi, ebbene addio! Quando non saprai cosa fare, perchè non andrai a fare una visita a nome mio alla Regnoli? Essa non può uscire di casa a motivo della sua gravidanza che le è molto incomoda, ma già sa di te, quanto cara cosa sei, io credo che la troverai molto gentile, ma ti dirò la verità dicendoti che conosco assai meglio un certa giovane amabilissima (che ha una soavissima voce) che essa.



  1. Epist. lett. 353.