Li debiti

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Giuseppe Gioachino Belli

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L'invito der Papa La spia a l'udienza
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834

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LI DEBITI

     Nun zò1 mmorto: sò2 stato un anno e mmezzo
Carcerato pe’ vvia d’un creditore
Che ddoppo avemme limentato3 un pezzo
M’ha abbandonato con mi’ gran dolore.

     Io a sta vita sce sò4 ttanto avvezzo,
C’oggni vorta che in grazzia der Ziggnore
Faccio un debbito novo e ariccapezzo
De tornà ddrento, me s’allarga er core.

     Che vviggna! maggnà e bbeve5 alegramente
A ttutta cortesia de chi tt’avanza:
Dormì6 la notte, e ’r giorno nun fà7 ggnente:

     Stà8 in tanti amichi a rride9 in d’una stanza,
O a la ferrata10 a cojjonàla ggente...
Ah! er debbituccio è una gran bella usanza!

17 giugno 1834

Note

  1. Sono.
  2. Sono.
  3. Avermi alimentato. Si allude agli alimenti che un creditore è tenuto a somministrare al suo prigioniero.
  4. Ci sono.
  5. Bere.
  6. Dormire.
  7. Fare.
  8. Stare.
  9. Ridere.
  10. Inferriata.