Li du' ladri
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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832
LI DU’ LADRI.
Hai da sapé ch’er povero Ghitano
È ffijjo de Chiappino er muratore,
E Llucantonio è ffijjo der decano
Che sta co’ Mmonzignor Governatore.1
Bbe’, una notte li zzaffi2 ar Lavatore3
Li trovonno a ’na porta ar primo piano,
Cuello cór un cortello serratore,
E cquesto cqua ccór grimardello4 in mano.
Li legonno un e ll’antro ar temp’istesso;
Li portonno in guardiola,5 e in cap’ a un mese
Ar governo6 je fésceno er proscesso.
Com’è ffinita? A Lluca erba fumaria;7
A Gghitano in galerra, ortr’a le spese:
E li scenci accusì vvanno per aria.8
Terni, 6 novembre 1832.
Note
- ↑ [Decano o decane, propriamente il più anziano de’ servitori d’una casa; ma spesso, come qui, servitore in genere. — Monziggnor Governatore, il prelato che soprintendeva alla polizia di Roma e di tutto lo stato.]
- ↑ Birri. [Zafo in veneziano. E zaffo anche in antichi scrittori toscani.]
- ↑ Il Lavatore-del-Papa, contrada di Roma lungo le mura del giardino del Quirinale.
- ↑ Grimaldello, ordigno per aprire le serrature in difetto di chiave.
- ↑ Corpo di guardia de’ birri.
- ↑ Così chiamasi in Roma il palazzo di giustizia.
- ↑ Dar l’erba fumaria, vale “mandar via.„
- ↑ Il debole soffre: modo proverbiale.