Li ventiscinque novemmre
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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1831
LI VENTISCINQUE NOVEMMRE.
Oggiaotto ch’è ssanta Catarina,
Se càcceno le stòre1 pe’ le scale,
Se2 leva ar letto la cuperta fina,
E ss’accenne er focone in de le sale.
Er tempo che ffarà cquela matina
Pe’ nnatale ha da fàllo tal e cquale.3
Er busciardello4 cosa mette? bbrina?
La bbrina vederai puro a nnatale.
E ccominceno ggià li piferari5
A ccalà da montagna a le maremme
Co’ cquelli farajoli6 tanti cari!
Che bbelle canzoncine!7 oggni pastore
Le cantò spiccicate8 a Bbettalemme
Ner giorno der presepio der Zignore.
18 novembre 1831.
Note
- ↑ Si cavano [fuori] le stuoie. Alle porte d’ingresso delle case di persone nobili o agiate si pone una stuoia, o bussola imbottita.
- ↑ Si.
- ↑ Opinione volgare costantissima, che si ride dell’esperienza. Vari altri simili giorni di osservazione sono nel corso dell’anno.
- ↑ Il bugiardello, il lunario.
- ↑ Abruzzesi, suonatori di pive e cornamuse o cennamelle, che il popolo chiama ciaramelle. [V. la nota 4 del sonetto: La Novena ecc., 23 dic. 44.]
- ↑ Mantelletti rattoppati che raramente giungono loro al ginocchio.
- ↑ Niuno può vantarsi di aver mai inteso ciò che essi cantano.
- ↑ Tali e quali.