Memorie di Carlo Goldoni/Parte terza/XIX

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Carlo Goldoni - Memorie (1787)
Traduzione dal francese di Francesco Costero (1888)
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CAPITOLO XIX.

I piccoli spettacoli di Parigi. — I Baluardi, le fiere, le passeggiate di questa capitale e de’ suoi dintorni.

Si chiamano in Parigi piccoli spettacoli, quelli che accompagnano le diverse fiere di questa città, e che non sono dati nel resto dell’anno che sopra i baluardi. Io non entrerò a parlare della loro origine; limiterò solamente il mio discorso nel far noto come li trovai al mio arrivo, e farò parola del loro successivo progresso. Tanto alle fiere come sul baluardo del Tempio la platea di Nicolet aveva allora il primo posto. Erano questi funamboli con patente del re, i quali, dopo i soliti esercizi d’agilità, davano alcune piccole rappresentazioni in dialogo. I baluardi erano la mia passeggiata favorita: li riguardavo come un sollievo salubre e dilettevole in una città vasta e popolatissima, le cui strade non sono troppo larghe, e nelle quali l’altezza delle fabbriche impedisce di goder l’aria. Questi sono bastioni spaziosissimi che circondano la città. Quattro filari di grossi alberi formano in mezzo una larga e magnifica strada per le carrozze, e due altri viali lateralmente quella per i pedoni. Si scuopre da questo luogo la campagna, ci si godono punti di vista deliziosi e vari nei contorni di Parigi, e vi si trovano nel tempo stesso riuniti diversi divertimenti graziosissimi. Una folla di popolo infinita, una quantità di carrozze da sbalordire, e una turba immensa di piccoli mercanti, che scappano fra le rote e le carrozze con ogni genere di mercanzie, palchi eretti su i marciapiedi per le persone che gradiscono di vedere ed esser vedute, botteghe da caffè ben accomodate, orchestre e voci italiane e francesi, pasticcieri, trattori, ristoratori, burattini, ballerini da corda, ciarlatani che annunziano giganti, nani, bestie feroci, mostri marini, figure in cera, automi, ventriloqui, il gabinetto di Comus, dotto fisico e matematico, maraviglioso e dilettevole. Vidi un giorno alla porta della platea di Nicolet, che per terza commedia vi si esponeva Coriolano, tragedia di un atto solo. Questo cartello mi parve tanto straordinario, che entrai subito per timore che potesse mancarmi posto, ma poi mi trovai nella galleria quasi solo. Pochi minuti dopo vidi un giovine ben formato e malissimo vestito avvicinarsi a me. La gente cominciava già a venire, onde credendolo uno spettatore come me, mi ritirai per fargli posto; costui era un attore della compagnia di Nicolet, che doveva sostenere la parte di Coriolano, nè avendo di proprio una decente spada, veniva a pregarmi perchè avessi avuto la compiacenza di prestargli la mia. Non conoscendolo, stetti indeciso un poco, facendogli intanto diverse interrogazioni, per assicurarmi se veramente egli era addetto a questo spettacolo. Gli domandai, se il Coriolano annunziato nell’affisso fosse una tragedia o una parodia, ed egli mi accertò esser questa un’opera serissima, e benissimo fatta; mi disse quanto bastava per tranquillarmi, onde gli detti la spada, contentissimo di vederla poi lampeggiare nella destra di questo valoroso capitano. Aspettai un pezzo, e con molta impazienza, l’esecuzione della commedia che mi aveva là richiamato. I ballerini sulla corda mi fecero fremere, e le due prime composizioni a dialogo, dormire dalla noia; finalmente, ecco la tanto desiderata composizione del Coriolano. Ma che! vedo attori malissimo vestiti, odo versi malissimo recitati; con tutto [p. 315 modifica] questo m’accorsi che l’opera non era priva di merito, e che l’autore aveva trattato con molto accorgimento il suo soggetto. In tutta l’istoria di Coriolano non si trova che un solo istante di effetto, ed è allorquando questo condottiero romano viene per far vendetta dell’ingratitudine della sua patria, e si lascia poi disarmare dalle lagrime di Veturia di lui madre, e di Volumnia sua consorte. Sopra questo stesso soggetto abbiamo sette o otto tragedie in cinque atti, ma quasi tutte mal riuscite. Il solo signor de la Harpe ha saputo rendere importanti, dilettevoli i primi quattro atti del suo Coriolano; ciò non ostante, io sosterrò sempre che l’autore della tragedia di un atto solo aveva saputo dare al suo soggetto tutta quella estensione di cui l’istoria era suscettibile, evitando inoltre il pericolo di diventar noioso. Non dirò cosa alcuna del suo stile, perchè fu più quel che indovinai, di quello che intesi. Posso bensì dire, che gli attori di Nicolet non erano fatti per questo genere di rappresentazioni, e questo spettacolo, in generale, era malissimo ordinato: oggi giorno per altro la cosa va molto meglio, poichè i piccoli spettacoli stabiliti in appresso a Parigi, hanno in lui destato emulazione, e hanno messo il direttore nella necessità di provvedersi di migliori soggetti.

L’Ambigu-comique fu il primo divertimento che comparisse sui baluardi dopo quello di Nicolet. Questo spettacolo ebbe principio con burattini, chiamati i comici di legno, e vi era un’orchestra benissimo montata, dalla quale erano eseguite arie già note; i burattini copiavano le caricature degli attori dei grandi spettacoli, ove appunto quelle arie erano state cantate. Questa novità piacque moltissimo, ed ebbe un concorso grande, ma era però tale da non potere andar molto avanti, onde il direttore pensò di mutare i comici di legno in altrettanti piccoli attori viventi, benissimo istruiti nell’azione e nel ballo. Vi furono autori che non sdegnarono di comporre alcuni graziosi drammi proporzionati agli attori ed al teatro. In somma l’Ambigu-comique era divenuto lo spettacolo di moda; non saprei però dire, se il direttore del medesimo sia ricco, ma egli ebbe il tempo ed i mezzi per divenirlo.

Alcuni anni dopo si aprì un terzo spettacolo sul baluardo di San Martino col titolo di Variétés amusantes. Questo trattenimento per essere meglio provveduto di attori e di composizioni comiche superò tutti gli altri, e fu in séguito trasferito al Palazzo Reale, ove godè sempre lo stesso credito e la stessa fortuna. La sala dei Piccoli Comici, stabilita nel luogo stesso, non è meno frequentata. Sono ragazzi e ragazze che accompagnano sì destramente coi loro gesti la voce degli uomini e delle donne che cantano fra le quinte, che a prima vista fu creduto e fu scommesso ancora che erano i ragazzi medesimi che cantavano. I due spettacoli sopra indicati, e alcune altre curiosità che si fanno vedere al Palazzo Reale, godono il privilegio di essere esenti dal seguitare le fiere della città, poichè queste fiere sono sostenute più dall’interesse dei proprietari del terreno, che da quello del commercio. Torre, macchinista italiano, fu il primo che aprisse un Waux-Haal in tempo d’estate sopra i baluardi, che però non ebbe lunga durata. Vi fu anche eretta un’immensa fabbrica vicino ai Campi Elisi sotto il titolo di Coliseo, e gl’impresari andarono in rovina; infatti far pagare l’ingresso in un passaggio chiuso, angusto e senza diletti, in un paese ove sonvi tante passeggiate pubbliche, spaziose, amene e dilettevoli, questo, a mio credere, era una pessima speculazione. Indipendentemente dalle Tuileries e dai baluardi, si trovano qui delle passeggiate [p. 316 modifica] amenissime senza uscire di città. Il giardino del Luxembourg è vastissimo, e molto frequentato: anzi questo è il luogo di concorso della gente sensata, dei religiosi, dei filosofi e delle famiglie dabbene. All’Arsenale si gode la vista della campagna e del fiume: e l’istessa veduta ed aria si trova pure tanto al giardino dell’Infanta, quanto a quello detto Cour la Reine, e gli altri due giardini del Tempio e del palazzo Soubise sono utilissimi per le loro situazioni. I luoghi per altro più importanti, in cui altri si può istruire e divertire nello stesso tempo, sono il Giardino delle Piante, ed il Gabinetto del re. Contiene il primo tutti i semplici più rari ed utili, e l’altro offre una collezione immensa d’animali d’ogni specie, e di minerali di diverse regioni. Il signor conte di Buffon, soprintendente al Giardino e Gabinetto, si è reso celebre per la sua Storia naturale. Istruito in tutti i sistemi compresi nei tre regni della natura, li ha tutti esaminati profondamente, sommamente dilucidati, e ne ha ancora assegnati dei nuovi, con un dottissimo e soddisfacente metodo, e con la nobiltà e chiarezza del suo stile ha reso tale studio non meno piacevole che importante.

Il signor conte de la Billarderie di Angeviller poi, nominato a questo ufficio, in sopravvivenza, dà ora prove del suo merito e delle sue cognizioni nella carica che occupa di direttore e soprintendente generale delle fabbriche del re, e delle accademie reali. Ebbi l’onore di far la sua conoscenza a Versailles, e mi ha sempre onorato della sua cortese bontà. Sono perciò lieto d’aver trovato l’opportunità di professargli la dovuta mia riconoscenza.

Mi resta ancora qualche cosa da dire intorno alle passeggiate di questa capitale e de’ suoi dintorni. I Campi Elisi, per esempio, meritano di essere menzionati. È questo un luogo immenso, ombreggiato da alberi, distribuiti in simmetria, ove la folla che lo frequenta è tale, che sembra avere spopolata la città. Nonostante si trova grandissimo popolo per tutto. Se ne trova in grande affluenza nel bosco di Boulogne, al parco di Saint-Cloud, e Belleville, al prato di San Gervasio, e ovunque si scorge il gusto ed il brio nazionale. Parigi è bello, i suoi dintorni deliziosi, amabili gli abitanti; malgrado tutto ciò vi sono taluni, che non vi sanno trovare alcun piacere. Si dice, che per godere occorra molto danaro: questo è falso assolutamente, perchè nessuno ha meno danaro di me: eppure godo, mi diverto e sono contento. Vi sono divertimenti per tutti i ceti: limitate i vostri desiderii, misurate i vostri mezzi, e se non starete bene qui, starete male in qualunque luogo.