Memorie storiche della città e del territorio di Trento/Parte seconda/Appendice

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Appendice

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Parte seconda - Capo XXIV
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APPENDICE



Io ho sottoposta, pria che vegga la pubblica luce, questa seconda Parte delle mie Memorie storiche, come aveva pur sottoposta la prima, al giudizio del chiarissimo Signor Conte Benedetto Giovanelli, di cui niuno potrebbe esser giudice più competente in sì fatto genere di studj, e che ad un sommo ingegno accoppia la più scelta e recondita erudizione, pregandolo di voler notare tutte le sviste, e tutti gli abbaglj ed errori, ne’ quali io sarò caduto. Egli onorò col più lusinghiero suffragio la debol mia opera encomiando l’ordine, la chiarezza, lo stile, e la gravità delle riflessioni, ed aggiunse, che sebbene io l’abbia intitolata Memorie storiche, potrebbe pur chiamarsi un’accuratissima storia con altre lodi, che io ben conosco d’essere troppo lungi dal meritare. Ciò nonpertanto secondando egli con singolar gentilezza i miei voti si compiacque di trasmettermi con cortesissimo suo foglio dei 21 Novembre 1823 alcune sue note ed osservazioni, le quali io credo di dover rendere pubbliche come un’aggiunta o un supplemento al mio libro.

[p. 258 modifica]Al Capo II., ove parlasi del Vescovo Wanga, il Sig. Conte Giovanelli fa la seguente considerazione: Io non so, che il Vescovo Wanga avesse fabbricata la torre detta Vanga: essa pare certamente anteriore al secolo XIII. Mi sovvengo anzi d’aver letto in un documento, senza però ricordarmi, in quale e dove, che quella torre formando parte della munizione della Porta bresciana, e di questa essendo investita la famiglia dei Wangen ossia Wanga, era importantissima nei tempi torbidi del medio evo. Io perciò ritenni sempre, che dalla famiglia e non dal Vescovo le fosse provenuto il nome. Egli osserva inoltre, che qui andrebbe registrata anche l’iscrizione, che si legge sulla faccia del Duomo verso mattina, che nomina il Vescovo Wanga, e la fabbrica del Duomo fatta sotto di lui.

Al Capo III., ove si fa parola del famoso tiranno Ezelino da Romano, il Sig. Conte dice, sembrargli degno di ricordanza, che la città di Trento, come abbiamo anche dagli scrittori di quelle storie, fu la prima fra le città soggette al Vicario imperiale in Italia Ezelino, che scosse il suo giogo, e così col suo esempio diede animo alla lega contro la sua tirannia.

Al Capo IV., ove si favella del Vescovo Enrico, e delle guerre, ch’egli ebbe co’ Veronesi, il Sig. Conte osserva, che il Rossi nelle sue memorie bresciane a p. 199 [p. 259 modifica]coll’autorità del Cataneo di Salò riferisce, che nella Chiesa di S. Ercolano sullo scoglio di Campione al Lago di Garda lesse la seguente iscrizione: M . CCLXXXIII . CVM . TRIDENTINIS . PACE . CONFECTA . BRIXIA . HIC . UBI . DIVVS . HERCVLANVS . VITAM . SANCTISSIMAM . HABVIT . SACRAM . ÆDICULAM . EXTRVXIT . PROCURANTIBUS . GHERARDO . DE . GAMBARA . ET . VLDEBRANDO . DE . CONCISIO . RIPERIÆ . PRÆSIDES. Tal iscrizione pare, che indicasse una guerra de’ Bresciani contro i Trentini.

Al Capo XI., ove parlasi del Vescovo Udalrico de Liechtenstein, il Sig. Conte Giovanelli osserva, che forse sarebbe qui degno di menzione lo Statuto dato da Udalrico de Liechtenstein nell’anno 1504 ai Trentini, opera forse fatta o promossa da Giorgio di Neydegk. Io tengo questo Statuto stampato nell’anno suddetto, e comincia: Incipit liber primus S. T. Udalricus Dei Gratia Episcopus Tridentinus etc. È diviso in tre libri civile, criminale, e sindacale col celebre laudo pronunziato da Alessandro di Mazovia fra Trento e gli Esteriori, e l’aggiunta ancora degli statuti per la macina, e finisce: Die XV. Junii MCCCCCIIII. S. T.

Al Capo XIII. consacrato alla memoria del Cardinale Bernardo Clesio, ove parlasi delle fabbriche da lui erette, il Sig. Conte Giovanelli osserva, che fu il Clesio quegli, che fabbricò anche la grandiosa Cupola del nostro Duomo, come io ho rilevato in [p. 260 modifica]quest’anno dall’analoga iscrizione, che io ho su quella scoperta nella facciata verso mezzogiorno. Egli soggiunse poscia: A me sembra, che quest’uomo insigne nè poteva, nè sapeva essere che grande e generoso in tutto. Anche lo stesso fasto puossi riconoscere da una grandezza d’animo, quando tutte le altre azioni a questo corrispondono, come effettivamente corrisposero in Bernardo. Mi sembra questi quel genio, che solo potè competere con quello di Leone X. senza bisogno di prenderselo per modello.

Al Capo XVI., ove è detto, che il Vescovo Principe Sigismondo Alfonso de Thunn ristaurò il Palazzo pretorio, come attesta la iscrizione affissa al Palazzo medesimo del seguente tenore: Hoc Episcopale Palatium vetustate collapsum restituit Sigismundus Alphonsus Episcopus Princepsque Tridenti et Brixinœ ex Comitibus de Thunn Anno Domini MDCLXXVI, il Sig. Conte Giovanelli avverte, che non fu già propriamente il Palazzo pretorio, che ristaurò Alfonso, il quale Palazzo fu mai sempre proprietà del Comune; ma Alfonso ristaurò quell’altra fabbrica al detto Palazzo annessa, ch’era una volta l’Episcopio, e sempre restò del Vescovo.... che se nella parte più vicina al Duomo l’iscrizione ivi posta lo nomina Episcopale Palatium, l’iscrizione posta all’altra parte verso settentrione ne indica la proprietà comunale così dicendo: Vetustate collapsum restituit S. P. Q. T.

[p. 261 modifica]Al Capo XVII., in cui si fa menzione di Gian Benedetto Gentilotti eletto Vescovo di Trento, e dei varj scrittori, che di lui tessero encomj nelle lor opere, il Sig. Conte Giovanelli dice, che anche il celebre Apostolo Zeno aveva il Gentilotti fra' suoi amicissimi, e di tale amicizia lo Zeno se ne vantava già nell’anno 1720 verso il celebre Valisnieri, ed altri sommi uomini di quel tempo, come scorgesi da varie epistole dello Zeno contenute nella notissima raccolta delle di lui lettere.

Al Capo XXII., in cui parlasi del risorgimento del nostro paese, nel quale ita in bando l’antica barbarie e rozzezza i nostri maggiori coltivando l’agricoltura, le arti, le lettere, ed il commercio pervennero a quel grado d’incivilimento, ed a quegli agi e comodi d’una più colta società, di cui ora godiamo, il Sig. Conte Giovanelli osserva, che andrebbero forse bene qui ricordati i molti lanifizj, le fabbriche di tessuti in seta, quelle di conciare e poi imprimere a disegno e colori le pelli per parapettare le stanze, e coprire le sedie, che furono introdotti in Trento, e grandemente fiorirono qui nel XVI. secolo, così che allora Trento poteva dirsi a ragione città manifatturiera.

Al Capo XXIII., in cui si parla della costituzione politica della città e del Principato di Trento, il Sig. Conte Giovanelli nota, che nel XVI. secolo i Consoli della città di [p. 262 modifica]Trento chiamavansi Consoli e Senatori, e tale titolo fu loro dato anche dall’Imperatore Rudolfo II. nel Decreto, con cui gli incaricò di comporre certa importantissima lite, che ardeva fra i due Principi di Gonzaga e di Stigliano.

Al Capo XXIV. il Sig. Conte ricorda i nomi d’alcuni uomini celebri da me non nominati, che illustrarono pur essi la nostra patria; ma lungi dal voler tessere un’accurata storia de’ medesimi io mi sono proposto di fare soltanto un breve cenno d’alcuni di essi, lasciando ad altri la cura di darne un compiuto e distinto ragguaglio.

Il Sig. Conte termina le sue erudite osservazioni con queste modestissime parole: Io non devo più tempo furare a V. S. Illustrissima con queste mie inezie troppo ardite, quantunque da lei comandate. Io mi sembro la formica, che vuoi pur ella portar l’arena alla fabbrica già compita d’elevata piramide, forse non ad altro che a lordarne le pareti. Esse non lordano già le pareti, ma le adornano fregiando la mia opera con quelle notizie, che pria le mancavano, ed io ne rendo all’illustre autore i più vivi e sinceri ringraziamenti.