Memorie storiche della città e marchesato di Ceva/Capo XXVIII - Dell'Arcipretura.

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Capo XXVIII - Dell’Arcipretura.

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Capo XXVII - Carlo Marenco. Capo XXIX - Della Collegiata e della sua prima soppressione.
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CAPO XVIII.


Dell’Arcipretura.


Dell’arcipretura di questa città che porta il titolo di santa Maria del Castello, non si conosce l’origine, ma non può a meno d’essere antichissima ed anteriore alla fondazione della collegiata, la quale prese da questa il nome intitolandosi: Collegiata S. Mariæ de Castro.

Sino alla metà del secolo XVII l’arciprete abitava in Castello dove si trovava la parrocchia, e possiede tuttora un campicello sotto le mura di cinta di detto Castello verso Oriente che deve supporsi fosse l’area della casa parrocchiale. Dell’antica parrocchia, si parla a lungo nel capitolo delle Chiese. [p. 167 modifica]L’arciprete più antico di cui siasi conservato il nome si è certo Enrico che viveva nel 1241, e di cui si parla in una convenzione stipulata li 5 maggio del medesimo anno tra lui, il converso Fra Giacomo dell’Abazia di Pinerolo, ed il Manescalco di Ceva riguardo ad una pezza campo della Chiesa di S. Andrea, posta nelle vicinanze del fossato Cherironzo.

Il secondo Arciprete di cui si serba memoria è l’arciprete Bernardino, vicario generale del Vescovo d’Alba per la Città e Vicaria di Ceva. Quest’Arciprete nel 1387, fu scelto per arbitro con certo Ghione di Ceva, per comporre una differenza insorta tra il signor Girardo Marchese di Ceva, signor di Priero, e quel comune di cui era Sindaco Giovanni Zoppo.

Il di lui successore in quest’arcipretura fu l’ex Francescano Raffaele dei marchesi di Ceva, che fu, come si disse altrove, vescovo d’Asti nel 1495, quindi di Melfi nel regno di Napoli, ritenendo l’arcipretura a titolo di commenda.

Nel 1498 vi succedette D. Robaldi, che ebbe per successore nel 1506 l’arciprete Francolino.

Vengono dopo tre della famiglia marchionale di Ceva, cioè Carlo Ceva ex Francescano nel 1519, Alessandro Ceva nel 1568, e Roberto Ceva 1588.

Loro successe nel 1601 l’arciprete Travaglio da Bossolasco, e nel 1625 l’arciprete Paolino, e quindi l’arciprete Ippolito Derossi patrizio Cebano e zio di monsignor Derossi vescovo d’Alessandria e morto li 3 giugno 1677.

Nel terzo sinodo tenuto in Cortemiglia da monsignor Brizio nel 1652 a motivo delle guerre che infestavano la città di Alba, l’arciprete Derossi fu nominato esaminatore sinodale ed ebbe l’onore di celebrar la Messa a quel venerando consesso il terzo giorno delle adunanze essendo stata celebrata la prima da monsignor vescovo, e la seconda dal canonico arcidiacono della cattedrale d’Alba.

Nel sinodo quarto istorico dello stesso monsignor Brizio tenuto in Alba nel 1658 li 19 febbraio vien di nuovo [p. 168 modifica]quest’arciprete scelto ad esaminatore sinodale, e qualificato sacrorum canonum professor.

Successero al Derossi D. Filippo Gagliardi di Ceva morto li 19 gennaio 1696, Giovanni Raimondi di Nizza marittima, Dottor di ambe leggi, e già canonico teologo della cattedrale d’Alba, morto li 17 giugno 1725, Onorato Mari da Nizza marittima morto li 21 dicembre 1742, Michele Marazzani da Ceva, morto li 2 ottobre 1766, Pietro Fecchini da Ceva morto li 21 giugno 1768, Carlo Ferreri da Clavesana già arciprete di Mombasiglio, morto li 20 aprile 1803, Giacinto Racca di Alba, morto li 4 maggio 1808.

Dopo l’arciprete Racca, la di cui immatura morte fu molto compianta dai suoi parrocchiani, entrò al possesso di questa arcipretura Gioanni Antonio Randone di Garessio, il quale acquistò un titolo incontrastabile alla riconoscenza de’suoi successori per aver fatto acquisto di una casa parrocchiale, di cui era priva quest’arcipretura, con istromento 16 ottobre 1816, rogato Ferreri.

Questa casa posta in vicinanza del Duomo aveva attiguo un piccolo giardino verso ponente cinto d’antiche mura che lo rendevano assai tristo.

Lo scrivente che successe al Randone li 22 ottobre 1826, ottenne dal municipio, mercè i buoni uffizi del signor cavaliere Senatore Leopoldo Bassi e che ne era sindaco, di occupare un tratto discreto del pubblico piazzale dietro al Duomo, come da lettera 9 marzo 1827, e con nuovo muro fu unito al giardino vecchio, s’abbassò l’antico muro, e si diede così maggior luce tanto al giardino che alla casa parrocchiale 1. [p. 169 modifica]

Quest’arcipretura possedeva una cascina a S. Stefano Belbo che era dote del benefizio semplice denominato la Madonna di Fogliano, stato aggregato alla parrocchia di Ceva nel 1514, dal sommo Pontefice Leone X, come si ricava dal libro rosso della Curia d’Alba.

Siccome questa cascina per la lontananza da Ceva, dandosi in affittamento andava sempre peggiorando, ed il prodotto che se ne ricavava arrivava appena alle lire 600, dedotti i pesi, si fece ricorso alla santa Sede per ottenere la facoltà d’alienarla, impiegando il prezzo della medesima o in censi od in acquisto di stabili più vicini a Ceva.

La Sacra Congregazione dei vescovi e regolari con decreto delli 28 febbraio 1845 autorizzò questa vendita. Si fecero dalla Curia d’Alba i necessarii incumbenti, ed il prezzo della cascina posto all’incanto, ascese alla somma di trentamila settecento e ventiquattro franchi.

Siccome questa cascina e benefizio, era gravata di una messa ebdomadaria, s’impiegarono ll. 2120, a benefizio dell’arciprete di S. Stefano Belbo per l’adempimento di questo legato. La restante somma si lasciò a mani dell’acquisitore notoriamente risponsale, e s’impiegherà quando gli affari ecclesiastici saranno sistemati.

Son proprie della stessa arcipretura tre piccole cascine [p. 170 modifica]sul territorio di Ceva cioè quella del Cabanone già posseduta ab immemorabili, e quelle di S. Margarita e di S. Leonardo canonicati soppressi ed aggregati a questa parrocchia, come si vedrà in appresso.

L’arciprete pro tempore di questa Chiesa ha la nomina di un Rettore alle due chiese succursali dei Poggi S. Spirito e delle Mollere, ed è vicario foraneo di diciassette parrocchie che sono le seguenti; Ceva, Castellino, Castelnuovo, Lesegno, Malpotremo, Mollere, Mombasiglio, Montezemolo, Nuceto, Paroldo, Poggi S. Siro, Poggi S. Spirito, Priero, Roascio, Sale S. Giovanni Battista, Sale S. Giacomo e Torricella.

Note

  1. Questa cara canonica fu onorata in diverse epoche da illustri personaggi. Nel 1822 li 6 settembre vi prese alloggio monsignor Franzoni vescovo di Fossano. Nel 1830 all’epoca della consacrazione in Mondovì di monsignor Accusani a vescovo di Vigevano si fermò a pranzo in questa canonica monsignor Zappa vescovo d’Acqui, e vi prese il cioccolato il cardinal Morozzo vescovo di Novara di ritorno da questa consacrazione ed avviato a Genova. Nel 1834 vi fu ricevuto monsignor Monale vescovo di Mondovì, e nello stesso anno vi si fermarono monsignor Piratoni vescovo d’Albenga e monsignor Agnini vescovo di Sarzana. L’anno dopo vi fu ospitato monsignor Carchero vescovo d’Ogliastra in Sardegna. Vi alloggiò più volte monsignor Ghilardi vescovo di Mondovì, e nel 1845 monsignor Contratto vescovo d’Acqui. Qualche tempo dopo vi pernottò monsignor Gianotti vescovo di Saluzzo, e li 11 luglio 1847 vi pranzò reduce da Roma monsignor Calabiana vescovo di Casale. Li 9 settembre 1853 pranzò in questa canonica S. E. il conte Cesare Saluzzo diretto per Monesiglio. Fu l’ultimo viaggio che fè in vita sua. La mattina delli 9 successivo ottobre ripassò per Ceva freddo cadavere.

    Addì 25 luglio 1855, i principi Umberto ed Amedeo di Savoia visitarono in questa canonica un piccolo museo d’istoria naturale.