Mirra (Alfieri, 1946)/Atto quinto

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Atto quinto

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Atto quarto

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ATTO QUINTO

SCENA PRIMA

Ciniro.

Oh sventurato, oh misero Peréo!

Troppo verace amante!... Ah! s’io piú ratto
al giunger era, il crudo acciaro forse
tu non vibravi entro al tuo petto. — Oh cielo!
Che dirá l’orbo padre? ei lo attendeva
sposo, e felice; ed or di propria mano
estinto, esangue corpo, innanzi agli occhi
ei recar sel vedrá. — Ma, sono io padre
men di lui forse addolorato? è vita
quella, a cui resta, infra sue furie atroci,
la disperata Mirra? è vita quella,
a cui l’orrido suo stato noi lascia? —
Ma, udirla voglio: e giá di ferreo usbergo
armato ho il core. Ella ben merta (e il vede)
il mio sdegno; ed in prova, al venir lenta
mostrasi: eppur, dal terzo messo ella ode
giá il paterno comando. — Orribil certo,
e rilevante arcano havvi nascoso
in questi suoi travagli. O il vero udirne
dal di lei labro io voglio, o mai non voglio,
mai piú, vederla al mio cospetto innante...
Ma, (oh ciel!) se forza di destino, ed ira

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di offesi Numi a un lagrimar perenne

la condanna innocente, aggiunger deggio
l’ira d’un padre a sue tante sventure?
E abbandonata, e disperata, a lunga
morte lasciarla?... Ah! mi si spezza il core...
Pure, il mio immenso affetto, in parte almeno,
ora è mestier ch’io, per la prova estrema,
le asconda. In suon di sdegno ella finora
mai non mi udia parlarle: il cor sí saldo,
no, donzella non ha, che incontro basti
al non usato minacciar del padre. —
Eccola al fine. — Oimè! come si avanza
a tardi passi, e sforzati! Par, ch’ella
al mio cospetto a morire sen venga.


SCENA SECONDA

Ciniro, Mirra.

Ciniro — Mirra, che nulla tu il mio onor curassi,

creduto io mai, no, non l’avrei; convinto
me n’hai (pur troppo!) in questo dí fatale
a tutti noi: ma, che ai comandi espressi,
e replicati del tuo padre, or tarda
all’obbedir tu sii, piú nuovo ancora
questo a me giunge.
Mirra   ... Del mio viver sei
signor, tu solo... Io de’ miei gravi,... e tanti
falli... la pena... a te chiedeva;... io stessa,...
or dianzi,... quí... — Presente era la madre;...
deh! perché allor... non mi uccidevi?...
Ciniro   È tempo,
tempo ormai, sí, di cangiar modi, o Mirra.
Disperate parole indarno muovi;
e disperati, e in un tremanti, sguardi
al suolo affissi indarno. Assai ben chiara

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in mezzo al dolor tuo traluce l’onta;

rea ti senti tu stessa. Il tuo piú grave
fallo, è il tacer col padre tuo: lo sdegno
quindi appien tu merti; e che in me cessi
l’immenso amor, che all’unica mia figlia
io giá portai. — Ma che? tu piangi? e tremi?
e inorridisci?... e taci? — A te fia dunque
l’ira del padre insopportabil pena?
Mirra Ah!... peggior... d’ogni morte...
Ciniro   Odimi. — Al mondo
favola hai fatto i genitori tuoi,
quanto te stessa, coll’infausto fine
che alle da te volute nozze hai posto.
Giá l’oltraggio tuo crudo i giorni ha tronchi
del misero Peréo...
Mirra   Che ascolto? Oh cielo!
Ciniro Peréo, sí, muore; e tu lo uccidi. Uscito
del nostro aspetto appena, alle sue stanze
solo, e sepolto in un muto dolore,
ei si ritrae: null’uomo osa seguirlo.
Io, (lasso me!) tardo pur troppo io giungo...
Dal proprio acciaro trafitto, ei giacea
entro un mare di sangue: a me gli sguardi
pregni di pianto e di morte inalzava;...
e, fra i singulti estremi, dal suo labro
usciva ancor di Mirra il nome. — Ingrata...
Mirra Deh! piú non dirmi... Io sola, io degna sono,
di morte... E ancor respiro?...
Ciniro   Il duolo orrendo
dell’infelice padre di Peréo,
io che son padre ed infelice, io solo
sentir lo posso: io ’l so, quanto esser debba
lo sdegno in lui, l’odio, il desio di farne
aspra su noi giusta vendetta. — Io quindi,
non dal terror dell’armi sue, ma mosso
dalla pietá del giovinetto estinto,

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voglio, qual de’ padre ingannato e offeso,

da te sapere (e ad ogni costo io ’l voglio)
la cagion vera di sí orribil danno. —
Mirra, invan me l’ascondi: ah! ti tradisce
ogni tuo menom’atto. — Il parlar rotto;
lo impallidire, e l’arrossire; il muto
sospirar grave; il consumarsi a lento
fuoco il tuo corpo; e il sogguardar tremante;
e il confonderti incerta; e il vergognarti,
che mai da te non si scompagna:... ah! tutto,
sí tutto in te mel dice, e invan tu il nieghi;...
son figlie in te le furie tue... d’amore.
Mirra Io?... d’amor?... Deh! nol credere... T’inganni.
Ciniro Piú il nieghi tu, piú ne son io convinto.
E certo in un son io (pur troppo!) omai,
ch’esser non puote altro che oscura fiamma,
quella cui tanto ascondi.
Mirra   Oimè!... che pensi?...
Non vuoi col brando uccidermi;... e coi detti...
mi uccidi intanto...
Ciniro   E dirmi pur non l’osi,
che amor non senti? E dirmelo, e giurarlo
anco ardiresti, io ti terria spergiura. —
Ma, chi mai degno è del tuo cor, se averlo
non potea pur l’incomparabil, vero,
caldo amator, Peréo? — Ma, il turbamento
cotanto è in te;... tale il tremor; sí fera
la vergogna; e in terribile vicenda,
ti si scolpiscon sí forte sul volto;
che indarno il labro negheria...
Mirra   Vuoi dunque...
farmi... al tuo aspetto... morir... di vergogna?...
E tu sei padre?
Ciniro   E avvelenar tu i giorni,
troncarli vuoi, di un genitor che t’ama
piú che se stesso, con l’inutil, crudo,

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ostinato silenzio? — Ancor son padre:

scaccia il timor; qual ch’ella sia tua fiamma,
(pur ch’io potessi vederti felice!)
capace io son d’ogni inaudito sforzo
per te, se la mi sveli. Ho visto, e veggo
tuttor, (misera figlia!) il generoso
contrasto orribil, che ti strazia il core
infra l’amore, e il dover tuo. Giá troppo
festi, immolando al tuo dover te stessa:
ma, piú di te possente, Amor nol volle.
La passíon puossi escusare; ha forza
piú assai di noi; ma il non svelarla al padre,
che tel comanda, e ten scongiura, indegna
d’ogni scusa ti rende.
Mirra   — O Morte, Morte,
cui tanto invoco, al mio dolor tu sorda
sempre sarai?...
Ciniro   Deh! figlia, acqueta alquanto,
l’animo acqueta: se non vuoi sdegnato
contra te piú vedermi, io giá nol sono
piú quasi omai; purché tu a me favelli.
Parlami deh! come a fratello. Anch’io
conobbi amor per prova: il nome.
Mirra   Oh cielo!...
Amo, sí; poiché a dirtelo mi sforzi;
io disperatamente amo, ed indarno.
Ma, qual ne sia l’oggetto, né tu mai,
né persona il saprá: lo ignora ei stesso...
ed a me quasi io ’l niego.
Ciniro   Ed io saperlo
e deggio, e voglio. Né a te stessa cruda
esser tu puoi, che a un tempo assai nol sii
piú ai genitori che ti adoran sola.
Deh! parla; deh! — Giá, di crucciato padre,
vedi ch’io torno e supplice e piangente:
morir non puoi, senza pur trarci in tomba. —

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Qual ch’ei sia colui ch’ami, io ’l vo’ far tuo.

Stolto orgoglio di re strappar non puote
il vero amor di padre dal mio petto.
Il tuo amor, la tua destra, il regno mio,
cangiar ben ponno ogni persona umíle
in alta e grande: e, ancor che umíl, son certo,
che indegno al tutto esser non può l’uom ch’ami.
Te ne scongiuro, parla: io ti vo’ salva,
ad ogni costo mio.
Mirra   Salva?... Che pensi?...
Questo stesso tuo dir mia morte affretta...
Lascia, deh! lascia, per pietá, ch’io tosto
da te... per sempre... il piè... ritragga...
Ciniro   O figlia
unica amata; oh! che di’ tu? Deh! vieni
fra le paterne braccia. — Oh cielo! in atto
di forsennata or mi respingi? Il padre
dunque abborrisci? e di sí vile fiamma
ardi, che temi...
Mirra   Ah! non è vile;... è iniqua
la mia fiamma; né mai...
Ciniro   Che parli? iniqua,
ove primiero il genitor tuo stesso
non la condanna, ella non fia: la svela.
Mirra Raccapricciar d’orror vedresti il padre,
se la sapesse... Ciniro...
Ciniro   Che ascolto!
Mirra Che dico?... ahi lassa!... non so quel ch’io dica...
Non provo amor... Non creder, no... Deh! lascia,
te ne scongiuro per l’ultima volta,
lasciami il piè ritrarre.
Ciniro   Ingrata: omai
col disperarmi co’ tuoi modi, e farti
del mio dolore gioco, omai per sempre
perduto hai tu l’amor del padre.
Mirra   Oh dura,

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fera orribil minaccia!... Or, nel mio estremo

sospir, che giá si appressa,... alle tante altre
furie mie l’odio crudo aggiungerassi
del genitor?... Da te morire io lungi?...
Oh madre mia felice!... almen concesso
a lei sará... di morire... al tuo fianco...
Ciniro Che vuoi tu dirmi?... Oh! qual terribil lampo,
da questi accenti!... Empia, tu forse?...
Mirra   Oh cielo!
che dissi io mai?... Me misera!... Ove sono?
Ove mi ascondo?... Ove morir? — Ma il brando
tuo mi varrá...1
Ciniro   Figlia... Oh! che festi? il ferro...
Mirra Ecco,... or... tel rendo... Almen la destra io ratta
ebbi al par che la lingua.
Ciniro   ... Io... di spavento,...
e d’orror pieno, e d’ira,... e di pietade,
immobil resto.
Mirra   Oh Ciniro!... Mi vedi...
presso al morire... Io vendicarti... seppi,...
e punir me... Tu stesso, a viva forza,
l’orrido arcano... dal cor... mi strappasti...
ma, poiché sol colla mia vita... egli esce...
dal labro mio,... men rea... mi moro...
Ciniro   Oh giorno!
Oh delitto!... Oh dolore! — A chi il mio pianto?...
Mirra Deh! piú non pianger,... ch’io nol merto... Ah! sfuggi
mia vista infame;... e a Cecri... ognor... nascondi...
Ciniro Padre infelice!... E ad ingojarmi il suolo
non si spalanca?... Alla morente iniqua
donna appressarmi io non ardisco;... eppure,
abbandonar la svenata mia figlia
non posso...

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SCENA TERZA

Cecri, Euriclea, Ciniro, Mirra.

Cecri   Al suon d’un mortal pianto...

Ciniro   Oh cielo!2
Non t’inoltrar...
Cecri   Presso alla figlia...
Mirra   Oh voce!
Euric. Ahi vista! nel suo sangue a terra giace
Mirra?...
Cecri   La figlia?...
Ciniro   Arretrati...
Cecri   Svenata!...
Come? da chi?... Vederla vo’...
Ciniro   Ti arretra...
Inorridisci... Vieni... Ella... trafitta,
di propria man, s’è col mio brando...
Cecri   E lasci
cosí tua figlia?... Ah! la vogl’io...
Ciniro   Piú figlia
non c’è costei. D’infame orrendo amore
ardeva ella per... Ciniro...
Cecri   Che ascolto? —
Oh delitto!...
Ciniro   Deh! vieni: andiam, ten priego,
a morir d’onta e di dolore altrove.
Cecri Empia... — Oh mia figlia!...
Ciniro   Ah! vieni...
Cecri   Ahi sventurata!...
Né piú abbracciarla io mai?...3

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SCENA QUARTA

Mirra, Euriclea.

Mirra   Quand’io... tel... chiesi,...

darmi... allora,... Euricléa, dovevi il ferro...
io moriva... innocente;... empia... ora... muojo...


  1. Rapidissimamente avventatasi al brando del padre, se ne trafigge.
  2. Corre incontro a Cecri, e impedendola d’inoltrarsi, le toglie la vista di Mirra morente.
  3. Viene strascinata fuori da Ciniro.