Non per legar con musiche catene

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Fulvio Testi

XVII secolo Indice:Opere (Testi).djvu Letteratura Non per legar con musiche catene Intestazione 29 maggio 2023 75% Da definire

Poichè mirar la maestà immortale Mentr'umile m'inchino al tuo gran Nume
Questo testo fa parte della raccolta Poesie liriche di Fulvio Testi - Parte prima
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PER LA MORTE

del signor

FERRANTE BENTIVOGLIO

Non per legar con musiche catene
     L’usato corso a l’onde,
     Io del Tracio cantor bramo la cetra;
     Ne per tirar dal monte o pianta o pietra,
     5E di sassi e di fronde
     Farmi d’intorno inaspettate scene:
     Ma se tal or de le famose corde
     Ambizïon mi morde,
     Vien che ne’ regni de le morte genti
     10Vorrei destar pietà con dolci accenti.
Fama è che mentre a le tartaree soglie
     Orfeo con meste note
     Richiedeva il suo ben dal re d’Averno,
     Tutte laggiù nel dispietato inferno
     15A quelle voci ignote
     Cessâr le pene e s’acchetâr le doglie:
     Cerbero tacque, e a l’armonia celeste
     Chinò l’orride teste,
     E mentre il suon de l’aureo plettro udissi
     20Si fe’ il silenzio ne’ profondi abissi.
De la porta crudel stridono intanto
     I cardini infocati,
     E con novo stupor n’esce Euridice.
     Ma se cetra avess’io tanto felice,
     25Ne’ regni disperati
     Di furto più gentil mi darei vanto.
     Te del mio gran Ferrante alma guerriera,
     Infra l’Elisia schiera
     Cercando andrei ne l’Erebo profondo
     30Per arricchir di tua presenza il mondo.
Ma troppo a’ miei desiri è ’l Fato avverso.
     Or de la Tracia lira
     Splendon lassù nel ciel le fila aurate;
     Ed io colmo di doglia e di pietate
     35Intorno a la tua pira
     Da l’intimo del cor lagrime verso.
     Tu da quest’occhi miei prendi tributo
     Mesto sì, ma dovuto:
     Che se vita comun non vive il Forte,
     40Perchè con gli altri aver comun la morte?
Vivon secoli intier timide cerve,
     L’angue ringiovinisce,
     L’orïentale angel morto rinasce.
     L’uom ch’ad opre maggiori in terra nasce
     45Come lampo svanisce,
     O come spuma in mar quand’ei più ferve.
     Ben fece a questo ciel di Stige a scorno
     Ippolito ritorno;
     Ma d’Esculapio or non ritrova il senno,
     50Nè tai stupori a nostra età si fenno.
Sapess’io pur de l’Epidaurio Dio
     Emular quella destra,
     Ch’al bel fanciul saldò le piaghe acerbe;
     Ch’or mendicando andrei da fiori ed erbe
     55Per ogni balza alpestra
     Rimedio a la tua morte e al dolor mio.
     Dar al corpo di lui vita e salute
     Fu pietà fu virtute:
     Ma fora arte più degna opra più bella
     60Dar al tuo cener freddo alma novella.

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Ei di selvagge e timidette belve
     Cacciator non mai stanco
     Sol per ischerzo oprò l’arco e lo strale;
     Fu sua gloria maggiore a fier cignale
     65Aprir i’ispido fianco
     Del frondoso Erimanto infra le selve;
     Mentre visse quaggiù noto fu solo
     Di Dïana a lo stuolo;
     Garzon crudo di cor, bel di sembiante,
     70Sol di sè stesso e de’ suoi boschi amante.
Tu fra selve di lance in su la riva
     De l’indomito Scalde
     Cacciator di Bellona i dì traesti;
     Là di sangue infedel l’acque tignesti,
     75Che poi vermiglie e calde
     Scoloraron del mar l’onda nativa.
     Te vide il Po sotto l’insegne Ibere
     Fugar turbe guerriere,
     Quando l’aquila e ’l toro a guerra usciti
     80Fêr rimbombar al suon de l’arme i liti.
Per te lungo il Danubio il fier Boemo
     Scorse pur dianzi in guerra
     Del suo sangue fumar le patrie nevi.
     Lasso! ma troppo i giorni tuoi fur brevi:
     85Gelido marmo or serra
     L’altrui speranze e ’l tuo valor supremo.
     Almeno un ramo sol di sì gran stelo
     A noi lasciasse il Cielo:
     Ah! che la sorda Dea con falce adonea
     90Da la radice amaramente il tronca.
Ma forse io che nel duol sommerso ho’l core,
     Co’ pianti e sospir miei,
     Felicissimo eroe, scemo il tuo riso.
     Or tu colà nel fortunato Eliso
     95Con gli Achilli e i Tesei
     Favoleggiando vai d’arme e d’amore;
     O più rimoto al piè de’ mirti ombrosi
     Dolcemente riposi,
     Se pur in quelle selve opache e vaste
     100Ad anima sì grande ombra è che baste.
E come nubi di vapor terreno
     Che tenebrose e brune
     Saglion del sole ad offuscar la face,
     De la tua dolce e sempiterna pace
     105Le mie doglie importune
     Vengono a conturbar il bel sereno.
     Ma pur segni d’amor son anco i pianti.
     Tu de gli affetti erranti
     Scusa il debole cor: me stesso i’ piango,
     110Che qui privo di te morto rimango.