Nota ai Guinigi
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NOTA AI GUINIGI
La Nota presente attiene al tempo che precedette l’esaltazione di Paolo, quando la sua persona era tuttavia nell’ombra, e nulla faceva prevedere che potesse raggiungere l’assoluta signoria. Infatti mentre fu evidentemente diretta a quelli che avevano la rappresentanza e la direzione principale della casata, porta nell’indirizzo solamente i nomi di quattro, cioè del vecchio Dino di Nicolao e del suo fratello Lazzaro o Lazzarino, di Michele fratello di Francesco e dell’altro Lazzaro suo nipote, ch’era il maggiore e più potente dei figliuoli dello stesso Francesco. A qual anno però appartenga precisamente non è dato di conoscere; ma discorrendovisi dei Guinigi come già arbitri del governo, è chiaro che fu scritta dopo i tumulti del 1392, quando colla distruzione dei Forteguerra e degli altri difensori del vecchio e regolare regime, essi erano rimasti padroni del campo; e prima della morte del detto Lazzaro di Francesco (15 Febbraio 1400), uno dei quattro cui la Nota venne dedicata.
Alle pagg. XVII - XVIII della prefazione anteposta al primo volume si parlò di questo scritto, a noi pervenuto mediante una copia unica di mano dell’autore, sulla quale venne poi ripetutamente stampato; la prima volta nel secolo passato dal padre G. D. Mansi, ma scorrettissimamente; la seconda dal prof. Pietro Vigo, in un libretto nuziale livornese del 1889, assai difficile a ritrovarsi, nel quale fu curata bensì la correzione, ma non del tutto rispettata la grafia originale. Questa nostra nuova edizione è in ogni parte la riproduzione rigorosa del manoscritto.
NOBILIBUS ET POTENTIBUS VIRIS
DINO, MICHAELE, LAZZARINO ET LAZARIO
DE GUINIGIIS
NOTA A VOI GUINIGI
Acciò che ’l dubbio et sospecto che esser potesse si tagli, è bene che il comune si dispogna che alla guardia della ciptà & contado & delle vostre persone siano & esser debbiano soldati da piè & da cavallo & provigionati, in questa forma cioè; ban diere 36 da piè, in nelle quali abbia per ciascuna du pavesari, provigionati 36, lancie 36, ungari 25, & i conestabili siano homini amici & intendenti al vostro volere, li quali si stribuiscano:
Prima a Pietrasanta bandiere 5, lancie 8. It.
a Montecarlo bandiere 5, lancie 6. It.
a Camaiore bandiere 1, lancie 2. It.
a Castilioni bandiere 2.
le quali siano diputati alla guardia in questo modo, che continuamente in Pietrasanta una bandiera guardi di fuora per scolcha della terra, l’altre ogni di una alla porta & una in piassa, et la sera quella della porta si riduca in piassa & così si scambino secondo che viene, sì che sempre 2 ne guardino di dì et di notte. Quelle di Montecarlo, .i. alla porta, .i. al palagio al modo uzato, sicchè sempre di notte .ii. ne stiano alla loggia & di dì una. In Castilioni ne guardi .i. alla porta, et al palagio del vicario; la sera, chiusa la porta, la metà guardi al monte, & l’altra metà guardi in piassa, & poi quella che non à guardato vada la mattina in guardia, sicchè viene a guardare l’uno dì si & l’altro no. In Camaiore, la metà lo dì alla porta, & la sera in piassa & l’altro dì si scambi per l’altra metà; & acciò che ugni guardia abbia caporale di dì & di notte, si elegga la bandiera che vi va con .ii. conestabili; & questo vasti quanto della guardia delle dicte castella per li dicti fanti. Delle lancie delle dicte castella la guardia e ’l modo stia al vi cario, secondo che vede esser di bizogno.
Alla guardia di Lucca, prima de’ fanti da piè .i. bandiera a porta Sandonati, .i. a Sampiero, .i. a Sancervagio, .i. al borgo, .iii. alla loggia, .i. a palagio, .i. alle vostre case, .i. a porta della fratta, la metà o l’altra a porta di borgo, cioè alla porta della ciptà, e la sera questa guardia a Sanfranceso; sicchè sempre di nocte ne guardi una in ne’ borghi, & ugni dì si mutino; che verrenno queste a esser, colle mute, bandiere .xx. Di fuori per scolcha ne stia continuo .i., la quale guardi al modo uzato.
Sempre alla loggia de’ Guinigi di dì et di nocte stiano provigionati coll’arme .xv., li quali siano presti per accompagnare ciascuno di voi, & questi ogni dì si mutino, si che sempre .i. giorno possano esercitarsi in altro; & perchè penso che alcuno vostro amico alcuno ne tegna, se ne mette più .vi., & ancho perchè sempre ne possino .xv. continuamente stare.
Continuo alla loggia guardino lancie .vi. & quine sempre stiano coll’armi & cavalli & entrino al modo uzato & così eschano; & così de’ tre di l’uno verrà a guardare, che verrenno a essere lancie .xviii.
Li ungari stiano sempre presti a quelle cose che occorresseno, così d’acompagnare imbasciarie chome ad altro bizogno duv’è, sichè di loro si pigli quel fructo che necessario fusse. Et questo vasta quanto alla buona guardia della ciptà & delle castella. Quanto di soldati è di bizogno venire a l’altre cose & prima:
Che le castella & maximamente Pietrasanta, Motrone, Massa, Camaiore, Montecarlo, Coregla, Castillioni, & l’altre di pericolo, si diano a homini amici & comfidanti, con dovere tenere buoni & leali sergenti, se tali castellani et sergenti si dovessero mandare comandati, acciò che beffe di quelle ricevere non si possa, & così in sulle porti della ciptà.
L’officio dell’ansianatico sempre a’ vostri amici si dia, & così conductieri, gomfalonieri, vicario di Pietrasanta, Montecarlo, Camaiore, Castillioni, segretari, officio di balya overo comissari, & facciasi che si possino fare per quello modo più honesto, acciò che voi abbiate vostra intentione; & che li offici non si diano ad altri che voi voglate; intendendo vostri amici quelli che alla morte & alla vita colla voluntà vostra sono uniti.
Et acciò che altri non possa il vostro buono stato & libertà di Lucca sturbare, è bene che si mandi uno bando che ogni persona dia per scripto tucta l’arme che à, & quella examinata, secondo che a voi con .ii. o tre vostri intimi & cordiali diliberiate, cholui che tale arme à, chui è, & quanta nelli bizogna; & quella non è mestieri & di sospecto, levarla, acciò che neuno possa contra vostra voluntà romore levare, nè atentare, nè vostro stato corrumpere.
E veduto che quelli comfinati li quali di fuori sono, sempre atentano male per la libertà nostra, è bene che si provegha, quelli che sono perfidi nimici & homini di sospetto, che di nuovo si faccia a’ predicti dare pagaria d’osservare le comfini a piacimento de’ signori, & rimutare da Vignone in Napoli, di Vinegia in Ispagna, & così di luogo in luogo, sì che non potessero nuocere; avendo sempre l’occhio di non metterli in luogo, che per amicitia alcuno signore contra di noi potesse litigare; & se li avenisse che tali comfini & pagarie ubidire non volessero, infine avale tucti i beni mobili & immobili mettere in comune, & fare di facto & publicarli ribelli del nostro comune.
Da poi, veduto tucti quelli che ubidisseno, in tucti loro beni rimetterli & a neuno iusta vostra possa lassare fare iniuria, ma ugnuno colle suoi arti & mestieri si regha; però che tenendo i modi honesti, così di quelli che sono ora contrari come di quelli che sono amici & bene che ugnuno stia contento al dovere & alla ragione, & faccendo cosi Dio ne farà di meglio.
Et perchè la paura della morte raffrena i ma’ pensieri, è bene che chi volesse esser ribello del nostro comune & dispregiasse i comandamenti del bene vivere & del vostro volere, che si provegha che qualunqua persona si fa ribello del nostro comune, sia & esser possa ucciso, preso & derubato in avere & in persona, & chi tal ribello rappresenterà al comune, abbia fiorin &c. & chi lo darà morto overo che quello uccida, abbia &c. Penso che questo timore farà ognuno star contento di vivere pacifico & ubidire a’ vostri comandamenti, avendo sempre l’occhio a chi merita essere in bando, ribello, comfinato, overo facto tornare; & questo si notifici per bando publico per tucta la ciptà & contado di Lucca.
E fatto questo, serà bene, acciò che la nostra ciptà non vegna meno di mercadanti nè d’artefici ciptadini nè contadini, che si vedesseno tucti quelli che senza colpa si sono partiti della ciptà & del contado, et quelli overo le loro cose istringere che infra certo tempo dovessero tornare a Luccha & quine adoperare loro arti; & etiandio se alcuno fusse che partire si volesse per cagione di sospecto, lui ritenere, confortandolo che a neuno serà nè è facto iniuria; & se alcuno volesse esser pertinacie in non tornare o in volersi partire, volerlo innanti povero di fuori che riccho, acciò che con la sua richessa non possa lo stato et libertà di Lucca turbare. Et penso, che facendo così, la ciptà ritornerà in sul guadagno, & la libertà per li provvedimenti buoni si manterrà sensa sospecto, faccendo le predicte parti con consiglio opportuno.
Et perchè il consiglio generale è capacie di molti homini & à molta autorità, è bene a schifare i pericoli, et però mi pare serà bene che si faccia uno consiglio di commissari, li quali siano .xii. in fine in .xviii., segondo che parrà il meglio, li quali siano tucti di voi & di vostri voleri, in nel quale, più che uno fratello possa essere, & siano vostri in avere & in persona, secondo che voi dicernere vorrete; & questi abbiano quella autorità che à il consiglio generale, acciò che quello che per consiglio generale vincere non si potesse, overo che a voi paresse non doversi a quel consiglio mettere, si possa per questo ottenere; sicchè sempre la vostra voluntà si faccia & non più; & facendo questo, arete vostro desiderio & il consiglio generale potrà esser riformato di molti.
E simile il consiglio de’ 36 à a dispuonere & creare l’ansianatico & li offici; & però è bene che s’ abbia l’occhio di farlo con quel consiglio di commissari di balìa insieme col collegio, acciò che quelli che meritano abbiano quello sia vostro volere; & di ciò non si potre’ esser ingannato & voi & i vostri amici & il comune are’ suo debito sensa sospecto, & così si vivere’ seguro.
Dato quest’ordine per bene & utilità di comune, & serà contentamento di tucta la ciptadinanza & fi uno ahumiliare li animi senza sospetto, che in nel consiglio generale & in nel consiglio dell’ambundantia & fondaco, camarlinghi & richiesti a consigli, salvo che in cose segrete & sospette, si richiegano & mettansi generalmente tucti i ciptadini, acciò che non paia in tucto dalli honori di Lucca exclusi; sempre avendo l’occhio all’oficio dell’ansianatico, conductieri, gonfalonieri, vicari di Pietrasanta, Montecarlo, Castilioni, Camaiore & a quell’officii che fussero potere fare nè ordinare male; et penso che faccendo questo, Lucca viverà in pacie tra noi & nostri suditi.
Ancho mi pare che per li piati & questioni che tra i ciptadini sono occorsi & continuamente ocoreno, ànno generato o generano odio & nimistà, & però è bene che quelli piaiti, li quali non bene chiari per l’una parte & per l’altra mostrare si puonno, che sopra tali piati & quistioni si eleggano alcuni, i quali quelli metta in concordia; non dico però che tali electi abbiano piena balia di terminarli, ma siano homini quasi di mezzo a temperare le furie e le voluntà; & questo facendo, non nascerà più odio nè scandali che nati siano.
Et perchè si dicie che ad aguistare uno amico si puone molti anni, et però è bene che li amici della vostra voluntà si mantegnino, con volerli in quelle cose che per loro fare si può operarli, però che Dio ci diè exemplo che a quelli che funno del suo volere fecie grande utile, ben dico che si riguardi a quello a che l’amico è buono, conservandolo per quel modo che i buoni amici conservare si denno. Et questo vasti perchè sete intendenti; & perdio si guardi che coloro i quali sono vostri contrarii non abbiano quella gloria che vegano dal vostro corpo partire alcuno dei vostri membri, ma sempre uniti col vostro corpo si preservino & così piaccia a Dio.
Moltissime volte l’uomo crede avere denari in borsa, & quelli non si trova. Et pertanto è bene che di nuovo si faccia il libro delle bandiere di tutto il corpo della ciptà, dichiarando: Martino di Piero di tal luogo, testore; cioè, mettere il nome, e ’l sopranome & l’arte & dunde tale è, acciò che voi possiate quelli praticare & vedere con quanti al bizogno l’uomo si trova, & chi sono & di che luogo; & questo mi pare sia molto di necessità di farlo al presente prima che altro si facesse; & più che tutti i consoli overo pennonieri, di facto, come alcuno della contrada, overo pennone, si partisse overo venisse in tal contrada o pennone ad abitare, notificarlo, si chè sempre si vedesse il vero; & questo gitterà buona ragione.
Et perchè la moltitudine de’ soldati dicti & dell’altre spese che continuamente occorreno, serà grandissima, è bene che voi con alcuni vostri amici stretti, se a voi pare averli, overo sensa loro, ma voi pur soli, pratichiate, dispognate ogni soctile intellecto in menimare dell’altre spese, non manchando soldati, overo trovare modo dell’entrate & altre cose, acciò che non bizogni, iusto vostro potere, mettere mano alle borse; & se pur le spese fussero tali che l’entrate non giungessero, serà meglio che tucta la comunità ne senta, che vivere con questi sospecti; però che non tenendo gente per nostra difesa, si vive in pericolo & dassi materia alli homini dovere tractare contro di voi.
Sicchè concludendo a me parre’ che le predicte parti, prima che soldati, si faccino amici confidanti et savi, & alli ufficii si abbia l’occhio & simile a’ mercadanti che in Lucha sono, overo che partiti si fussero, che vegnino a fare buona terra; & tutte le dicte parti si mettano ad effetto senza alcuno indugio o dilatione; però che facendolo, lo vostro stato & libertà di Lucca non viverà in sospeto nè gelozia, & la ciptà & le vostre persone & de’ vostri amici seranno sicuri, & leveràsi la materia a’ nostri sudditi di non atentare alcuna cosa contraria; & se pure alcuno fusse tanto macto che atentare volesse, non li de’ nè può venir facto oservando le parti di sopra dicte; & di tale atentatione non se n’abbia misericordia, ben che io penso che Dio ci presterà gratia che non bisognerà.
Dicte le dicte parti verrò a uno pensieri, il quale, segondo che a me pare, la spesa è molto grande et a volere trovare modo di non venire in povertà in tucto, è bene che si provegha che quelli poghi di denari che ci sono, considerato il pogo fare della seta, la quale arte era quella che riempieva Lucca di denari, almeno quello che per noi far si può, per altri non si faccia. & questo dico che sare’ bene che alcuna quantità di vini forestieri non si mettessero in Lucca nè in nel contado, se non con grossa e smizurata gabella, però che chi vorrà vedere sottile mente, i vini forestieri cavano delle borse di Lucca più che fiorini .xii.ᵐ l’anno, & i nostri si gictano e non se ne spaccia a pregio neuno, & guastansi i poderi et diventano li homini poveri et tristi; & però serà utile a provedervi di che vino & quanto mettere si può, & che si de’ pagare di gabella de’ dicti vini.
Ancho perchè l’arti sono triste & ongni dì diventano più, & ben si congnosce che se il contado di Lucca uzasse per quello che bizogna loro alla ciptà, ognuno si campeggierebbe & di questo il comune arebbe molto più utile, & arèci di quelli mercadanti che farebbeno fondachi, sperando dovere spacciare al contado chome in nell’altre terre si fa. Et però è bene che si faccia che qualunqua mercantia si conduce in nel contado & non sia tracta di Lucca, tale mercantia si intenda esser perduta; & questo non si stenda a mercantia di legname, vena, bestiame, cacio, ovvero pescio o carne salata, overo vini, li quali si possino condurre pagando entrata & uscita. Tucte quelle mercantie che di Lucca si cavassero si possino portare per tucto il contado senza pagare in nelle vicarie alcuna cosa, & di questo arà il comune du gabelle, l’una in nello ’ntrare, l’altra in nell’uscire & il guadagno rimarrà in Lucca.
Ancho serà bene che tucti’ terreni vacui, che sono in nella ciptà & in ne’ borghi di Luccha, piasse & chiassi, chasalini & case spectanti al comune di Lucca, si scrivano ordinatamente con quelle comfini che dintorno sono, & così tutte possessioni del contado apartinenti al comune di Lucca, & quelli veduti, pratichare quelli sono dizutili & vituperosi & con pogo frutto & pogo seguri, farne denari per quello modo che parrà in chi la commetterete; & questo serà utile di comune, & denari verranno in comune di cose che sono più tosto danno & vituperio a tenerle così che a venderle. Chome chiaro si vede molti uzufructano il bene & utile del nostro comune & alle spese che ocorreno non metteno la mano, & ancho a volere trovare modo che denari vegnino in comune et che per li tempi si viva con ordine, è bene che s’aguagli la Massa con iunta di fiorini .xx.ᵐ o più; con questo che il sopra più non si paghi, ma si pongna dovere ricevere di spesiale gratia, acciò che, se avenisse doversi sopra tal aguaglio alcuna cosa impuonere, non s’impogna sopra l’avanso che lui avesse sopra più; et faccendo questo penso che monterà circa fiorini .xxx.ᵐ quello che il comune arà di contanti, de’ quali il comune può spendere overo comprare per lo terzo fiorini .xv.ᵐ che ne allegerà la Massa fiorini .xlv.ᵐ, & a questo modo il comune avansere’ prima contanti fiorini .xv.ᵐ et leverèsi, della somma che ora il comune à debito, fiorini .xv.ᵐ; sichè verre’ il comune ad avanzare fiorini .xxx.ᵐ, & sopra quello per li tempi avenire si potre’ altri fondare.
Delli altri modi soctili ci sono, li quali colla penna in mano trovare si puonno, et pertanto è bene a praticare le dicte parti e quelle che si trovano essere utili, mettere in effecto, e quelle che fussero da levarle, tacerle; pregando voi, che se in alcuna delle dicte parti avesse dicto cosa che fusse contra vostra volunta, che a me perdoniate, considerato che tucto ò facto come vostro fidelissimo servitore.
Io. Ser C. servitore vostro